Il 13 settembre 2014 scrissi questa breve nota, mettendo assieme un riferimento a delle statistiche (forse dal mio blog dove in un solo giorno avevo avuto oltre tremila visite) e un sogno in cui compariva mio fratello.
Mi chiesi allora e mi chiedo tuttora cosa accucchiassero assieme le statistiche e il sogno riportato...
C'era mio fratello e ci sarebbe stato ancora per pochi mesi.
Forse, intendevo sottolineare che la preoccupazione per le statistiche avesse un valore decisamente secondario e che invece sarebbe stato meglio nutrire di cose, ma soprattutto di attenzioni, coloro che mi circondavano
L'ossessione per le statistiche
in ascesa piramidale verso l'alto
in picchiata verso il basso
le montagne russe, insomma
Preferisco lo steady state del plateau
E dove mettiamo l'emozione di trovare
un bel giorno che hai avuto un picco
di oltre tremila pagine aperte
nell'arco delle 24 ore
Un emozione che paghi poi con l'altra,
quella di renderti conto
che la condizione abituale
è un'interminabile e monotona pianura
dove nulla accade
e dove il picco più alto è un filo d'erba
Questa notte ho sognato
Rientravo a casa dopo una lunga assenza
e facevo un'ispezione per verificare
che tutto fosse a posto
Bon ero solo
Infatti, poi ci mettevamo seduti
attorno ad un tavola per mangiare
Tata Tatiba vicino a me
ognuno di noi con un bel piatto
di spaghetti fumanti davanti
Mangiavamo e conversavamo
Ed io accalorato nella discussione
dimenticavo di far mangiare mio fratello
che mi guardava con disapprovazione
I suoi spaghetti
quando, alla fine, cercavo di prenderne una forchettata
per porre rimedio alla disattenzione
erano induriti,
come trasformati in un ammasso pietroso
E qui il sogno finiva.
Ma mi chiedo ancora:
cosa c'entrano le statistiche con questo sognare?
Anche questa volta
gran parte del sogno
s’e dileguata
Ero al termine d’un viaggio
e avrei dovuto imbarcarmi
su d’un bastimento:
non era ancora ormeggiato alla banchina
ma- pur senza vederlo -
immaginavo che più che una nave da crociera
fosse un enorme transatlantico
(lo sapevo con matematica certezza),
imponente come il Titanic
oppure come alcune navi moderne
che hanno l’aspetto di case galleggianti
(Acqua di polpo! Acqua di polpo!
e ci sarebbe stato anche il Capitano Nemo?)
Ma ancora la nave non c’era
Io attendevo che attraccasse
anche se ancora non se ne vedeva traccia,
neppure un ricciolo di fumo all’orizzonte
Ero arrivato in largo anticipo
(sulla base del vecchio adagio
secondo cui “chi tardi arriva,
male alloggia”),
oppure era il bastimento
a fare ritardo
Ma nessuno dava notizie aggiornate,
nessuno possedeva informazioni fresche
e, quindi, tutti aspettavano,
ma nessuno sembrava particolarmente preoccupato ciò,
mostrando piuttosto di vivere il momento
con allegrezza sincera e spensierata
La folla s’ingrossava sempre di più
come un’onda
Guardando verso lo spazio aperto
dell’oceano,
al di là delle costruzioni portuali e dei moli,
si potevano scorgere enormi marosi
gonfiarsi e poi frangersi
Uno spettacolo di bellezza terribile e, al tempo stesso, orrida
Come avrebbe fatto il bastimento
ad entrare in porto?
E, in ogni caso, ci aspettavo un viaggio periglioso!
