Frida era ultrapaziente e mite
Da Gabriel si faceva fare di tutto
Talvolta, mi sembravano
quasi simbiotici
Frida, tra i cani che sono stati con me,
è stata longeva:
mi ha accompagnato per 16 anni
Me la sono portata appresso
in molti viaggi in auto
in giro per l’Italia
Poi, nel suo ultimo anno di vita,
s’è riempita di acciacchi
Se n’è volata via
e quella luce si è spenta
nei suoi occhi buoni
Cane mitissimo e paziente
era Frida
Mi facevano ridere
quelli che mi chiedevano:
“Ma morde?”
Tenerissima era Frida,
e le mancavano solo le parole
quando mi seguiva con lo sguardo
con quei suoi occhi umidi e scuri
Poi, se sparivo alla sua vista,
si alzava e veniva a vedere
cosa facessi
All’ultimo non si muoveva
quasi più dal suo giaciglio
ed ero io che dovevo andare a vedere
cosa facesse
Ha tratto il suo ultimo respiro
mentre viaggiavamo in auto
alla volta della campagna
Ed è lì che l’ho inumata
Qui, con Gabriel, siamo a Cesaró
il 7 dicembre 2017,
in occasione di una gara podistica
Ho deciso di trascorrere
alcuni giorni
del Natale
in una località montana
andandoci con la bici,
la mia bella bici da corsa
che, per l’occasione,
ho tirato fuori dal box
e ho rimesso a posto
Pedalo e pedalo
La strada si inerpica in mezzo ai monti
Al bordo c’è uno spolvero di neve fresca
L’aria è frizzante
Pedalo e pedalo
Mi sento ancora in forma
malgrado tutto
Ogni tanto tento un’acrobazia
per scansare gli ostacoli
che mi si parano innanzi
Pedalo e pedalo
Arrivo a destinazione
Il luogo è un grande resort montano
affollato di vacanzieri
Fendo la folla vociante
e mi dirigo verso la sala da pranzo,
chiedendomi se non ci siano
degli amici podisti
dei quali so per certo
che avrebbero dovuto alloggiare qui
Le mie ricerche sono infruttuose
Solo in uno mi imbatto
già in tenuta da corsa
che trotterella gagliardo
giù per le scale
Mi annuncia che andrà di corsa
in una lontana località del Sud
per disputare una 120 ore podistica
(Sono Tutti Pazzi Questi Podisti)
Mi chiede se per caso io non voglia
accompagnarlo in bici
e assisterlo sia durante il viaggio
sia in corso di gara
Io dico Ok
e con effetto immediato partiamo
all’avventura
Sono in un gruppo
scolastico o terapeutico,
non so
Si discute di un autore
del quale assieme
in seguito si dovrà leggere un libro
per discuterlo sempre assieme
Faccio vedere ai partecipanti
delle schede
desunte dal web
che mostrano chi fosse quest’autore
e quali siano state le sue opere
I partecipanti del gruppo
non ne sanno nulla
e sono molto interessati,
ascoltano intenti
e la discussione è animata
Arriva nel bel mezzo
la telefonata di un controllore
che ci chiede cosa stiamo facendo
Sono io a rispondere
e, dunque, mi soffermo a spiegare
la rava e la fava di tutto
pur sentendomi infastidito,
poiché la telefonata intrusiva
sta levando slancio al lavoro del gruppo
Ma il Grande Fratello
esige rispetto e priorità assoluta
Non si può derogare
Non ci è concesso
Non si scherza con il grande fratello
Poi, dopo, bisogna svolgere
un’attività esterna
uscendo nel territorio
e portando dei dischi in vinile a 45 giri
da fare ascoltare in giro
(azione educativa?
Terapeutica? Ludica?
Non so…)
Non ho mai fatto una cosa simile
Il mio diretto superiore mi rifornisce
d’una custodia di plastica nera
nuova di zecca
il cui interno è fornito di scomparti
per alloggiare i vinili
senza che si rovinino
Malinconia struggente, tristezza, solitudine Eppure, lontano, un angolo di cielo si sta rischiarando Bisogna attendere
Forse, ritornerà il sereno.
Me lo auguro!
