Ferrovia di Sangue (titolo originale: The Thousand Crimes of Ming Tsu) di Tom Lin, pubblicato da Einaudi, Collana Stile Libero Big nel 2022, nella traduzione di Alfredo Colitto, è un romanzo in stile western ambientato in un periodo storico in cui l’epopea del West già si stempera per cedere il passo alla modernità con l’arrivo della ferrovia transcontinentale, ma è anche il romanzo di esordio di Tom Lin.
Ming Tsu, di origini cinesi, ma adottato da un bianco (ed è dunque un cinese "assimilato" che, in quanto tale, non porta il codino, com'era tradizione nei cinesi che arrivarono a frotte per contribuire alla costruzione della Ferrovia) è un pistolero (così lo ha fatto crescere il bianco che è stato il suo padre-padrone, come killer su commissione) che adesso cerca vendetta poiché da un gruppo di Bianchi violenti, sostenuto da un Giudice, gli è stata sottratta la moglie Ada.
La sua mission adeso è uccidere spietatamente tutti quelli che hanno ordito questa ingiustizia ai suoi danni.
Il caso vuole che si ritrovi viaggiare con una pittoresca compagnia di artisti itineranti (che forse non sono soltanto artisti ma anche individui dotati di poteri diversi e straordinari) i quali, capeggiati da un impresario, mettono in scena uno spettacolo facendo della propria diversità motivo di attrazione, come i Freaks del circo Barnum.
Ombra e consigliere di Ming Tsu è il Profeta, un cinese vecchissimo e cieco, ma dotato del potere della preveggenza.
Si tratta - per alcuni versi - anche di un romanzo “on the road” (che rivisita, quindi, alcuni dei topoi della Frontiera), poiché la compagnia itinerante si va spostando attraverso i deserti da una cittadina all’altra verso ovest, imbastendo i suoi spettacoli, mentre al tempo stesso Ming Tsu che fa da guida e protegge i suoi compagni di viaggio dai pericoli va consumando la sua vendetta, alla ricerca del sogno di ricongiungimento con la sua perduta Ada.
E' indubbiamente un bel romanzo in cui elementi di avventura si mescolano con quelli del crime, del noir e delle storie western di vecchio conio - classiche per alcuni versi - ed anche con l’arricchimento d’un pizzico di paranormale e di straordinario, grazie all’incontro con questi compagni di viaggio portatori ciascuno di “stranezze” e di abilità metamorfiche.
(Soglie del testo) Un gruppo di bianchi, sicuri della loro intoccabilità, gli ha portato via tutto. Ma nessuno sa uccidere come Ming Tsu. E adesso è in cerca di vendetta.
Per anni Ming Tsu è stato costretto a lavorare come uno schiavo alla costruzione della ferrovia transcontinentale, insieme ai tanti cinesi che con la loro sofferenza hanno aperto il West agli americani e che nessuno ricorda mai. È fuggito solo quando il Profeta – un vecchio cinese cieco, capace di leggere il futuro – non gli ha detto che era il momento. Adesso è tornato. E può iniziare la sua caccia. È deciso a eliminare i suoi nemici uno per uno e raggiungere la California, raggiungere Ada, la donna che gli hanno strappato dalle braccia. Ad accompagnarlo fino a Reno sarà un gruppo di bizzarri artisti dai poteri soprannaturali, un carrozzone di freak che gli insegneranno cosa vuol dire essere umani.
Hanno detto
«Una saga western perfetta per un film dei fratelli Coen» – The Boston Globe
«Un libro in cui l'atmosfera dei western di Cormac McCarthy lascia spazio alle sfumature e alle ombre di Ray Bradbury» – Jonathan Lethem
«Un romanzo originalissimo, con una prosa vivida e meticolosa, in cui persino un temporale può assumere proporzioni mitiche» – The New York Times Book Review
L’autore. Tom Lin è nato in Cina, ma quando aveva quattro anni la sua famiglia si è trasferita negli Stati Uniti. Laureato presso il Pomona College, si dedica ormai esclusivamente alla scrittura. Per Einaudi ha pubblicato Ferrovia di sangue (2022), il suo primo romanzo
Dopo la pioggia vengono fuori i vermicelli, lunghi e grassi
In realtà, si tratta di quelli che più appropriatamente si chiamano lombrichi e, quando si parla di lombrichi, il pensiero non può che correre a Darwin.
Su queste umili creature Charles Darwin, che oggi compirebbe 200 anni, scrive l’ultimo libro della sua vita, nel 1881, un anno prima di morire. Il libro si intitola "The formation of Vegetable Mould, Through the action of Worms, with Observation on Their Habits" (tradotto in italiano con il titolo "L'azione dei vermi") e molti studiosi lo considerano una curiosità o addirittura una stranezza, non all’altezza di un naturalista del suo calibro.
Fa eccezione Stephen Jay Gould, che sostiene che quest’ultima opera è «una celata sintesi dei principi di argomentazione, elaborati lungo un’intera vita, identificati e utilizzati nella più grande trasformazione della natura mai prodotta da un solo uomo». «I vermi – continua Gould – sono a un tempo umili e interessanti, e il lavoro di un verme, se sommato per tutti i vermi, per lunghi periodi di tempo, può plasmare il paesaggio e modellare il suolo». Il terreno è qualcosa che l’intuito ci porta a considerare come molto stabile, se non addirittura immutabile. Forse è perché ci appoggiamo sopra le nostre case, i beni immobili cui affidiamo il nostro benessere e la nostra protezione. Darwin dimostra però che il suolo tanto stabile non è perché è in realtà sottoposto a un continuo fermento provocato dai lombrichi.
Darwin svela l’entità del lavorio di queste piccole bestie sulle turbolenze del suolo in maniera meticolosa. Innanzitutto dà i numeri, calcolando «quale vasto numero di vermi vive non visto da noi, sotto i nostri piedi»: oltre 21 000 per ettaro di suolo britannico (pari a 142 chilogrammi di vermi). Poi con i dati che raccoglie da persone sparse in ogni angolo del pianeta, arriva a concludere che i vermi sono distribuiti in maniera molto più ampia e in una varietà di ambienti ben superiore rispetto a ciò che noi possiamo immaginare. Quindi scava buchi profondi nel terreno per vedere quanto i vermi si estendono in profondità nel suolo. Infine cerca evidenze dirette del continuo ricircolo del terriccio sulla superficie terrestre, che sarebbe provocato dall’ingestione e dall’escrezione della terra da parte di queste bestie tubuliformi.
Darwin compì numerose, pazienti misure degli escrementi dei lombrichi, che stima variare fra 3 e 7 tonnellate per ettaro. Secondo i suoi calcoli ogni dieci anni si formano fra 2 e 6 centimetri di nuovo terriccio. Sono numeri non trascurabili, se li moltiplichiamo per migliaia di anni. Viene da pensare che i vermi abbiano contribuito ad affossare le rovine greche e romane su cui si sono costruite le nostre città medievali e moderne. L’ultimo libro di Darwin è dunque, citando di nuovo Gould, «un trattato esplicito sui vermi e il suolo, e una discussione velata di come è possibile imparare sul passato studiando il presente».
Buon compleanno Mr. Darwin!
Il saggio ultimo di Darwin fa riflettere sulla finitezza della vita e sul modo in cui attraverso la morte e il disfacimento si generi di continuo nuova vita
Charles Darwin, L'azione dei vermi (a cura di Giocchino Scarpelli, nella traduzione di Milli Graffi), Mimesis, 2012
Ultima opera di Charles Darwin, questo studio sulle piccole creature della terra convalida la teoria dell’evoluzione. Come una metafora dell’intero sistema, il lombrico agisce allo stesso modo della selezione naturale: lavora in modo nascosto e instancabile, e con la complicità del tempo è in grado di trasformare la faccia del pianeta. Dedicato appunto allo studio delle creature più ordinarie e umili, il testo del grande naturalista rivela come i lombrichi, nel loro inesausto impegno nel rivoltare e vagliare la terra, producano alla lunga vasti e inaspettati effetti, dalla formazione dell’humus al dissodamento del suolo, alla trasformazione del paesaggio stesso. Tutt’altro che esseri spregevoli, nonostante l’aspetto, i lombrichi delle pagine di Darwin, dalle quali trapela una poeticità profonda, dimostrano anche barlumi di quella che chiamiamo intelligenza. Qual è allora il lascito di Darwin, in quest’opera che precede di poco la sua scomparsa? Che la Selezione Naturale è come un verme, cieca e instancabile. Che l’uomo non è l’unico detentore dell’intelletto. Che esiste nel regno animale una scala nella distribuzione di facoltà e disposizioni, ma nessun salto, poiché la nostra origine è comune. Anche se tocca alla specie umana il dovere di salvaguardare e preservare il mondo vivente.
Charles Darwin (1809-1882) con la teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale ha rivoluzionato la scienza, la filosofia e il pensiero occidentale. L’azione dei vermi nella formazione del terriccio vegetale fu pubblicata nel 1881, benchè quello di Darwin fosse un interesse che risaliva al 1837. Le sue opere più celebri sono Viaggio di un naturalista intorno al mondo (1839), L’origine delle specie (1859), L’origine dell’uomo (1871) e L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872).
