La ragazza interrotta (Girl, Interrupted) di Susanna Kaysen, pubblicato originariamente da Corbaccio nel 1994 (e successivamente ripreso, in economica, da TEA con diverse ristampe e riedizioni) è un libro in forma di diario del 1993, scritto dall'autrice statunitense Susanna Kaysen.
Nelle sue pagine l'autrice racconta della sua esperienza come paziente in una clinica psichiatrica negli anni Sessanta.
Nel 1999 dal libro è stato tratto un film, Ragazze interrotte (Girl, Interrupted) diretto da James Mangold, con Winona Ryder e Angelina Jolie, con una trama in parte simile e in parte divergente rispetto al libro.
Nell'aprile 1967, la diciottenne Susanna Kaysen, rampolla di una famiglia bostoniana molto in vista, fu ricoverata al McLean Hospital, a Belmont, nel Massachusetts, dopo aver tentato il suicidio per overdose da farmaci in pillole. Visitata da uno psichiatra, Susanna negò che si fosse trattato d’un tentativo di suicidio
Lo psichiatra, che la visitava le suggerì di prendersi del tempo per riorganizzarsi e su di un taxi la “spedì” (con il previo consenso dei genitori) al McLean, un ospedale psichiatrico privato, ma senza chiederle previentivamente quello che oggi i chiamerebbe un "consenso informato".
Fu, di fatto, la sua famiglia - con la connivenza dello psichiatra "curante" - di decidere in tal senso, poichè Susanna con i suoi comportamenti fuori dalle righe e tendenzialmente auto-lesivi creava imbarazzo alla sua famiglia.
“Le nostre famiglie. Secondo la teoria più diffusa era quella la ragione per cui ci trovavamo lì dentro, eppure erano completamente assenti dalla nostra vita in ospedale. Ci chiedevamo: eravamo anche noi altrettanto assenti dalla loro vita lì fuori?
“I matti sono un po’ come i calciatori scelti per battere il rigore. Spesso è pazza l’intera famiglia, ma poiché non può entrare tutto in ospedale, si sceglie una sola persona come pazza e la si interna. Poi, a seconda di come si sentono gli altri componenti, la si tiene dentro o la si risbatte fuori, per dimostrare qualcosa sulla salute mentale della famiglia stessa” (ib., p. 94)
Vi è in questo ragionamento, detto molto in sintesi, sia la teoria del “capro espiatorio” nell’espressione del disturbo mentale, visto secondo un’ottica sistemica, sia quella del “paziente designato“.
A Susanna, entrata in clinica con una diagnosi di Sindrome depressiva con rischio suicidario venne successivamente diagnosticato un disturbo borderline di personalità (declinazione diagnostica vaga ed incerta) e la sua degenza in ospedale venne estesa a 18 mesi, invece delle due settimane proposte.
Solo molto dopo la sua "liberazione" Susanna poter leggere le carte relative al suo ricovero, ottenute per intercessione di un avvocato.
La diagnosi alla dimissione fu di “Personalità Borderline” che può significare tutto e niente. E lei la nostra protagonista la confuta descrittivamente punto per punto.
“Ad ogni modo, che significa personalità borderline? Pare che sia una via di mezzo tra la necrosi e la psicosi: una psiche incrinata ma non sregolata. Anche se per citare il mio psichiatra post-Melvin: ‘É la maniera per indicare le persone il cui stile di vita dà fastidio’” (Ib., p. 143)
Susanna riflette, in alcune delle sue pagine, sulla natura della sua malattia, e sulla violenza della psichiatria, suggerendo che la sanità mentale sia una falsità o una mistificazione costruita per aiutare i "sani" a sentirsi "normali" al confronto con la “follia” di alcuni designati a rappresentarla.
Si chiede anche come i medici trattino le malattie mentali e se stiano curando il cervello o la mente.
La salute mentale riconquistata di Susanna e l'incertezza che sarà veramente "guarita" quando sarà ufficialmente rilasciata dalla clinica in cui è stata ricoverata o anche il lecito interrogativo se fosse veramente "malata" nel momento del suo internamento sono tutti elementi che fanno luce sulla relatività con cui va guardata ogni malattia mentale.