Ero con amici, altri compagni di viaggio,
che rimangono senza un volto,
avviluppati nel cono d’ombra
della mia memoria
Passeggiando inquieto
in su e in giù
scorgevo un’allegra comitiva
seduta ai tavoli d’un bar
con vista panoramica sul mare
Erano almeno una dozzina
quei commensali
Parevano ignari dell’attesa,
erano immersi in vivace conversazione,
con l’aria di divertirsi un mondo,
ridanciani, occhi vispi e gote arrossate
In questo gruppo riconosco
la mamma,
la zia Mariannù,
mio fratello,
ma c’è anche l’amica d’un tempo
All’inizio, penso di non farmi vedere,
standomene nascosto nella folla
ad osservarli
Non vorrei perdere la mia autonomia
ed essere risucchiato nella compagnia
ciarliera e spensierata
Poi m’impongo uno sforzo
Potrebbe essere l’occasione unica,
dopo tanto tempo che non li vedo,
di salutare i miei cari estinti
Mi avvicino
Sono qua anch’io!, dico
A quanto pare saremo tutti nella stessa barca!, aggiungo,
nell’Arca che tutti ci conterrà
Li saluto tutti, uno per uno,
con solennità un po’ impacciata
Cingo il collo della mamma con un braccio,
esibendomi in un goffo ed inusitato
tentativo di abbraccio
Sono contento di quest’incontro,
ma farfugliando delle scuse
mi allontano subito dopo
Mi sento a disagio a stare troppo tempo con loro
Nssuno di quelli
se ne da per inteso
e tutti continuano
la loro conversazione,
ciarlieri e allegri
Intanto continua l’attesa del bastimento
che mai arriva,
assediato da onde gigantesche
Ed io confinato qui,
sovraccaricato di pensieri tristi,
al termine del mio viaggio
in quello che mi pare
un porto delle anime
Non posso che pensare
che quando verrà il mio momento
le anime di coloro che non sono più
vi si daranno convegno,
in questo porto delle anime,
per accogliermi e accompagnarmi
nella traversata che ci attende
nel Mistero più insondabile
Di questi tempi non mi risveglio più con la capacità di ricordare sogni magnifici e sontuosi, la cui stesura richiede un tempo interminabile.
Mi sovvengono piuttosto sparuti brandelli, unici sopravvissuti d’un arazzo ben più ampio: e di questi devo accontentarmi
In questo sogno c’era mio fratello e tutto il senso della storia era quello di dotarlo di una serie di dispositivi che gli consentissero di vivere come in una “casa intelligente”, tale da poter essere del tutto autonomo malgrado le sue difficoltà motorie
Il progetto era interessante e molto articolato: tuttavia, mi rendevo conto che, pur nelle migliori intenzioni, qualcosa era sempre destinato a non funzionare e che anche i meccanismi più raffinati, supportati da AI o IA che dir si voglia erano destinati a fallire e a presentare degli inciampi, cosicché era sempre necessario che qualcuno - normalmente abile - fosse presente in veste di supervisore per sopperire al fallimento delle macchine
Quindi, questa casa intelligente era pur sempre soltanto un pallido surrogato
Mi rendevo conto che anche i più moderni dispositivi non avrebbero mai potuto regalare a mio fratello una maggiore forma di autonomia
Ricordavo nella fattispecie un dettaglio del sogno in cui mio fratello aveva indosso una sorta di imbracatura per stare in piedi da solo, guidata da un’intelligenza artificiale e connessa mediante microchip al suo stesso cervello
Era imbardato in modo a dir poco grottesco e, vedendolo così, pensavo che mai avrei potuto lasciarlo a sbrigarsela da solo (e non perché nel profondo della mia mente io sia un luddista anti-progresso e anti-modernizzazione)
E' un sogno di molti anni fa, mai trascritto in questo blog
Subito dopo annotai in calce, il 10 settembre 2012 alle ore 4,42, come segue:
"Forse questo sogno, mi ha preparato alla visita ad Auschwitz-Birkenau che mi attendeva poche ore dopo"
Cammino in un campo, portando una pianta ornamentale in un grosso vaso