Giacomo Scarpelli insegna Storia della Filosofia all’Università di Modena e Reggio Emilia. È autore dei volumi Il cranio di cristallo. Evoluzione della specie e spiritualismo (1993), Il dio solo. Alle origini del monoteismo (1997), La scimmia, l’uomo e il Superuomo. Nietzsche: evoluzioni e involuzioni (2008), Ingegno e congegno. Sentieri incrociati di filosofia e scienza (2011). Ha curato l’edizione di opere di Kant e di Bergson e Storia della biologia in Italia (1987).
Milli Graffi, poetessa e anglista, ha insegnato all’Università di Verona. Dirige la rivista “Il Verri”. Ha pubblicato i volumi di versi Mille graffi e venti poesie (1979); Fragili Film (1987); L’amore meccanico(1994); Centimetri due (2003), Embargo voice (2006) e, inoltre, studi su Marinetti, Palazzeschi e Breton. Tra le sue traduzioni Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio (1989), e La caccia allo Snualo (1985) di Lewis Carroll.
Elena lo sa (pubblicato da Feltrinelli nel 2023, nella traduzione di Pino Cacucci) dell'argentina Claudia Piñeiro, è un bel romanzo, indubbiamente - pochi fatti, pochi eventi materiali che si sviluppano nell’arco di sole dodici ore (nello stesso tempo riguardanti un’intera vita) - ma, molto sinceramente, ho delle difficoltà nel poterlo considerare un noir, così come viene presentato nelle note editoriali.
È la storia di Elena, una madre la cui figlia è stata trovata impiccata in cima alla torre campanaria della chiesa vicino alla casa dove abita. Gli organi inquirenti hanno stabilito che si è trattato di suicidio, ma Elena non è disposta ad accettare questa conclusione. Elena sostiene che Rita non avrebbe mai potuto suicidarsi e poi men che meno in una notte di tempesta, visto che aveva paura dei fulmini e che soffriva di acrofobia.
Elena é ammalata di una grave forma di sindrome di Parkinson che si è sviluppata nel corso degli ultimi anni e ha delle importanti e severe limitazioni nella sua mobilità e autonomia, visto che la sua malattia ha avuto un decorso particolarmente aggressivo. La figlia Rita che non si era ancora sposata, in questo imprevisto declino, ha rappresentato il suo pilastro e il suo punto di riferimento.
Elena non si rassegna all’ipotesi del suicidio e periodicamente continua ad incontrarsi con l’ispettore Avellaneda, anche quando il caso è stato dichiarato ufficialmente chiuso, e quest’ultimo - Avellaneda - la ascolta non più per dovere di ufficio, ma per puro spirito umanitario.
Quando la incontriamo, Elena è disposta a giocare la sua ultima carta per trovare qualcuno che ritenga affidabile e che l’aiuti a continuare le indagini e le ricerche al posto suo, visto che il suo corpo non la sorregge più a dovere.
Intraprende quindi un lungo viaggio attraverso la città per andare a visitare una persona, Isabel, che ritiene possa avere un debito di gratitudine con Rita e con lei stessa.
La sua è una vera e propria missione di speranza, ma questa visita la metterà di fronte ad una verità ineludibile, ad un’ipotesi che non aveva affatto preso in considerazione.
Il romanzo si articola tutto in dodici ore circa che sono scandite dalle assunzioni del farmaco che le consente una mobilità semi normale, il levodopa.
Le sue azioni difficoltose, inceppate, vengono descritte meticolosamente e riescono a trasmettere al lettore le sensazioni di lentezza, di blocco e di impotenza in cui è imprigionato il soggetto portatore di un morbo di Parkinson grave.
Il lettore si affatica e soffre assieme ad Elena che mette un piede davanti all’altro, che storce il collo per poter guardare dal basso verso l’altro il suo interlocutore e che sente imminente l’arrivo di un blocco motorio totale. Percepiamo in modo tangibile il terribile rallentamento del fluire del tempo che è proprio del Parkinson, mentre ancora l’acutezza dei pensieri non si è ancora affievolita, ma è tuttavia imprigionata nella corazza greve del rallentamento della motilità volontaria e talvolta del suo disperante blocco.
Vi è una profonda riflessione sul rapporto con una malattia invalidante, quale è il Morbo di Parkinson, ma anche sul fatto che con il progredire dell'età e con l'avanzare di una malattia invalidante il rapporto accuditore/accudito tra genitori e figli si inverte: e non è detto, né lo è mateticamente certo, che un genitore voglia essere genitore (o che ne abbia gli strumenti) o che un figlio possa accettare di divenire genitore del proprio genitore, quando una malattia o l'età avanzino in maniera ineludibile. Nulla in questo ambito è mai scontato: anche se la società e il pensiero comune sembrino richiedere ciò.
Le lunghe, interminabili dodici ore in cui scorre il romanzo sono anche, ovviamente, una riflessione sul vivere e sul morire, sul senso da dare alla propria vita nella malattia e sull’ipoteca che la malattia di uno mette sulla vita degli altri familiari, tenendo presente che non sempre la caparbia volontà di sopravvivere e di tenere alta la propria resilienza davanti alla malattia (la Malattia con la “M” maiuscola, personificazione d’una Nemesi esigente, "Lei" come Elena chiama la sua malattia quando con lei si trova a dialogare nella disperazione e nella lotta) trova supporto nei familiari che stanno attorno: la verità è che, a volte, sono proprio i sani a gettare la spugna, a fuggire spaventati e ad arrendersi
Il pathos che questa lettura - in meno di duecento pagine - riesce a trasmettere è grande e profondo, soprattutto autentico e accentuato da uno stile di scrittura caratterizzato da blocchi interi di pensieri con l’unica interpunzione di virgole.
Di grande impatto emozionale, ma proprio per questo l’ho letto (in parte letto ad alta voce e condiviso) a piccole dosi.
(Soglie del testo) Libro finalista dell’International Booker Prize 2022. In una trama noir molto riuscita, Claudia Piñeiro descrive con rara maestria e partecipe vicinanza la quotidianità di una malata di Parkinson tra i mille dettagli di ostacoli da superare, difficoltà imposte dalla mancata “obbedienza” delle gambe e dei piedi per muoversi, dando spessore al personaggio stoico di Elena che non si arrende mai.
Dopo che Rita viene trovata morta nel campanile della chiesa che frequentava, le indagini ufficiali sull’incidente vengono rapidamente chiuse.
Sua madre, ammalata di Parkinson, è l’unica persona ancora determinata a trovare il colpevole.
Raccontando un difficile viaggio attraverso le periferie della città, un vecchio debito di gratitudine e una conversazione rivelatrice, Elena lo sa svela i segreti dei suoi personaggi e le sfaccettature nascoste dell’autoritarismo e dell’ipocrisia nella nostra società.
Hanno detto:
«In apparenza è un giallo serrato e conciso con una protagonista decisiva. Ma è anche un commento penetrante sui rapporti madre-figlia, l’umiliazione della burocrazia, i fardelli del dover prendersi cura di un disabile e le imposizioni dei dogmi religiosi alle donne.» - Kathleen Rooney, New York Times
L’autore. Claudia Piñeiro, nata nel 1960 a Burzaco (Argentina) è scrittrice, drammaturga e sceneggiatrice, e con Feltrinelli ha pubblicato: Tua (2011), Betibù (2012), La crepa (2013) con il quale si è aggiudicata il Premio Sor Juana Inés de la Cruz 2010, Un comunista in mutande (2014), Piccoli colpi di fortuna (2016), Le vedove del giovedì (2016), Premio Clarìn 2005, poi adattato al cinema da Marcelo Piñeyro nel 2009, e Le maledizioni (2019).
Nel 2019 si è aggiudicata il Premio Pepe Carvalho, riconoscimento internazionale destinato agli scrittori di polizieschi e intitolato al famoso detective ideato dallo scrittore Manuel Vázquez Montálban, vinto in passato da autori come Andrea Camilleri, Petros Markaris e James Ellroy
Nel 2023 è stata lanciato on film tratto dal romanzo della Piñeiro, disponibile attualmente sul portale Netflix
Elena lo sa (Elena sabe) è un film del 2023 diretto da Anahí Berneri, tratto dal romanzo omonimo di Claudia Piñeiro
Il romanzo di Claudia Piñeiro mostra una quotidianità alterata e sofferta dove la malattia di Parkinson prende il sopravvento, ruba il presente, nega il futuro e violenta la memoria del passato.
Ho letto quasi tutti i libri di Tess Gerritsen.
E' una scrittrice che apprezzo, sin dai tempi in cui la scoprii attraverso un suo medical thriller davvero avvincente.
Poi, c'è stata la lunga serie di thriller di successo planetario con le due protagoniste Maura Isles, anatomo-patologa e la detective Jane Rizzoli e da questi romanzi è stata tratta una fiction di successo.