Non mi piace star fermo con questo gelo che mi penetra nelle ossa e mi fa sentire fragile come un cristallo, pronto ad incrinarsi al minimo sussulto
Maurizio Crispi (2 dicembre 2009)
Una traccia pubblicata su Facebook il 2 dicembre 2009, saltata fuori come “ricordo” con l’algoritmo
Mi hanno lasciato solo, al freddo, esposto alla pioggia
Prima, la mia vita era stata una bella festa, vedevo tanti bimbi ciarlieri attorno a me
Non immaginavo che, senza alcun preavviso sarei stato considerato una vita di scarto e gettato via con tanta indifferenza
I miei occhi vuoti non vedono più niente nuovo
Ma ho scoperto il modo di trarre consolazione da questa nuova esistenza che mi rimane - anche se non so per quanto tempo ancora
Guardo il cielo, così alto ed immenso sopra sopra di me, e le nuvole che, a volte, viaggiano come fiocchi cotonosi simili a pecorelle e che, altre volte, si addensano minacciose, incutendomi timore
Guardo il sole nel suo ciclo giornaliero e qualche volta la sua radiosità mi fa male, perchè sono una creatura della penombra.
Guardo la luna benevola e le stelle di cui è tempestata la volta celeste, di notte
E tutto questo mi tiene compagnia
Ora sei arrivato con quella macchinetta fotografica e mi hai salvato: anche se il mio corpo di carta si dissolverà presto, la mia immagine sopravviverà per molto tempo ancora
Grazie, amico sconosciuto, per avermi preso con te!
Un mio piccolo scritto dimenticato del 2 dicembre 2009. E appartiene alla categoria delle 'foto raccontate' o delle "foto parlanti'. La foto da cui scaturisce la piccola storia è un bell'esempio di
Un parcheggio
Una vasta distesa
Per uscire soltanto un piccolo viale stretto tra due file di alberi giganteschi e fronzuti
Quando mi muovo con la mia auto e mi dirigo all’uscita, quando cioè sto per imboccare il vialetto, vedo che sono arrivati i tagliatoti di alberi armati di motoseghe e che, senza indugio, si sono messi all’opera, con rumori stridenti
Già il vialetto è ingombro di grossi pezzi di tronco e ramaglie e sono costretto ad improvvisare una faticosa gimkana per quanto il passaggio si è fatto stretto e tortuoso
Sono adirato e fuori di me per lo scempio che stanno facendo ai poveri alberi
Quando sto per arrivare all’uscita ecco che arriva un’enorme ruspa semovente chiamata per completare lo sradicamento dei ceppi (quindi non si tratta solo di capitozzatura selvaggia, ma di uccisione!)
Io voglio uscire, la ruspa vuole entrare
Siamo muso contro muso a fronteggiarci
Io non intendo recedere
Stiamo fermi per un po’ quasi a misurarci
Poi, alla fine, la ruspa prende a rinculare ed io appresso a lei, con un senso di trionfo
Poi, poco dopo, vorrei andare a parcheggiare l’auto in un cortile interno al quale si accede percorrendo uno stretto budello, poco più che un camminamento fiancheggiato da alte mura
Arriva una tizia con il suo cane a passeggio e sono costretto ad indietreggiare per farle spazio, ma anche per evitare che il mio, già allertato alla vista del botolo, possa agitarsi e farmi in auto un’assordante inferno di sonori abbaii e ringhi sordi
Poi vedo un grosso SUV e, seduto al volante, un mio collega di molto più giovane, il quale si sporge dal finestrino aperto per chiedermi una foto, cosa che io faccio volentieri
Ancora, ancora!, mi dice con giocosità infantile
Ed io scatto e scatto a ripetizione, variando l’inquadratura e zoomando
Ogni tanto controllo nel display e vedo che i risultati sono buoni
Mi rendo conto di avere catturato nelle immagini anche una bambina di pochi anni - di cui non mi ero affatto accorto - pure lei con la piccola testa arruffata aggettante fuori dal finestrino
Mi accorgo che le foto in cui compare la bimba, assieme al papà, sono ancora più belle
Penso che gliele farò avere e che ne sarà contento
Dissolvenza
C’era una volta una poderosa magnolia,
oggi rasa al suolo da uomini stolti
La sentenza è stata pronunciata
L’albero è stato smembrato
senza pietà alcuna
Mi sono rattristato profondamente
e ci sono stato male
tutto il giorno
Ancora devo metabolizzare
il tormento che questa violenza
mi ha dato
È cosa buona e giusta
il taglio di alberi
che danno ombra e vita
e che sono baluardo
al sovrariscaldamento della città?