Sono con altri e stiamo andando alla ricerca di pecore smarrite. C'è un grande capannone e gli altri vanno a guardarci dentro: appare in un pessimo stato di conservazione. Il legno delle pareti è marcito, il soffitto sfondato
Io continuo ad inoltrarmi per quel terreno, fino ad incrociare una strada sabbiosa che si estende da un lato e dall'altro a perdita d'occhio
Poso la pianta per riposare e vedo che sprofonda dentro un grosso buco (di cui non mi ero accorto del tutto, forse perché era schermato da un leggero cannucciato ricoperto di foglie)
Cerco di tirarla fuori, ma si è incastrata e temo che, forzando troppo, finisca per rompersi
Chiamo gli altri in aiuto e, intanto, guardando meglio, mi accorgo che lungo la strada - ad intervalli regolari di meno di 15 metri - sono scavati in fila regolare gli stessi identici buchi, probabilmente ottenuti con l'ausilio d'un imponente mezzo meccanico
Sono allarmato
Penso che qualcuno voglia chiudere completamente l'accesso alla strada, recintandola con un'alta barriera o un muro invalicabile
Chiamo gli altri a squarciagola, ma non mi sentono
Sono rimasto solo
Intanto, vedo giungere da lontano una grande quantità di furgoni della Polizia con i lampeggianti blu accesi: camminano a passo d'uomo, preceduti da centinaia di agenti in tuta antisommossa, armati di manganelli e con le visiere dei caschi abbassati
Sospingono davanti a sé, quasi fossero un branco di pecore spaventate, altre centinaia di persone in abiti civili, il frutto del loro perlustramento
Capisco che è ormai troppo tardi per fuggire e mi rassegno ad essere catturato anch'io.
Attimi gorgoglianti
anziché fuggenti
Il grande nulla incalza
Oye como va
Psico-esploratori intrepidi,
nocchieri dello spazio profondo
danno aria alla mente
prima di esser dissolti
in un guizzo di fiamma
e la loro missione
s’è così compiuta
Ed io?
Ed io?
Dove son io?
Forse, anch’io nocchiero del nulla,
improbabile psiconauta
alloggiato su d’una nuvola vaporosa
a forma di eterea nave
viaggio
alla ricerca di altre schegge di memoria
e del tempo perduto
Navigo a vista
nei territori sperduti
in attesa dell’ultimo fiato
e del bagliore del fuoco
purificatore
Maurizio Crispi
Sono in un centro commerciale
Non riesco mai ad arrivare ai reparti di vendita
Cammino e cammino, sempre per lunghi corridoi spogli, rivestiti di piastrelle bianche o grigie
Non incrocio mai alcuno
Ogni tanto devo poggiare i piedi su di una pedana di acciaio, lievemente basculante
e rimanervi sopra sino a quando una spia rossa non si accende con un bip
Si tratta di un dispositivo per misurare i parametri vitali dei passeggeri/visitatori
ed anche per rilevare la funzionalità cardiaca con un ECG istantaneo.
Ad ogni passaggio il dispositivo sputa una strisciata di carta con tutti i risultati
Una luce verde si accende con un doppio bip quando la stampata è pronta
Penso che i gestori del centro commerciale abbiano molto a cuore la salute dei propri clienti
Sento all’improvviso la necessità di andare in bagno e, dopo molto camminare, intravedo l’insegna con i soliti simboli universali
Quando arrivo nei pressi dei servizi da me agognati c’è il solito dispositivo da superare, dalla cui slot al doppio bip (e accensione di luce verde) prendo la stampata e me la ficco in tasca
Sarà ottima da usare come carta igienica!, penso
E quindi imbocco una stretta fuga di gradini che scende sotto il livello del suolo
Bagni pubblici un po’ disagiati!, rifletto, mentre supero ogni singolo gradino con una certa fatica, poiché le alzate sono spropositamente alte e strette
Quando arrivo dabbasso c’è una numerosa e variegata folla già in coda per l’utilizzo dell’unica latrina (sì, è quello che mi pare di capire!) e il fetore dell’aria ristagnante è abominevole tra afrore dei corpi accalcati e le inevitabili scorregge silenziose
Pur storcendo il naso mi dispongo pertanto ad una paziente attesa
Peccato non aver con me una mascherina!