La Gerritsen con "Ombre nella notte" (titolo originale The Shape of the Night), pubblicato da Longanesi nel 2020, rompe la lunga serie dei polizieschi e introduce una storia che ha tutti i requisiti per potersi considerare di fantasmi: ambientata nel Maine, in una grande casa antica su di una scogliera, davanti ad un paesaggio marino superbo e mozzafiato, in una piccolissima comunità in cui tutti sembrano conoscere tutti e soprattutto dove occultati e taciuti segreti di fatti del passato.
Ava è una donna in crisi e ha scelto di venire ad abitare qui per portare a termine il suo libro di antiche ricette del New England,ma soprattutto per riprendersi dal trauma di un evento doloroso di cui in qualche modo si sente responsabile. Ed ha anche un grosso problema con l'alcool, ancora non del tutto risolto.
Questo lo scenario. Sin dal suo arrivo viene coinvolta in eventi ominosi che la spaventano e la attraggono al tempo stesso. Sarà il fantasma del primo proprietario della dimora, morto in mare nel corso di una violenta tempesta, a perseguitarla in forma di fantasma? Oppure si tratta di altro? La narrazione si muove secondo le direttive di una classica ghost story ed è, per questo motivo, avvincente. Tutto conduce ad un finale a sorpresa che lascia il lettore un po' spiazzato.
La narrazione é magistrale e coinvolgente.
Un romanzo di difficile catalogazione: mi sono chiesto se collocarlo tra gli altri romanzi della Gerritsen, oppure tra i libri di fantasmi. Ho ripiegato per questa seconda soluzione. Anche se, in verità, lo si dovrebbe definire più correttamente uno "psycho-thriller".
(dal risguardo di copertina) La vita di Ava Collette, scrittrice di libri di cucina, è stata sconvolta da un'indicibile tragedia. Per ritrovare pace e serenità, Ava ha deciso di lasciare Boston e trasferirsi a Brodie's Watch, una magnifica casa in una tranquilla cittadina sulla costa del Maine. Qui, ne è certa, finirà di scrivere il manuale sulla cucina del New England a cui lavora da mesi e troverà il modo di superare il passato. Tutto sembra andare alla perfezione, ma Ava ha la costante sensazione di non essere sola. Finché i suoi dubbi non trovano conferma: una notte si sveglia di soprassalto e si trova faccia a faccia con un'apparizione che la turba profondamente. Davanti a lei c'è un uomo, ma non dovrebbe esserci perché il suo aspetto è quello di una persona morta molti, molti anni prima, un ufficiale di marina che, a quanto si mormora in paese, non ha mai lasciato quella casa. Da quel momento Ava impiegherà le sue giornate indagando su quell'uomo, sparito improvvisamente nel nulla... mentre di notte si lascerà affascinare e infine sedurre dalle sue visite spettrali, in un susseguirsi di eventi che la faranno dubitare della propria sanità mentale. Ma è più vicina alla realtà di quanto possa sospettare: esiste un segreto, che la gente di quel posto sperduto si bisbiglia all'orecchio, e che Ava dovrà svelare in fretta, prima che il numero
Hanno detto:
«Un sapiente intreccio fra thriller psicologico, giallo ed erotismo, che trascina il lettore a un finale sorprendente» – Library Journal
«Uno dei romanzi migliori di Tess Gerritsen. Una casa dal passato oscuro, una trama che inchioda il lettore dalla prima all'ultima pagina» – Publishers Weekly
«Un thriller avvincente, la leggenda di una casa stregata... ma è davvero una leggenda? Un assoluto page-turner che esplora i limiti dell'amore e del senso di colpa» – Kirkus Reviews
L'autrice. Tess Gerritsen, dopo essere stata un medico con la passione per la scrittura, è diventata un'affermata scrittrice con la passione per il medical thriller, genere che ha rinnovato con personaggi indimenticabili, soprattutto nella serie dedicata alla detective Jane Rizzoli e all'anatomopatologa Maura Isles, serie della quale fanno parte Il chirurgo, Lezioni di morte, Corpi senza volto, Il sangue dell'altra, Sparizione e Muori ancora.
Presso Longanesi sono usciti anche La fenice rossa e L'ultima vittima, Il prezzo, Forza di gravità, Il battito del sangue.
Mia lettura, conclusa il 25 agosto del 2021, in campagna ad Altavilla.
Mi era sfuggito di inserire il mio commento-recensione, postato su FB, nel mio blog
La parabola del seminatore (Parable of the Sower), opera della maturità di Octavia E. Butlere pubblicata in lingua originale nel 1993 (in lingua italiana per la prima volta nel 2000, nella traduzione di Anna Polo nei tipi di Fanucci, collana Solaria) è un racconto di speranza che si svolge in un futuro distopico, in cui gli Stati Uniti sono diventati una nazione in rovina, le città sono cinte da mura, e ovunque si diffondono epidemie, incendi e follia. Lauren Olamina è una ragazza di 18 anni afflitta da una sindrome di iperempatia, che la costringe a provare il dolore che vede negli altri. Quando l’enclave in cui vive viene distrutta, assieme alla sua famiglia (quasi nessuno sopravvive) e ai sogni per il futuro, Lauren afferra uno zaino pieno di scorte (che già aveva predisposto da tempo, preconizzando un possibile crollo) per iniziare un difficile viaggio verso nord, alla ricerca di un luogo in cui vivere in relativa sicurezza, senza dover abbandonare la speranza. Lungo la strada, al primo manipolo di sopravvissuti si aggiungono altri fuggitivi, ai quali Lauren rivela il suo personale credo religioso, Il Seme della Terra, il cui assunto fondativo è semplice e al tempo stesso rivoluzionario: “Dio è cambiamento”.
L’opera, pur essendo considerata all'unanimità mainstream, si può definire sicuramente come un romanzo catastrofico e post-apocalittico ovvero anche come una narrazione in cui l’apocalisse è ancora in divenire, ma non si è ancora manifestata nei suoi più drammatici esiti: quello tratteggiato da Octavia Butler è un mondo in via di disgregazione, in cui non vi sono più certezze e nemmeno sicurezze precostituite. Coloro che vivono ancora in aree relativamente sicure sono sottoposti ad incursioni sempre più violente da parte di quelli che hanno già perso tutto e che sono alla ricerca di cibo, di soldi, di strumenti e utensili, di armi; le forze di polizia sono ormai inefficienti e chiedono di essere pagate per i loro interventi, se non diventano esse stesse attivamente ladronesche; in più, vi sono i consumatori di una droga letale, il cui nome è “Piro“, e che spinge i suoi consumatori ad appiccare incendi letali, poiché dalla visione della loro potenza distruttiva traggono fremiti estatici. E non mancano situazioni di cannibalismo da parte dei più disperati ed affamati, assieme all’insorgere di nuove forme di schiavismo.
Proprio a causa della piaga dei piromani comincia a verificarsi il definitivo tracollo delle aree ancora protette e molta gente, inclusa la nostra protagonista, si mette per strada alla ricerca di posti ancora sicuri: una sorta di “ferrovia sotterranea” alla ricerca di salvezza e di un luogo sicuro dove vivere.
La narrazione si sviluppa attraverso i regolari aggiornamenti del diario tenuto da Lauren, mentre - in parallelo - si sviluppa la sua convinzione di fede e speranza, statuita dal dogma secondo cui “Dio è cambiamento”, dal 20 luglio del 2024 al 10 ottobre del 2027.
Il seguito è ne “La parabola dei talenti” (Parable of Talents) del 1997.
Il romanzo di Octavia E. Butler, pubblicato in lingua originale nel 1993 è un testo visionario che non propone soluzioni correttive all’incipiente disastro, se non la fede nella speranza di un futuro migliore.
Vi è dunque una componente salvifica e messianica, così come nel successivo e celebrato romanzo di Cormac McCarthy, La strada, del 2006.
L’edizione originale Fanucci è preceduta da una splendida e documentata prefazione di Sandro Pergameno.
In fondo alla stessa edizione è possibile leggere una breve intervista rilasciata dalla stessa Butler, che racconta gli esordi della sua carriera di scrittrice e indica quanto nella scrittura de “La Parabola del Seminatore” sia stata influenzata dalle atmosfere e dalle suggestioni religiose e culturali della propria famiglia.
Alla domanda su quali siano state le persone che hanno influenzato il suo lavoro, risponde
“I miei parenti, mia madre e mia nonna, e il loro continuare a vivere delle vite che io ritenevo orribili. Ci è voluto parecchio tempo prima che capissi l’importanza della religione nelle loro vite. A volte era tutto quello che avevano. Ci sono stati momenti in cui stavamo per morire di fame, altri in cui gli avvenimenti erano tali persone meno forti avrebbero pensato al suicidio. Ma loro avevano una religione, e le ha aiutate moltissimo. Da ragazzi si è arroganti perché non si capisce molto, e io lo sono stata spesso, fino a quando ho iniziato a capire quanto la religione significasse per loro. A quel punto ho iniziato a vedere la religione in modo diverso e ho scritto ‘La parabola del seminatore’, in cui il padre della protagonista è un prete battista. Mio nonno era un prete battista, ma non l’ho mai incontrato. Mio padre è scappato di casa. In realtà se ne andò via da da Pittsburgh, e fuggì in California, perché mio nonno voleva farlo lavorare nelle acciaierie, e lui non voleva. (…) … mio padre morì, così non ho conosciuto davvero neanche lui. Ho qualche ricordo che probabilmente è la somma di memoria confuse e di quanto mi ha detto mia madre. Credo che tutto ciò che ci accade, lo si voglia o meno, finisca nella propria scrittura. E il fatto di scrivere cambia il tuo modo di essere, e come guardi il mondo.” (Ib. pp. 345-346)
Ne consiglio vivamente la lettura.