Gli individui che esprimono le proprie emozioni in modo insolito sono ostracizzati dalla società quando, in realtà, come esseri umani siamo tutti candidati a stare nello spettro della follia se soltanto venissimo analizzati rigorosamente da un professionista che esercita la sua arte di diagnosticare, solo facendo riferimento a rigidi schemi pre-costituiti.
Essere "pazza" era per l’autrice la risposta naturale agli eventi stressanti della sua vita in un momento di particolare vulnerabilità, dedicato alla guarigione della sua bambina interiore.
La diagnosi e il conseguente ricovero l’hanno fatta sentire come una “ragazza interrotta”.
Il titolo dell'opera deriva dal quadro di Vermeer, Concerto interrotto (Girl Interrupted at her Music), cui Susanna è particolarmente legata perché con la ragazza musicante che viene interrotta durante la lezione di musica, sente una profonda affinità, un sentire che si attiva in lei, quando scopre per la prima volta questo dipinto al Frick Museum dove l’opera è custodita.
“Interrotta mentre suona: com’era stata la mia vita, interrotta nella musica dei miei diciassette anni, com’era stata la sua vita, strappata e fissata su tela: un momento reso immobile, per tutti gli altri momenti, qualsiasi cosa fossero o avrebbero potuto essere. Quale vita può guarirne?” (Ib., p. 159)
“La ragazza che suona posa in un altro genere di luce, l’intermittente, minacciosa luce della vita, che ci fa vedere noi stessi e gli altri solo in modo imperfetto, è assai di rado.“ (Ib., p. 160)
(Quarta di copertina) A diciotto anni Susanna Kaysen, dopo una sommaria visita di un medico che non aveva mai visto prima, viene spedita in una clinica psichiatrica, nota per i suoi pazienti famosi (Sylvia Plath, James Taylor e Ray Charles, tra gli altri) e per i metodi all'avanguardia. Vi passerà i due anni successivi e la sua storia, raccontata con tono distaccato, a volte comicamente beffardo e sempre autoironico, riesce nell'impresa di trasmetterci il senso di un'esperienza che in genere può essere compresa soltanto da chi l'ha vissuta.
Da questo libro è stato tratto il film Ragazze interrotte con Winona Ryder e Angelina Jolie per la regia di James Mangold.
Hanno detto:
«È facile accedere all'universo parallelo degli insani, ci assicura Susanna Kaysen, e noi le crediamo. Ogni parola conta in questa ricostruzione commovente, coraggiosa e divertente.» - Kirkus Review
«Pungente, onesto e trionfalmente divertente... una storia irresistibile e commovente.» - New York Times Book Review
L’autrice. Susanna Kaysen (Cambridge, 11 novembre 1948) è una scrittrice statunitense, figlia dell'economista Carl Kaysen, professore al MIT che fu primo consigliere del presidente John F. Kennedy.
Ha frequentato il liceo al Commonwealth School a Boston e al Cambridge School of Weston prima di essere ricoverata al McLean Hospital nel 1967, per il trattamento psichiatrico di una presunta depressione (ipotesi motivata dal fatto che alcuni suoi comportamenti autolesivi furono interpretati come tentativi suicidi ari). In clinica apprese di essere affetta da “disturbo borderline di personalità”. Venne dimessa dopo diciannove mesi.
Questa esperienza, che l'ha segnata profondamente, è stata materiale fondamentale per la sua autobiografia, scritta nel 1993, Girl, Interrupted; il libro nel 1999 diventerà il film Ragazze interrotte, con Winona Ryder nel ruolo di Susanna.
È
"A volte l'unico modo per rimanere sani è diventare un pò pazzi" Stati Uniti, 1967: la diciassettenne Susan Kaysen ha gli stessi dubbi e le stesse incertezze di tante sue coetanee. Lo psichiatra con cui si incontra dà a questo comportamento il nome di 'disturbi marginali della personalità' e la spedisce al Claymoore Hospital. Qui Susan conosce Lisa, Daisy, Georgina, Polly e Janet, un gruppo di amiche fuori dagli schemi. Alla fine Susan dovrà scegliere fra il mondo di coloro che vivono all'interno dell'istituto e quello al di fuori. Guidata dall'infermiera Valerie e dalla dottoressa Wick la ragazza decide di lasciarsi alle spalle questo 'universo parallelo' rivendica la propria indipendenza e continua a vivere da sola e alle proprie condizioni.
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