Sarebbe proprio ciò he ci vuole!
E, del resto, quali alternative ci sono, se non aspettare?
Ero con molte altre persone
Non so per quale motivo fossimo assieme
Ci muovevamo in armonia e silenzio
in un posto antico
Una vetusta dimora
fatta di grandi ambienti,
vasti saloni, giardini e serre
Tutto, però, era invaso dall’acqua
e, quindi, nel passare
da uno spazio all’altro
andavamo a guado
oppure talvolta nuotavamo
quando la profondità si faceva maggiore
L’acqua era limpida e trasparente
Il movimento dei corpi
provocava senza tregua
sciacquii e gorgoglii
ed anche sgocciolii
E sempre si sentiva
in sottofondo
il mormorio dell’acqua che scorreva
nelle condotte
e quello più cupo dei getti di acqua
che si riversavano veementi
nelle vasche e nelle stanze
Piccole onde concentriche
si formavano di continuo,
si propagavano,
sbattevano contro le pareti,
ritornavano,
s’intersecavano,
e tutto ciò in una persistente, soffusa,
armonia di suoni
Ci muovevamo e vivevamo
in una casa d’acqua
d’ineffabile bellezza e pace,
ma anche di profondo mistero
Mi ricordai allora della mia visita
al Qanat gesuitico basso della mia città
e ritrovai le sensazioni
di misterioso fascino che mi pervasero, mentre a guado percorrevo
il condotto sotterraneo
alla luce delle sole lampade frontali
E mi venne in mente con nitidezza anche quella volta in cui, a Venezia, mi ritrovai nel bel mezzo di un’acqua alta mai vista e, insofferente delle passerelle di legno sovraffollate, mi levai le scarpe, mi arrotolai i pantaloni sino a sopra il ginocchio e cominciai a camminare a guado, scattando dal basso foto suggestive e inedite ai visitatori incolonnati sui camminamenti di tavole di legno
Ed anche mi sovvenne la visita,
in anni successivi, ai bagni termali di Budapest ed erano, in particolare, i Bagni Gellérrt
Anche quell’edificio era, in definitiva,
una casa da acqua di incomparabile bellezza e di pace, rasserenante per lo spirito
La locuzione salus per aquam o sanitas per aquam (o per aquas) in latino significa salute per mezzo dell'acqua . Vi si riferisce comunemente come suo acronimo (da cui l'uso anche in maiuscolo: SPA)
I Bagni Gellért (in ungherese Gellért gyógyfürdő) sono un complesso termale che si trova nella parte Buda di Budapest, capitale dell' Ungheria. Costruiti tra il 1912 e il 1918 in stile Art Nou...
Vado in visita in una comunità per pazienti psichiatrici
Almeno così mi pare
Questa struttura si trova in un’area vacanziera della città che, adesso che siamo fuori stagione, è semideserta
Le strade sono vuote - nessuno in giro - tutte le case hanno le finestre sbarrate e un aspetto di decadente abbandono
Entro nell’edificio della CTA e sono in compagnia d’un mio amico - nonché vecchio compagno di scuola - ed anche del mio falegname di fiducia, Mr GC
Entriamo e, anche qui, non c’è nessuno
Sembra che l’edificio sia stato abbandonato da poco e che tutti i suoi occupanti siano andati via (o siano scomparsi) sul più bello
Infatti, tutto è stato lasciato in mezzo come se ogni attività in corso sia stata interrotta per una qualche ragione che mi sfugge
Percorriamo tutto l’edificio da un capo all’altro e ogni stanza si presenta con il medesimo aspetto: robe abbandonate, piatti sulle tavole ancora imbandite, pacchi di sigarette abbandonati, tutti scomparsi
Nessuno risponde ai ripetuti richiami
É davvero inquietante
Solo, muovendoci verso l’uscita e percorrendo un lungo corridoio spoglio e buio, in una nicchia c’è uno seduto davanti ad una specchiera che si rimira alla luce di una candela
Mi sembra di riconoscere in lui un mio vecchio compagno di scuola
Lo riconosco tardi, quando siamo già passati, ma comunque gli lancio un saluto, pronunciando il suo nome
E dico all’altro mio compagno: É vero, il nostro Claudio è sempre stato un po’ vanitoso, sempre preoccupato del suo aspetto! Eh sì, fa l’altro, ma cosa ci fa qui?