Il titolo si ispira alla parabola del seminatore contenuta in versioni lievemente differenti nei Vangeli di Marco, Matteo e Luca (ed anche in quello di Tommaso)
(Dal Vangelo secondo Matteo) Il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono. Un'altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. Un'altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra cadde nella buona terra e portò frutto, dando il cento, il sessanta, il trenta per uno.
Aggiungiamo - a beneficio di coloro che volessero intraprendere la lettura di questo romanzo qui che “La parabola del seminatore” è stato ripubblicato recentemente, con una nuova traduzione (di Martina Testa), dalla casa editrice Sur nel 2024 ed è dunque facilmente reperibile.
(Presentazione della nuova edizione per i tipi Sur) “La parabola del seminatore” è l’opera della maturità di Octavia Butler. Echi biblici, temi sociali e ambientalismo si fondono con ritmi e atmosfere da romanzo d’avventura, dando vita a un personaggio femminile profetico e modernissimo che incarna inquietudini, sfide e speranze del nostro tempo.
In un’America del futuro devastata dal cambiamento climatico, in cui le risorse si stanno esaurendo e il caos ha preso il sopravvento sulla legge, solo alcune piccole comunità isolate conservano una parvenza di ordine sociale, difese da muri contro le bande di disperati che saccheggiano, violentano, incendiano. È in una di queste enclave che vive Lauren, un’adolescente dalle straordinarie doti percettive, empatica e determinata, sempre più preoccupata per la violenza che preme da fuori e a cui il mondo degli adulti – primo fra tutti suo padre, il pastore battista della comunità – sembra impreparato. Nei quaderni dove annota le sue osservazioni, Lauren dà progressivamente forma a una nuova religione, «il Seme della Terra», fondata sull’idea del cambiamento, dell’adattabilità e dell’iniziativa individuale. Quando gli ultimi argini al dilagare della violenza verranno meno, sarà il Seme della Terra a sostenere Lauren e i suoi compagni in un rocambolesco esodo verso la salvezza.
L’autrice. Octavia E. Butler, nata nel 1947, Pasadena (California), è stata una delle più importanti scrittrici americane di fantascienza. É stata cresciuta dalla madre e dalla nonna. Malgrado la borsa di studio MacArthur - che le ha reso la vita più facile negli anni successivi -, ha faticato per decenni per imporsi come autrice di riferimento (scrivendo di notte e lavorando di giorno come televenditrice, ispettrice di patatine e lavapiatti), quando i suoi romanzi distopici che esploravano i temi dell'ingiustizia dei neri, del riscaldamento globale, dei diritti delle donne e della disparità politica non erano, a dir poco, richiesti dal mercato.
Con i suoi romanzi e i suoi racconti ha vinto più volte l’Hugo Award e il Nebula Award, i massimi riconoscimenti del mondo anglosassone per la letteratura d’immaginazione. Nel 2000 le è stato attribuito il PEN American Center Lifetime Achievement Award in Writing. La sua opera è apprezzata per la prosa snella, i forti protagonisti e le indagini sociali inserite in storie che spaziano da un lontano passato a un lontano futuro. Oltre ai romanzi Legami di sangue (2020) e La parabola del seminatore (2024), SUR ha pubblicato la raccolta di racconti La sera, il giorno e la notte (2021).
La ragazza interrotta (Girl, Interrupted) di Susanna Kaysen, pubblicato originariamente da Corbaccio nel 1994 (e successivamente ripreso, in economica, da TEA con diverse ristampe e riedizioni) è un libro in forma di diario del 1993, scritto dall'autrice statunitense Susanna Kaysen.
Nelle sue pagine l'autrice racconta della sua esperienza come paziente in una clinica psichiatrica negli anni Sessanta.
Nel 1999 dal libro è stato tratto un film, Ragazze interrotte (Girl, Interrupted) diretto da James Mangold, con Winona Ryder e Angelina Jolie, con una trama in parte simile e in parte divergente rispetto al libro.
Nell'aprile 1967, la diciottenne Susanna Kaysen, rampolla di una famiglia bostoniana molto in vista, fu ricoverata al McLean Hospital, a Belmont, nel Massachusetts, dopo aver tentato il suicidio per overdose da farmaci in pillole. Visitata da uno psichiatra, Susanna negò che si fosse trattato d’un tentativo di suicidio
Lo psichiatra, che la visitava le suggerì di prendersi del tempo per riorganizzarsi e su di un taxi la “spedì” (con il previo consenso dei genitori) al McLean, un ospedale psichiatrico privato, ma senza chiederle previentivamente quello che oggi i chiamerebbe un "consenso informato".
Fu, di fatto, la sua famiglia - con la connivenza dello psichiatra "curante" - di decidere in tal senso, poichè Susanna con i suoi comportamenti fuori dalle righe e tendenzialmente auto-lesivi creava imbarazzo alla sua famiglia.
“Le nostre famiglie. Secondo la teoria più diffusa era quella la ragione per cui ci trovavamo lì dentro, eppure erano completamente assenti dalla nostra vita in ospedale. Ci chiedevamo: eravamo anche noi altrettanto assenti dalla loro vita lì fuori?
“I matti sono un po’ come i calciatori scelti per battere il rigore. Spesso è pazza l’intera famiglia, ma poiché non può entrare tutto in ospedale, si sceglie una sola persona come pazza e la si interna. Poi, a seconda di come si sentono gli altri componenti, la si tiene dentro o la si risbatte fuori, per dimostrare qualcosa sulla salute mentale della famiglia stessa” (ib., p. 94)
Vi è in questo ragionamento, detto molto in sintesi, sia la teoria del “capro espiatorio” nell’espressione del disturbo mentale, visto secondo un’ottica sistemica, sia quella del “paziente designato“.
A Susanna, entrata in clinica con una diagnosi di Sindrome depressiva con rischio suicidario venne successivamente diagnosticato un disturbo borderline di personalità (declinazione diagnostica vaga ed incerta) e la sua degenza in ospedale venne estesa a 18 mesi, invece delle due settimane proposte.
Solo molto dopo la sua "liberazione" Susanna poter leggere le carte relative al suo ricovero, ottenute per intercessione di un avvocato.
La diagnosi alla dimissione fu di “Personalità Borderline” che può significare tutto e niente. E lei la nostra protagonista la confuta descrittivamente punto per punto.
“Ad ogni modo, che significa personalità borderline? Pare che sia una via di mezzo tra la necrosi e la psicosi: una psiche incrinata ma non sregolata. Anche se per citare il mio psichiatra post-Melvin: ‘É la maniera per indicare le persone il cui stile di vita dà fastidio’” (Ib., p. 143)
Susanna riflette, in alcune delle sue pagine, sulla natura della sua malattia, e sulla violenza della psichiatria, suggerendo che la sanità mentale sia una falsità o una mistificazione costruita per aiutare i "sani" a sentirsi "normali" al confronto con la “follia” di alcuni designati a rappresentarla.
Si chiede anche come i medici trattino le malattie mentali e se stiano curando il cervello o la mente.
La salute mentale riconquistata di Susanna e l'incertezza che sarà veramente "guarita" quando sarà ufficialmente rilasciata dalla clinica in cui è stata ricoverata o anche il lecito interrogativo se fosse veramente "malata" nel momento del suo internamento sono tutti elementi che fanno luce sulla relatività con cui va guardata ogni malattia mentale.
Gli individui che esprimono le proprie emozioni in modo insolito sono ostracizzati dalla società quando, in realtà, come esseri umani siamo tutti candidati a stare nello spettro della follia se soltanto venissimo analizzati rigorosamente da un professionista che esercita la sua arte di diagnosticare, solo facendo riferimento a rigidi schemi pre-costituiti.
Essere "pazza" era per l’autrice la risposta naturale agli eventi stressanti della sua vita in un momento di particolare vulnerabilità, dedicato alla guarigione della sua bambina interiore.
La diagnosi e il conseguente ricovero l’hanno fatta sentire come una “ragazza interrotta”.
Il titolo dell'opera deriva dal quadro di Vermeer, Concerto interrotto (Girl Interrupted at her Music), cui Susanna è particolarmente legata perché con la ragazza musicante che viene interrotta durante la lezione di musica, sente una profonda affinità, un sentire che si attiva in lei, quando scopre per la prima volta questo dipinto al Frick Museum dove l’opera è custodita.
“Interrotta mentre suona: com’era stata la mia vita, interrotta nella musica dei miei diciassette anni, com’era stata la sua vita, strappata e fissata su tela: un momento reso immobile, per tutti gli altri momenti, qualsiasi cosa fossero o avrebbero potuto essere. Quale vita può guarirne?” (Ib., p. 159)
“La ragazza che suona posa in un altro genere di luce, l’intermittente, minacciosa luce della vita, che ci fa vedere noi stessi e gli altri solo in modo imperfetto, è assai di rado.“ (Ib., p. 160)
(Quarta di copertina) A diciotto anni Susanna Kaysen, dopo una sommaria visita di un medico che non aveva mai visto prima, viene spedita in una clinica psichiatrica, nota per i suoi pazienti famosi (Sylvia Plath, James Taylor e Ray Charles, tra gli altri) e per i metodi all'avanguardia. Vi passerà i due anni successivi e la sua storia, raccontata con tono distaccato, a volte comicamente beffardo e sempre autoironico, riesce nell'impresa di trasmetterci il senso di un'esperienza che in genere può essere compresa soltanto da chi l'ha vissuta.
Da questo libro è stato tratto il film Ragazze interrotte con Winona Ryder e Angelina Jolie per la regia di James Mangold.
Hanno detto:
«È facile accedere all'universo parallelo degli insani, ci assicura Susanna Kaysen, e noi le crediamo. Ogni parola conta in questa ricostruzione commovente, coraggiosa e divertente.» - Kirkus Review
«Pungente, onesto e trionfalmente divertente... una storia irresistibile e commovente.» - New York Times Book Review
L’autrice. Susanna Kaysen (Cambridge, 11 novembre 1948) è una scrittrice statunitense, figlia dell'economista Carl Kaysen, professore al MIT che fu primo consigliere del presidente John F. Kennedy.
Ha frequentato il liceo al Commonwealth School a Boston e al Cambridge School of Weston prima di essere ricoverata al McLean Hospital nel 1967, per il trattamento psichiatrico di una presunta depressione (ipotesi motivata dal fatto che alcuni suoi comportamenti autolesivi furono interpretati come tentativi suicidi ari). In clinica apprese di essere affetta da “disturbo borderline di personalità”. Venne dimessa dopo diciannove mesi.
Questa esperienza, che l'ha segnata profondamente, è stata materiale fondamentale per la sua autobiografia, scritta nel 1993, Girl, Interrupted; il libro nel 1999 diventerà il film Ragazze interrotte, con Winona Ryder nel ruolo di Susanna.
È
"A volte l'unico modo per rimanere sani è diventare un pò pazzi" Stati Uniti, 1967: la diciassettenne Susan Kaysen ha gli stessi dubbi e le stesse incertezze di tante sue coetanee. Lo psichiatra con cui si incontra dà a questo comportamento il nome di 'disturbi marginali della personalità' e la spedisce al Claymoore Hospital. Qui Susan conosce Lisa, Daisy, Georgina, Polly e Janet, un gruppo di amiche fuori dagli schemi. Alla fine Susan dovrà scegliere fra il mondo di coloro che vivono all'interno dell'istituto e quello al di fuori. Guidata dall'infermiera Valerie e dalla dottoressa Wick la ragazza decide di lasciarsi alle spalle questo 'universo parallelo' rivendica la propria indipendenza e continua a vivere da sola e alle proprie condizioni.
In Street Cop (nella traduzione di Norman Gobetti), pubblicato da Einaudi (Stile Libero Extra), nel 2023, la scrittura post-moderna di Robert Coover incontra il genio grafico di Art Spiegelman.
Di Spiegelman ben conosciamo - e conosco - le doti. Personalmente ne ho apprezzato la graphic novel a partire dal celeberrimo Maus.
Di Robert Coover ancora non avevo letto nulla e, quindi, Street Cop per me ha rappresentato solo un primo assaggio della sua opera.
Si tratta di un piccolo pastiche letterario, ambientato in un'anonima città USA e in un ipotetico futuro distopico in cui accadono le cose più grottesche ed impensabili.
Immaginiamo un ex tossico e homeless che diventa poliziotto, uno dei pochi poliziotti in carne ed ossa in una città che si trasforma in continuazione, le cui vie cambiano continuamente aspetto, in cui lo scenario è occupato da droni teleguidati che applicano la Legge (spesso compiendo madornali errori, motivo, per cui i fallaci cop in carne ed ossa risultano alla lunga sempre più efficaci), da poliziotti robot, da commercianti di zombie.
Tutto si confonde, in questo scenario e non vi è più alcuna certezza.
Il nostro protagonista si trova impegnato a dover condurre un’indagine pressoché impossibile, continuamente distolto da eventi grotteschi e quasi rocambolesche avventure, il nostro poliziotto in carne ed ossa, così riflette:
“Non sa più per certo cosa abbia senso e cosa no. Essere vivo, ad esempio, ha senso? Forse no. Però è l’unica cosa che c’è, senza non hai niente. Non sei niente. È qualcosa in lui non vuole che questo succeda. Non sa se quel qualcosa sia buono o cattivo, ma è il motivo per cui ha portato in salvo il suo grosso culo.” (Ib., p. 101)
Il piccolo volume è magnificamente illustrato - come già detto - sia da tavole a piena o a doppia pagina, sia da piccole miniatura del grande Spiegelman.
(Quarta di copertina) «La gente veniva fucilata e moriva come in passato, ma non necessariamente in quest’ordine».
(Risguardo) La penna di un grande scrittore – Robert Coover, uno dei maestri della letteratura americana – incontra il genio di Art Spiegelman in un gioiello di satira e trasgressione.
In un futuro molto prossimo un poliziotto lotta per conservare la propria umanità tra robot-fattorini, spacciatore di droghe sintetiche e droni assassini.
Gli autori. Robert Coover, nato nel 1932, a Charles City (Iowa), è uno scrittore statunitense. Si è presto affermato come uno dei più vigorosi narratori di orientamento postmoderno per l’energia di una scrittura che distrugge il confine tra probabile e improbabile, imponendo al lettore nuovi modi di percezione del divenire. Nei suoi primi tre romanzi C. ha analizzato fenomeni tipici della società americana: il sorgere di nuove confessioni religiose di natura esoterica in L’origine dei Brunisti (The origin of the Brunists, 1966, nt); lo sport come interesse totalizzante in Il gioco di Henry (The Universal Baseball Association Inc., 1968); la politica come spettacolo di massa in Il rogo (The public burning, 1977, nt). Nei testi narrativi di Contrappunti e controcanti (Pricksongs and descants, 1969, nt) − tra i quali notissimo è La babysitter (The babysitter) − sono invece contrapposte alle favole del passato le altrettanto grottesche e terrificanti storie del nostro tempo. Tra i suoi libri si ricordano inoltre Sculacciando la cameriera (Spanking the maid, 1981), Una serata al cinema (A night at the movies, 1987) e Un campione in tutte le arti (Whatever happened to Glommy Gus of the Chicago Bears?, 1987), Pinocchio a Venezia (Pinocchio in Venice, 1991, nt), Bambino di nuovo (A child again, 2005, nt).
Art Spiegelmanè nato a Stoccolma nel 1948, ma già nel 1951 la sua famiglia, di origine polacca, si è trasferita a New York.
Nel 1962 ha venduto al «Long Island Post» il suo primo disegno, l'anno dopo ha creato fumetti come Garbage Pal Kids e Wacky Packages.
Nel 1980, sulla rivista «Raw» da lui stesso fondata, è uscito il primo capitolo del suo capolavoro, Maus: la storia (autobiografica) di una famiglia ebrea internata in un lager, raccolta in volume nel 1986, gli è valsa nel 1991 il premio Pulitzer. Suoi disegni e fumetti sono apparsi su numerosi quotidiani e riviste, dal «New York Times» al «Village Voice» e al «New Yorker», e sono stati esposti in musei e gallerie negli Stati Uniti e all'estero.
Vive a New York con la moglie, Françoise Mouly, e i loro due figli, Nadja e Dashiell.
Di Spiegelman Einaudi ha pubblicato The Wild Party di Joseph Mancure March, da lui illustrato, Maus, L'Ombra delle Torri e BE A NOSE! («Stile libero»).
Sotto: Art Spiegelman al lavoro, nel suo studio, alla scrivania e un autoritratto come personaggio di Maus.
Con “Eruption” (pubblicato in traduzione italiana da Longanesi nel 2024, per la traduzione di Annamaria Raffo), ha visto la luce dopo molti anni un manoscritto rimasto incompiuto di Michael Crichton, i cui eredi hanno deciso che potesse valere la pena pubblicarlo, affidando - dopo aver a lungo soppesato la questione -il compito di revisione al rinomato autore di crime (ma non solo, poiché possiede doti di grande duttilità ed è, tra l'altro, aduso a collaborazioni con altri scrittori) James Patterson, il quale ha accettato la sfida.
“A James Patterson, uomo di incredibile talento, va la mia profonda riconoscenza per aver collaborato a questo progetto. Ho capito fin dal primo momento che avrei potuto fidarmi di te perché facessi vivere questa storia eccezionale e le brillanti idee di Michael“ (Sherri Crichton).