Non abbiamo alcun elemento per poter rispondere e quindi la sua domanda cade nel vuoto
Arriviamo all’uscita e ci siamo già per strada quando io io mi ritrovo a spingere davanti a me una vecchia poltrona in rattan in stile liberty, un vero pezzo d’antiquariato
La spingo davanti a me, come se fosse una sedia a ruote per disabili Ma che fai?, mi interroga il mio amico
Ed io come uscendo da uno stato di trance, gli rispondo: No, non me ero proprio accorto! Sono così abituato a spingere la carrozzina di mio fratello che, anche adesso che lui, da anni, non c’è più lo faccio lo stesso con qualsiasi oggetto idoneo mi venga a tiro! Aspettate un attimo che riporto la poltrona dove l’ho presa!
Faccio dietro front e mi incammino con la mia sedia verso l’edificio che avevamo appena abbandonato
Accanto a me adesso cammina un paziente che è ospite attuale della CTA dove lavoro ed uno dei più turbolenti
A lui, mentre camminiamo, racconto la storia di mio fratello
Mi chiedo se questo racconto potrà mai stimolare un suo interesse
Eppure noto che mi ascolta con attenzione
Il sogno è molto più complesso, ma le altre sue parti sono andate in dissolvenza
In un altro frammento era in auto e, alla guida, c’era la zia Mariannù, anche lei trapassata da anni.
Seguendo le mie indicazioni, imboccava una via a senso unico, ma contromano.
Evitiamo per un pelo l’incidente e, a fatica, ci rimettiamo nel corretto senso di marcia, anche se ora saremo costretti ad un lungo percorso per arrivare alla nostra destinazione
Sono in viaggio Ancora!, direte voi Sì, dico io, Aiuto!
Nei sogni viaggio spesso, corro, faccio questo e quello, sembro instancabile…
Avrò pure il diritto di riposare qualche volta!
Eppure non si da mai il caso che io, in un sogno, me ne stia semplicemente a riposare, a far nulla, a starmene con le mano in mano
Sono arrivato in auto dopo un lungo e solitario spostamento e ora aspetto di continuare il mio viaggio per nave
Sono in un terminal marittimo affollatissimo, letteralmente stipato di gente, tutti seduti su panche, molti altri per terra o accoffolati precariamente su piccoli sgabelli traballanti che si sono portati da casa
La moltitudine in attesa è fatta di persone scure di pelle e vestite di abiti vivacemente colorati, con tutta la gamma dei colori dell’arcobaleno
Deduco di essere da qualche parte in Africa, ma non so precisare dove (gli aeroporti sono tutti simili…)
Mi si pone il problema di ingannare l’attesa prima dell’imbarco e della partenza
Mi organizzo per fare una visita ai bagni e poi per rifocillarmi … ma qualsiasi azione - anche la più semplice - è di complicata esecuzione proprio per la stipatura e la compressione di tanti corpi in un luogo così ristretto
L’atmosfera è mefitica
Si sente l’afrore dei corpi, quasi lo si vede levarsi come una fitta nebbia che ottunde la mente e i sensi
Non riesco a ragionare con lucidità
La consueta attitudine all’osservazione mi abbandona progressivamente e mi sembra di perdere contatto con me stesso o, per dirla meglio, sento che il mio Io si stia dissolvendo pericolosamente, mentre sono costretto all’immersione in questo bagno di folla
Succedono molte cose
Ci sono degli avvenimenti
Ma i dettagli sono sfumati via
Ricordo che mi ritrovavo a guardare delle foto disposte in un album di ricordi che si animavano e si trasformavano in sequenze live, la cui caratteristica principale era che i soggetti fotografati si trasformavano in altri, cambiando volto ed identità
Il messaggio che mi veniva trasmesso (che qualcuno voleva trasmettermi) per via arcana era che in ciascuno di noi sono sedimentate molte e diverse identità e che, se si fa attenzione, è possibile cogliere di ogni singolo individuo metamorfosi e trasformazioni
Di questo sogno avevo perso memoria e poi, scartabellando trai i ricordi di Facebook, è balzato fuori.