Si è trattato di un lungo lavoro di revisione e adattamento di un materiale ancora magmatico che Crichton aveva abbandonato da molti anni nello scrigno dei lavori che lo avevano affascinato, ma che erano rimasti incompiuti.
“‘The black zone’, il titolo provvisorio assegnato da Michael si basava su un argomento che lo affascinava da anni. Michael discuteva raramente delle sue idee dei suoi progetti, anche con i familiari o con gli amici più stretti, ma parlava spesso del suo progetto sul vulcano e durante un viaggio in Italia facemmo appositamente una deviazione per visitare Pompei e consentirgli di approfondire le ricerche sulla storia che aveva ambientato alle Hawaii.
Dopo la morte di Michael, ho rinvenuto il manoscritto incompiuto nell’archivio. Non riuscivo a credere alla storia straordinaria che aveva costruito come solo lui sapeva fare. Il ritrovamento di questo tesoro ha dato l’avvio a un intenso lavoro di ricerca durante il quale sono stati passati al setaccio in un gran numero di documenti e diversi dischi rigidi per recuperare tutto il materiale attinente alla vicenda.
Nonostante Michael fosse meticoloso nelle sue ricerche e nell’organizzazione dei dati, incrociare e aggiornare tutti quei file non è stata impressa da poco. Ma questo lavoro ha rivelato una storia straordinaria e brillantemente strutturata.” (Sherri Crichton, in “Antefatto”, p.413)
La trama è decisamente avvincente.
Uno dei vulcani delle Hawaii si sta riattivando e si appresta ad un eruzione che, secondo gli esperti del locale osservatorio vulcanologico, potrebbe essere quella più pericolosa di sempre, di una potenza mai ancora vista e catastrofica. Nello stesso tempo delle "speciali" scorie radioattive conservate in una vicina base “segreta” dell'esercito USA sono a consistente rischio di essere travolte dalla lava, con la possibilità che si liberi un potentissimo agente diserbante che potrebbe sterminare nel mondo ogni forma di vita vegetale (agente che, a suo tempo, era stato miscelato con delle scorie radioattive, con l'ipotesi falllace che in questo modo sarebbe stato sepolto per sempre in qualche sito dedicato allo smaltimento delle scorie).
Viene creata una speciale task force per scongiurare il pericolo in una corsa contro il tempo per cercare di deviare il flusso della lava ed evitare la catastrofe ecologica finale, con il combinarsi di tutte le risorse umane disponibili e con l'impiego delle più aggiornate tecnologie
Alla fine, sarà la Natura stessa a riportare tutto in un alveo di non pericolosità.
Catastrofe scampata, dunque, ma non senza vittime e danni di grande portata!
Ma sino a quando, sarà possibile scampare all’ultima e definitiva catastrofe?
Un romanzo a lieto fine, dunque, che tuttavia pone degli interrogativi sul modo disinvolto di stoccare materiali pericolosi e che si legge in un crescendo di tensione, con una serie di colpi di scena al cardiopalmo
Quarta di copertina. Le Hawaii stanno per essere incenerite da un’eruzione vulcanica senza precedenti nella storia dell’umanità. Ma il mistero custodito in un laboratorio militare segreto rischia di essere più pericoloso e terrificante…
(Risguardo di copertina) Il grande romanzo incompiuto di Michael Crichton ha trovato in James Patterson la sua naturale, scintillante conclusione.
Hawaii, 2016. Rachel Sherrill, brillante biologa in forze ai Giardini Botanici di Hilo, sta accompagnando una scolaresca in visita, quando uno dei ragazzini le chiede di spiegargli uno strano fenomeno: alcuni alberi stanno diventando neri e trasudano una sostanza che sembra inchiostro, mentre nel cielo altrimenti sereno, contro il quale si staglia il profilo del vulcano Mauna Loa, risuonano tuoni minacciosi. Evacuato il parco, dopo un sopralluogo dell’esercito l’incidente viene derubricato a incendio, e tutto sembra continuare come se nulla fosse…Hawaii, 2025. Nove anni dopo, mentre il mondo si prepara ad affrontare sfide ambientali sempre più pressanti, il Mauna Loa cova una furia sempre più intensa. John MacGregor, appassionato surfista nonché esperto vulcanologo e capo dell’Hawaiian Volcano Observatory, sa che un’eruzione catastrofica del Mauna Loa è inevitabile. Ma c’è di più. Nel cuore del vulcano si cela un segreto oscuro, un’eredità del passato che potrebbe essere la rovina dell’intero pianeta. Nei recessi di una caverna sulle pendici del monte sono stati nascosti anni prima alcuni contenitori di un erbicida che per errore è stato reso radioattivo. Se liberato nell’atmosfera da un’eruzione, avrebbe conseguenze catastrofiche non solo per la popolazione di Hilo, ma per l’ecosistema e gli abitanti di tutta la Terra. Mentre il tempo stringe e l’attività del Mauna Loa sfiora il punto di non ritorno, MacGregor e la sua squadra si lanciano in un’odissea disperata per fermare il disastro imminente, in lotta con il calore feroce delle colate laviche e le scosse sismiche che sembrano far crollare ogni speranza. Solo una missione suicida, o un miracolo in cui nessuno sembra più credere, possono salvare le sorti dell’umanità…
Michael Crichton, nato nel 1942, Chicago, è poi cresciuto nel quartiere di Roslyn, Long Island, con il fratello minore (coautore di un suo romanzo) e le due sorelle.
Laureato in medicina alla Harvard Medical School ha iniziato a scrivere i suoi romanzi, già durante gli anni degli studi universitari sotto due diversi pseudonimi, John Lange e Jeffrey Hudson.
Ha abbandonato presto la professione medica per dedicarsi interamente alla scrittura.
A soli 25 anni gli viene diagnosticata una forma benigna di sclerosi multipla, come lui stesso racconta nella sua autobiografia.
A 27 anni lo raggiunge il successo: il suo romanzo Andromeda diventa immediatamente un best seller.
Con i soldi guadagnati così può iniziare a viaggiare per il mondo, la sua grande passione, e a conoscere anche i posti più sperduti del globo.
Ha divorziato per quattro volte (dalla quarta moglie ha avuto la figlia Taylor) prima di sposare l'ultima moglie Sherri Alexander.
Dopo una lunga battaglia contro un tumore, è morto a 66 anni il 4 novembre 2008.
Da alcuni dei suoi celeberrimi romanzi sono stati tratti film di eguale successo come: Jurassic Park, La grande rapina al treno, Congo, Timeline, Sol levante.
I suoi libri sono editi in Italia da Garzanti.
James Patterson, nato Newburgh (New York, USA) nel 1949, è uno scrittore statunitense. Dopo gli studi, nel Massachusetts e nel Tennessee, si è trasferito a New York, dove ha lavorato per l’agenzia pubblicitaria J. Walter Thompson, diventando il presidente della filiale americana.
Vincitore nel 1977 del prestigioso premio Edgar per il miglior romanzo d’esordio (The Thomas Berryman Number), da allora si è imposto come uno dei migliori e più prolifici autori di thriller.
La sua fama è legata soprattutto al personaggio di Alex Cross, lo psicologo cacciatore di serial killer interpretato sul grande schermo da Morgan Freeman in due fortunate trasposizioni (Il collezionista e Nella morsa del ragno), ma anche ai romanzi delle Donne del club Omicidi e alla serie Maximum Ride.
I suoi libri, tradotti in tutto il mondo, solo negli Stati Uniti hanno superato le dieci milioni di copie vendute. Tra i suoi libri più recenti si ricorda La setta, uno dei capitoli della serie Witch&Wizard, pubblicato da Nord nel 2016; L'evaso, scritto insieme a Michael Ledwidge e pubblicato da Longanesi nel 2016 e sempre per Longanesi nel 2017 Peccato mortale scritto con Maxime Paetro e Chi soffia sul fuoco, scritto con Michael Ledwidge. È del 2018 Tradimento finale. Con l'ex presidente degli stati uniti Bill Clinton ha scritto il thriller Il presidente è scomparso (Longanesi 2018) e La figlia del presidente (Longanesi 2021).
Nel 2019 escono La seduzione del male, Instinct e Qualcosa di personale (Longanesi) e Prova d'innocenza (tre60), scritto insieme a Andrew Gross.
Nel 2020 esce per Longanesi L'ultimo sospettato e Al centro del Mirino, scritto con Michael Ledwidge. Altro scritto con quest'ultimo autore è Una bugia quasi perfetta (Tre60, 2021). Sempre nel 2021 pubblica con Sherman Casey Gli ultimi giorni di John Lennon (Longanesi).
È anche autore di libri per ragazzi, tra cui si ricorda il bestseller Scuola media.
Desert Solitaire. Una stagione nella natura selvaggia (Desert Solitaire: A Season in the Wilderness, nella traduzione di Stefano Travagli) di Edward Abbey in anni abbastanza recenti è stato molto opportunamente riproposto da Baldini&Castoldi /nella collana "Romanzi e racconti, nel 2015), dopo una prima edizione praticamente introvabile per i tipi di Muzzio, nel 1993, con il titolo di "Deserto solitario".