Ed eccolo qua. Uno di quei sogni complicati che sembrano possedere le caratteristiche di un film.
Il sogno è del 16 febbraio 2023
Che sogno, ragazzi, che sogno!
Voglio raggiungere A.
nella casetta di Capo Zafferano
Eravamo stati assieme ad una specie di convegno
(non ricordo cosa riguardasse:
forse il tema principale trattato era il Karma
e il modo in cui la conoscenza e l'addestramento dell'uso
del vento energetico possano modificarlo e farlo evolvere)
Ci separiamo, consapevoli del fatto
che di lì a poco
ci saremmo rivisti
Io mi fermo ad uno spaccio di alimentari
per acquistare qualcosa da mangiare
C'è anche un reparto gastronomia
e un'espositore termico
ricco di pezzi di rosticceria appena fatti
Scelgo qualcosa
e aspetto che il commesso al bancone mi incarti tutto
Gli chiedo anche una birra grande
Mi chiede di che marca
Io dico: Una birra messina!
Ma l'inserviente è di tutt'altro parere
Comincia ad elencare tutti i diversi tipi di birra che hanno in cataslogo,
da quelle più banali alle più esotiche
enunciandone tutte le qualità
Sono alquanto indispettito e non mi lascio abbindolare
Rimango fermo sulla mia posizione La birra messina è la migliore - affermo con sicumera Quelle estere sono spazzatura o una presa per il culo
E poi abbiamo anche altre birrte nostrane che sono eccellenti
Per esempio c'è la ichusa, concludo, che fanno in Sardegna
Si materializza accanto a me un Maurizio
che conosco dai tempi del lavoro,
il quale dice: Hai sbagliato! Si dice Icnusa!
al che io ribatto: Ah, sì! Grazie! Ma la correzione non ha alcuna rilevanza
Ichusa o Icnusa, non fa alcuna differenza, sempre buona è
L'inserviente mantiene un atteggiamento di sufficienza
e non si da per vinto
Gli chiedo di darmi i miei involti in modo tale
che io possa andare via
ma, dispettoso, li tiene in ostaggio
Per farmeli consegnare e pagare il dovuto
devo litigare con lui ed alzare la voce
Usciamo, io e il mio alter ego
Ci mettiamo in auto e partiamo
Quando siamo ben distanti,
mi batto la mano sulla fronte C****! Mi sono dimenticato di prendere la birra!
L'altro Maurizio mi fa: Siamo andati troppo avanti!
Non possiamo tornare indietro!
Ed invece sì!, faccio io, stizzito! Ma A. ci sta aspettando!, fa l'alter ego Non importa, faccio io, E' una questione di principio!