Questa era la presentazione di quella prima edizione:
"Deserto solitario di Edward Abbey, un fecondo scrittore statunitense di “letteratura naturalistica”, è il racconto eloquente, amaro e stravagante di una stagione trascorsa dall’autore, in qualità di ranger, a sorvegliare l’Arches National Park nello stato dello Utah (area di Moab), uno dei luoghi più caratteristici e più selvaggi dell’immenso e variegato paesaggio del Nord America: la regione dei canyon. All’epopea dell’esperienza narrata dall’autore, alla fine degli anni 160, questi territori ancora 'selvaggi' cominciavano ad essere investiti dal turismo 'su scala industriale' e ad essere minacciati dal progetto di una diga che ne avrebbe sommerso una parte, assieme alle ineguagliabili forme di vita animali e vegetali che l’abitavano. Il libro è per questo diventato negli Stati Uniti un documento di denuncia attorno a cui si è raccolto il movimento degli ambientalisti per difendere la natura dei parchi. Il libro non è però un semplice resoconto: è un racconto vero, di una notevole cifra letteraria, che contiene molte altre storie – di indiani e cow-boy, di cercatori di uranio e di cavalli selvaggi – che sfumano nella favola e nel mito; è un inno poetico e ribelle, di rara ispirazione, alla natura selvaggia; è un manifesto dai toni anarchici e estremi sui rapporti dell’uomo con l’ambiente naturale.
Scrive Abbey nella sua breve introduzione al volume:
"Una decina di anni fa [la sua opera fu pubblicata per la prima volta nel 1968] decisi di andare come ranger stagionale in un luogo chiamato Arches National Monument, vicino alla cittadina di Moab, nello Utah sudorientale. Il motivo della decisione non è più importante, ciò che ho trovato lì è l'argomento di questo libro" (p. 7)
Si trattò per lui di un'esperienza durata un semestre (dal 1° aprile sino al 30 settembre).
Ritornò a fare lo stesso lavoro anche l'anno successivo.
Sarebbe tornato anche per il terzo anno e forse lo avrebbe fatto anche per tutti gli anni successivi, ma rinunciò.
Perchè? Ce lo dice lo stesso Abbey:
"... gli Arches, un luogo primitivo quando vi ero stato la prima volta, sfortunatamente avevano conosciuto sviluppo e sfruttamento [che per lui furono intollerabili da affrontare] e dovetti rinunciare" (ib.).
La bellezza della natura selvaggia era stata deturpata e, negli anni successivi, lo sarebbe stata ancora di più, con progetti dissennati di sviluppo turistico, di sfruttamento minerario e idroelettrico, con la costruzione di una diga che, messa in opera, avrebbe stravolto l'aspetto originario dei canyon, occultando per sempre alcune delle più magnifiche bellezze naturali.
Abbey riferisce di essere tornato comunque, a distanza di molti anni, negli stessi luoghi, di aver fatto un tour completo e di essersi, infine, fermato per una terza stagione che gli diede modo di registrare i cambiamenti drammatici avvenuti in sua assenza.
L'essenza del libro è tratta dalle pagine di diario che Abbey ha riempito febbrilmente in queste tre stagioni, mentre altri capitoli sono stati costruiti con il ricordo di escursioni effettuate in altri momenti e con digressioni/riflessioni di vario tipo, tra le quali non mancano delle critiche intense e dure contro il suo datore di lavoro stagionale, cioè l'amministrazione del National Park Service (che fa capo al Dipartimento dell'interno del Governo degli Stati Uniti).
La sua esperienza ripetuta nel corso degli anni è stata di solitudine vivificante nel cuore del deserto (all'interno di scenari di una bellezza grandiosa), alloggiato in una piccola roulotte, con un incarico da ranger che comportava per lui un minimo di impegno giornaliero per alcuni compiti di routine e che, per il resto del tempo, lo lasciava libero di contemplare, di riflettere, di meditare, di osservare nei dettagli più minuti la flora e la fauna e di compiere anche delle escursioni.
Una posizione invidiabile quella di Abbey, per alcuni aspetti, a condizione di saper tollerare la solitudine.
L'esperienza della wilderness è anche un'esperienza di solitudine e di capacità di star da soli.
In questo senso, la scrittura (e l'esperienza che ad essa è sottesa) di Abbey si avvicinano molto a "Walden, ovvero la vita nei boschi" di Henry David Thoreau che è un classico sotto molti punti di vista e, tra le tante cose, anche dell'anarchismo libertario.
Ma, in molti passaggi, c'è anche molto di Twain, a mio parere, e soprattutto del suo personaggio iconico Huckleberry Finn che si vede emergere chiaramente nel lungo capitolo che descrive la discesa del Colorado, compiuta da Abbey su due canotti di gomma attrezzati per un'avventura di una settimana, assieme ad un amico.
O anche la venatura lirica e struggente in alcune descrizioni paesaggistiche e naturalistiche che fa pensare alla prosa di Cormac McCarthy, quando i suoi personaggi agiscono al cospetto di una Natura che è assieme bellissima e intangibile, quasi crudele in questo distacco dagli Umani.
Vi è una forte vena di anarchismo libertario, quando Abbey - per esempio - invita coloro che vorranno visitare l'"Arches National Park" di lasciare l'auto alle soglie del parco e di avventurarsi a piedi ad esplorare, facendo ciò che possono (e vedendo ciò che possono, di conseguenza) soltanto muovendosi sulle proprie gambe. Ma questa vena si ritrova anche nell'invettiva che egli lancia contro coloro che vorrebbero costruire più strade asfaltate e più piazzole di sosta all'interno del Parco (il suo, ma anche di altri), per consentire forme di turismo facile e superficiale, in altri termini "consumistico" (da ciò discende il corollario che alcuni dei luoghi più belli dovrebbero essere mantenuti "segreti", anche se la la società dei consumi fa di tutto per evitare ciò).
Abbey sarebbe stato sicuramente tra quelli che qui in Italia si sarebbero schierati fermamente contro l'uccisone dell'orso "killer", come del resto lui accetta pacificamente che, nel corso della sua permanenza nel deserto, possa imbattersi in un puma. Simili accidenti fanno parte della wilderness e non si può bere dal calice di essa senza tener conto di eventuali pericoli (ed eventualmente affrontarli, o patirne le conseguenze), come anche smarrirsi nel deserto, morire per disidratazione o altro.
Quella di Desert Solitaire è una lettura assolutamente godibile ed è possibile imbattersi in alcuni passaggi descrittivi che - come ho già detto - sono fortemente lirici.
E, per tutti i motivi illustrarti, è anche un testo di formazione per il lettore che legge i resoconti e le narrazioni delle tre stagioni di Abbey nel deserto sudorientale dello Utah.
Infine, aggiungerei come postilla, non si può leggere l'opera narrativa successiva di Abbey, pubblicata la prima volta nel 1975, "The Monkey Wrench Gang" (I Sabotatori, Meridiano Zero, 2001) senza aver letto prima Desert Solitaire, poichè proprio qui si ritroveranno tutte le tematiche e le motivazioni che spingono i quattro protagonisti a diventare sabotatori per contrastare lo sfruttamento efferato del deserto e il sovvertimento (nonché l'addomesticamento) della natura selvaggia, voluto dal Governo centrale e dalle multinazionali.
La filosofia dei quattro sabotatori trae radici e alimento proprio dalle pagine di Edward Abbey e le loro imprese diventarono un "classico" della nuova ondata del movimento ecologico statunitense e del mondo (e, per alcuni versi, anche del cosiddetto "ecoterrorismo").
(Risguardo di copertina) "Desert solitaire" è diventato un libro di culto sin dalla sua pubblicazione, nel 1968. Un racconto provocatorio e mistico, arrabbiato e appassionato, in cui Edward Abbey ci restituisce la sua esperienza di ranger nell'Arches National Monument, nel Sudest dello Utah, catturandone l'essenza e trasmettendoci il desiderio di vivere nella natura e conoscerla nella sua forma più pura: silenzio, lotta, bellezza abbagliante. Ma "Desert solitaire" è anche il grido angosciato di un uomo pronto a sfidare il crescente sfruttamento operato dall'industria petrolifera, mineraria e del turismo.
Sono trascorsi quasi cinquant'anni, e le osservazioni di Abbey, le sue battaglie, non hanno perso nulla della loro rilevanza. Anzi, oggi più che mai, "Desert solitaire" ci chiama a combattere, mettendoci di fronte a un'ultima domanda fondamentale: riusciremo a salvare ciò che resta dei nostri tesori naturali prima che i bulldozer manovrati dal profitto colpiscano ancora?
L'autore. Edward Abbey,1927, Home (Pensylvania) e deceduto a Oracle (Arizona) nel 1989.
Ha studiato presso l'Università del New Mexico e all'Università di Edimburgo.
Filosofo, saggista e romanziere americano, esordì come scrittore negli anni Sessanta dopo aver lavorato a lungo come guardia forestale nei parchi nazionali di mezza America. Arrivato al successo con The brave Cowboy, che divenne un film interpretato da Kirk Douglas, con The Monkey Wrench Gang fu consacrato eroe della nuova ondata ecologista americana, diventando al contempo autore di primo piano nel panorama letterario americano.