Cambiamo direzione
Dopo un po' arriviamo in un posto distante
che non è certo quello dove si trovava lo spaccio di alimentari
Mi sembra di riconoscerlo tuttavia
E' uno dei rifugi montani del CAS
- o è quello di Piano Zucchi
o il Sempria -
Scendiamo dall'auto,
con gli involti del pranzo sotto il braccio
Il mio alter ego omonimo è scomparso
e, al suo posto, c'è ora un giovane avvocato di mia conoscenza
Entriamo nell'atrio del rifugio
e cerchiamo di parlare con qualcuno della reception
che però è deserta
Siamo innervositi dall'attesa
Vorrei chiamare A,
ma non trovo più il mio telefono
Devo avere lasciato pure quello
nello spaccio di alimentari
La mia impazienza cresce a dismisura,
sono arrabbiato
e cerco di placare la mia ira
respirando regolarmente
Dopo un po', con molto comodo appare una tizia
e chiede cosa vogliamo mai
Io sono senza parole
Parla a nome mio l'avvocato
che spiega del motivo della nostra presenza lì
La tizia dice che non può aiutarci in alcun modo
E l'avvocato chiede: Per fare una telefonata, possiamo?
La tizia indica un telefono a parete E' libero! Servitevi pure! Però, mi raccomando, TELEFONATE BREVI!!
Sissì, diciamo noi quasi in coro
Vado al telefono, ma - oddio -
come fare non ricordo a mente il numero di A.!
Come fare ad avvertirla del ritardo?
Sarà lì a marcire nell'attesa nella villetta di Capo Zafferano,
e non avendo mie notizie si starà infuriando!
Mi sento perso
Dico all'avvocato: Risaliamo in auto e andiamo!
Ma dove?, fa lui, visto che qui siamo fuori strada e in ogni caso
lontani almeno un centinaio di chilometri
dal posto dove saremmo dovuti arrivare
Non importa, faccio io, troveremo la via!
ma dobbiamo andare via di qui!
Mi metto alla guida
ma adesso per uscire dal parcheggio
bisogna percorrere uno stretto tunnel
al termine del quale vi è una stretta curva a gomito
e lì la strada sterrata si trasforma in un sentiero molto stretto
contornato da una recinzione di filo spinato Dobbiamo fare marcia indietro, grido concitato, Da qui non vi è via di uscita!
Ingrano la marcia indietro e parto
Sento subito un rumore di lamiere lacerate
e un forte stridore metallico
Abbiamo toccato!
Ingrano la prima e faccio un balzo avanti,
causando altri rumori stridenti e altri danni Siamo bloccati! Dio mio!
Come ho ridotto la mia gloriosa auto
con la quale ho già fatto fatto il giro della Terra
sulla linea dell'equatore per ben sei volte
(e mi mancano solo 10.000 km
per completare il settimo giro,
che sarà anche il Settimo sigillo)
Mi sembra di essere in una situazione senza via d'uscita
Ho mancato l'appuntamento con A.
che sarà infuriata con me
Non ho la mia birra
Ho perso il telefonino
Ho semidistrutto la mia auto
Mentre me ne sto seduto impotente
dentro l'abitacolo della mia vettura
ecco stagliarsi in fondo al tunnel alle mie spalle
la sagoma inconfondibile di mio padre
che non vedo da così tanto tempo
e quasi non mi ricordo più come è fatto
Eppure lo riconosco benissimo all'istante
E' sicuramente reduce
da una delle sue passeggiate in montagna
Mi appare calmo e risoluto
E vederlo così mi fa bene al cuore
Voglio raggiungere A. nella casetta di Capo Zafferano Eravamo stati assieme ad una specie di convegno (non ricordo cosa riguardasse: forse il tema principale trattato era il Karma e il modo in cui ...
La nostra escursione di oggi. Ci piace ricordare che quando salì al potere, Mussolini sciolse tutte le organizzazioni che usavano la parola "club" (poiché straniera), incluso il Club Alpino ...
Mi sono svegliato dopo quattro ore filate gonfio di sonno
Ho sognato tanto, ma ricordo poco, quasi nulla, anzi
C’è qualcosa che mi frulla per la testa, e non riesco ad estrarla, per quanto io mi sforzi
Ho l’impressione che qualche volta si rimanga sulla soglia del sogno senza riuscire ad rientrarci dentro, così come sino a qualche istante prima si era vissuto dentro a quel sogno
Ci si arrovella, si fa girare la manovella come in quella vecchia auto, per metterle in moto, ma senza alcun risultato: quella scintilla non scatta, quell’immagine trainante di altre non arriva
In fondo, questo trigger è l’elemento ispiratore dell’intera costruzione narrativa di un sogno e ne è il primum movens
C’è soltanto una traccia, molto sottotraccia, in cui io corro, corro, non nel senso che mi affretto, ma nel senso che vado di corsa di lunga lena, per spostarmi da un punto all’altro
Ma questa traccia, al momento, rimane soltanto come un’ossatura spolpata di tutti i suoi tessuti molli e quindi è impossibile tirarne fuori una narrazione coerente
Il pomeriggio di fulmini, tuoni e pioggia e di semioscurità crepuscolare, dovuta alla nuvolaglia minacciosa e incombente che si era radunata nelle ore precedenti, ha avuto un suo fascino potente e decadente al tempo stesso; e non so bene perché, ma ha lasciato dentro di me una coda di malinconia che tuttora non sono ben capace di definire
Poi, quando la pioggia era già cessata e il giorno volgeva al declino, ho visto l'accenno appena abbozzato d'un enorme arcobaleno, iridescente, sbavato, incompleto, che disegnava un arco di vaste proporzioni (che nella sua interezza si poteva solo intuire) e questo è stato sicuramente un segno, non so di cosa, ma tale l’ho percepito
Ho tentato di fare degli scatti, poiché ho avuto la sensazione che nessuno se ne accorgesse di una simile meraviglia
Il mondo procedeva ignaro
E ho dormito ancora
E qui ho sognato che salvavo un piccolo (d’età e di dimensioni) cucciolo di cane, delizioso, vivacissimo, con un manto tricolore, a chiazze, che lo faceva allegro e sbarazzino e un musetto tirabaci
Era di una vivacità incredibile: se ne stava abbandonato al margine della strada, trafficata e piena di auto e moto, e correva avanti e indietro, esplorava olfattivamente con il tartufo umido, cercava, poi di nuovo scattava in brevi corse, alzava la testa, come ad ascoltare intento qualche suono lontano (solo a lui udibile) o ad annusare l’aria
Lo vedevo anche sconfortato, da solo, e si capiva chiaramente che non aveva dove andare e che non sapeva nemmeno come regolarsi
Cercavo di acciuffarlo, ma non era cosa facile perché ad ogni tentativo scattava via in corse disordinate, frenetiche e traballanti sulle sue gambette ancora non ben solide
Avevo paura che nella follia del gioco schizzasse via per di fiato e che finisse travolto da un’auto in corsa
Poi, alla fine, ci riuscivo a prenderlo: era trafelato per via delle corse a perdifiato che aveva fatto, tremante per l’eccitazione, ansimante, con la lingua di fuori, il petto che si muoveva come un mantice per far prendere aria a quei piccoli polmoni
Già mi guardava in adorazione e sentivo che il patto era già stretto
Lo mettevo dentro l’auto e lo lasciavo lì per qualche istante, perché avevo qualcosa da fare
Poi tornavo, dopo poco, e già attorno all’auto c’era radunata una piccola folla di gente curiosa che già pensava che quel cucciolotto fosse stato abbandonato ed io atrocemente crudele verso la creatura indifesa
Mettevo a posto tutto, rassicuravo tutti gli astanti in un solo istante,
Salivo a bordo, mettevo in moto e me ne andavo tutti quei buoni samaritani mormorianti
Sì, adesso ricordo che a bordo c’era anche l’altro mio cane, quello grande e grosso
E adesso son di nuovo due!
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.