Più di vent’anni dopo averlo acquistato, mi sono accinto alla lettura del romanzo cult di Edward Abbey, I Sabotatori (titolo originale: The Monkey Wrench Gang), pubblicato da Meridiano Zero nel 2001.
Quando l'ho preso tra le mani era ben stagionato, con le pagine ingiallite a dovere e, finalmente, l'ho aperto, l'ho sfogliato e finalmente mi ci sono immerso, avendo la consapevolezza di avere tra le mani un libro cult, un vero prodotto d’annata, scritto da un ecologista ante litteram (ma anche predicatore dell’ecoterrorismo), quando ancora ben poco si parlava di tutela dell’ambiente, con l’eccezione, ovviamente di un classico come “Primavera silenziosa” di Rachel Carson.
Il primo capitolo mi ha fatto intendere che io e questo libro saremmo andati d’accordo!
Ho sentito sin da subito che sarebbe stato il mio libro di lettura preferito nelle mie attese in auto!
(Presentazione) Un medico. La sua infermiera nonché fidanzata. Un giovane reduce specializzato in demolizioni. Un mormone con tre mogli. Un improbabile quartetto di aspiranti guerriglieri, eco-terroristi decisi a salvare quel che resta della natura di Utah e Arizona, del selvaggio paesaggio del deserto. Intraprenderanno una lunga serie di sabotaggi e di avventurose incursioni fino al progetto più ambizioso: far saltare la diga del Glen Canyon, intollerabile scempio ambientale.
Praticamente sconosciuto in Italia, il polemista-filosofo-naturalista-scrittore Edward Abbey (1927- 1989) è considerato una specie di eroe dal movimento ambientalista e dalla controcultura americana. La sua lotta appassionata in difesa della wilderness ha raccolto schiere di ammiratori entusiasti e di detrattori imbestialiti. Nato durante la Grande Depressione in una sperduta fattoria dei monti Appalachi, in Pennsylvania, all’età di 17 anni si mette sulla strada e viaggia per il Sud Ovest, in autostop e su carri merci, restando folgorato dalla bellezza selvaggia di quei luoghi desertici da cui per tutta la vita non riuscirà mai più a staccarsi. Abbey esprime una ribellione radicale contro il concetto imperante di antropocentrismo. La guerra che l’uomo ha dichiarato alla natura – afferma l’autore – nasce dalla terrificante percezione che essa è assolutamente indifferente al destino dell’uomo. Inutile attribuire valenze etiche alla natura, un processo efficiente, brutale, spietato e insieme pulito e meraviglioso. È un luogo magico in cui si può entrare solo patteggiando costantemente la propria presenza.
Nel ‘75 dà alle stampe quello che diverrà il suo best seller: The Monkey Wrench Gang (I Sabotatori), dove – tra il serio e il faceto – propone una sorta di contro-vandalismo attivo contro il vandalismo perpetrato dal cosiddetto progresso contro la natura, che dopo l’ignoranza distruttiva dei pionieri deve subire le pratiche distruttive coscienti delle industrie. In questo libro facile e scanzonato, Abbey abbandona la contemplazione e la disobbedienza civile di Thoreau per indossare definitivamente gli abiti di Ned Ludd.
Mi è capitato di trovarmi per le mani, qualche tempo fa il poliziesco, Agró e il Maresciallo La Ronda, pubblicato da Marsilio (Le Farfalle), nel 2013, di cui è autore Domenico Cacopardo, magistrato e scrittore.
L'ho trovato di lettura gradevole, liscia, scorrevole, a tratti sapida: un piacevole intrattenimento.
Appartiene questa indagine ad una serie composta da una decina di romanzi polizieschi che vedono nei panni di protagonista il sostituto procuratore della Repubblica Italo Agrò.
Qui, ci troviamo davanti ad un antefatto (o, come si tende a dire oggi, di un “prequel”) in cui il futuro sostituto procuratore è ancora uno studentello di legge e, mentre si trova in vacanza estiva, nel suo piccolo paese del Messinese, viene chiamato dal Maresciallo La Ronda, al comando della locale stazione dei Carabinieri, perché l’aiuti a stendere dei rapporti su di un caso di omicidio (inizialmente solo a metterli in bella forma)
Siamo nel 1976, in un’epoca in cui erano ancora assenti del tutto, telefonini e altri dispositivi elettronici, nel tempo inoltre in cui i documenti venivano trasmessi come “cablogramma”: e questo ha il suo fascino, perché ci parla di un’epoca lontana che i più anziani di noi hanno vissuto.
L’”avvocatucolo” si rivela, tuttavia, sagace e pieno di idee e il pur ruvido Maresciallo prende ad apprezzarlo e ad interpellarlo sempre più spesso e negli orari più strani per proficui “scambi di idee”: sicché il giovane Agrò si ritrova sempre più coinvolto in un’indagine "non autorizzata", sul cui evolversi manterrà - come si conviene - il dovuto riserbo nei confronti di amici e parenti, ma anche della sua morosa.
Senza nemmeno saperlo, poiché di Cacopardo non avevo ancora letto sinora alcun romanzo, mi sono imbattuto per puro caso nella prima avventura di una serie.
Il libro, in ottime condizioni, me lo ha proposto il mio edicolante a metà prezzo.
(Risguardo di copertina) Sant'Alessio Siculo, fine estate 1975. Il futuro dottor Italo Agrò è ancora studente di legge nell'università di Napoli e sta terminando le vacanze nel suo paese d'origine. Il maresciallo dei Carabinieri, Augusto La Ronda, che ha già in passato chiesto a Italo di aiutarlo a stilare qualche rapporto particolarmente delicato, lunedì 7 settembre, lo fa prelevare in un bar di Letojanni, dov'era con gli amici, e condurre in caserma: nel pomeriggio è stato ritrovato tra i ruderi della chiesa di Sant'Agostino il cadavere di Biagio Mudaita, un giovane che lavorava nell'amministrazione della falegnameria paterna. Tra i maricaretti familiari, il mare della sua terra, il passaggio definitivo dall'adolescenza all'età adulta e gli aromi di una Sicilia lussureggiante, Italo Agrò non si limita a correggere il rapporto che il maresciallo intende inviare alle superiori autorità: si appassiona al caso e, in modo riservato, ma non troppo, collabora con il maresciallo con suggerimenti e riflessioni che lo aiutano nelle indagini, mentre si consumano quegli ultimi giorni di vacanza, durante i quali Italo inizia la sua storia d'amore con Irene Mangiacola, detta Nené.
L’autore. Domenico Cacopardo, nato nel 1936 a Rivoli in Piemonte, ma di origini siciliane, è uno scrittore italiano. Laureato in giurisprudenza, è vissuto in varie città italiane condotto dagli impegni professionali: Consigliere di Stato sino al 2008, è stato anche Magistrato per il Po a Parma e Magistrato alle Acque a Venezia. Collabora con numerose testate giornalistiche nazionali e locali.
L'endiadi del dottor Agrò è il primo episodio della fortunata serie del sostituto procuratore Italo Agrò, di cui sono usciti per Marsilio anche Agrò e la deliziosa vedova Carpino (2010), Agrò e la scomparsa di Omber (2011). Tra le sue opere, pubblicate sempre con Marsilio, ricordiamo anche Il delitto dell'Immacolata (2014), Semplici questioni d'onore (2016). Nel 2022 esce per Ianieri edizioni il romanzo giallo Pater.
Il dottore Agrò, sostituto procuratore della Repubblica, ha preso forma con il romanzo di successo “L'endiadi del dottor Agrò” che é divenuto presto uno dei suoi più fortunati personaggi: il sostituto procuratore Italo Agrò, alter ego dello scrittore, che da alcuni anni lo anima durante il programma "il taccuino del dottor Agrò", in onda ogni sabato pomeriggio sull'emittente nazionale Radio 24.
Agrò è poi tornato anche in alcuni dei successivi romanzi.
Giusto a titolo di curiosità, citiamo qui che Domenico Cacopardo ha avuto una controversia con Andrea Camilleri. Convinto di aver subito un affronto da Questi, che - nella sua opera Il nipote del Negus - ha voluto chiamare un personaggio col nome di Aristide Cacopardo, ha deciso di citare in tribunale l'autore del Commissario Montalbano sentendosi diffamato.
Il punto della discordia era da attribuire ad una frase del libro di Camilleri che descriveva il Cacopardo del romanzo come «persona attendibile anche se un poco chiacchierato (è fissato di essere un grande scrittore e consuma il suo stipendio pubblicando romanzi a sue spese)».
Cacopardo chiese in tribunale di sospendere la pubblicazione de Il nipote del Negus e di ritirarne tutte le copie invendute: il giudice del Tribunale civile di Parma respinse le sue richieste.
Nato a Rivoli in casa dei nonni materni da famiglia siciliana da parte di padre, si trasferì quasi subito a Letojanni (ME) dove è rimasto sino al 1947. Cacopardo ha trascorso la prima infanzia e la
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.