Questi tagli si consumano
nell’indifferenza generale
Non ci sono difensori civici
che alzino la mano
per rallentare queste frenesie distruttive
La spiaggia è deserta
l'aria fredda e asciutta
vibrante d'un chiarore diffuso
ma la luna - pur al suo massimo - non si vede ancora,
nascosta com’è dietro grandi nuvole
Due randagi vagano
lungo la spiaggia
e poi prendono a rincorrersi tra loro
in modi buffi, gioiosi,
con scarti, repentini cambi di direzione,
moine e rotolamenti e mugolii
vivendo così
momenti di felicità assoluta,
fuori dal tempo
Poco lontano
ombre si stagliano tra le ombre,
voci sommesse ed indistinte
fanno intuire che d'umani si tratta
e non di piante
Le luci dei lampioni tremolano
e il respiro profondo del mare,
carico di iodio e di aria pulita
giunge frizzante,
mescolandosi all’odore resinoso dei pini,
e, sullo sfondo, il fruscio della risacca,
continuo e rotondo
S'avverte nell'aria
un tenue sentore di legna bruciata
E poi soltanto strade vuote
Nelle rade case abitate
le finestre sono serrate
e solo qualche lama di luce
tra le fessure di scuri e serrande
lascia intuire
calore ed intimità domestica, forse
Al culmine del piccolo viaggio notturno
c'è un lungo tunnel buio,
dove i lampioni sono rotti,
e al fondo di questo pozzo insondabile,
i due occhietti rossi baluginanti
d'un auto in fuga,
distanti anni luce,
sembrano ricordare che il mistero della notte
è sempre grande,
e che navigarci dentro
talvolta può essere rigenerante
e condurre ad una nuova nascita
È la ciclicità eterna
del transito dal buio alla luce
C'è un gruppo di persone, uomini e donne che giocano con una palla
Ed io li guardo
Chi sono? Forse si tratta di un gruppo di degenti in una Casa di Cura per disturbi psichici (o una Comunità Terapeutica per pazienti psichiatrici)
Improvvisamente, la palla scompare, smarrita.
La situazione di armonia del gioco si interrompe bruscamente: chi si lamenta, chi piange, chi diventa aggressivo e accusa qualcuno di aver rubato la palla o di averla distrutta
Da una situazione collettiva in cui i diversi individui formavano un'unità attraverso il gioco si passa ad una di frammentazione e di frattura
Intervengono gli addetti: vorrebbero attivare delle pesanti misure repressive, in altri termini curando il sintomo, invece che cercare di rimuovere la causa o di trasformarla in qualche modo, facendola divenirte un elemento propulsivo verso un possibile cambiamento
Io mi sento obbligato ad intervenire
Quello che faccio suona come un intervento pedagogico, ex-cathedra
Lo scenario dunque cambia: adesso è come se fossi in una sala per conferenze
Sono seduto in una delle file di poltrone, peraltro vuote, in una grande sala deserta
Accanto a me, una donna che rimane senza volto, ma da cui mi sento ispirato
Più in alto su di una specie di proscenio sta il relatore che parla a nome di quelli che volevano attivare le misure repressive nei confronti dei giocatori frustrati
Ma, in un rovesciamento della situazione, sono io a parlare, io che sto in basso espongo il mio pensiero al relatore che sta in alto
Espongo le mie teorie con fervore e dico che, nella situazione appena accaduta, si sarebbero potute adottare diverse strategie non repressive, bensì creative
Una avrebbe potuto essere quella di mettersi tutti a discutere della scomparsa della palla, invitando ciascuno dei partecipanti alla discussione a costruire una storia sulla scomparsa della palla e fare in modo che i diversi racconti sulla palla svanita nel nulla rimbalzino dall'uno all'altro: come a dire, continuiamo a giocare a palla, anche se la palla - fisicamente - non c'è più. Lasciamo che la palla diventi un oggetto intangibile che, ciò nondimeno, si muove all'interno del campo di energie psichiche sprigionate da ciascuno.
L'altra, invece, avrebbe potuto essere una soluzione "magica", con un intervento degno di un deus-ex-machina
Mentre i giocatori privati del loro trastullo sono in preda alla frustrazione e alle loro variegate emozioni, facciamo in modo che qualcuno del personale prenda una palla e, da un luogo nascosto, la faccia ripiombare nel bel mezzo del gruppo dei giocatori che immediatamente sarebbero presi da un senso di meraviglia di fronte alla palla caduta dal cieli e, grati di un simile portento, riprenderebbero a giocare come se niente fosse accaduto, ciò nondimeno segnati dall'esperienza di un contatto improvviso con un'entità trascendente che, come ha levato, così restituisce.
A questo punto, il relatore sul podio cerca di frenarmi, ma il flusso del mio eloquio è veramente irrefrenabile.
Ecco: si è affacciato il mio brutto vizio di assumere nel momento meno opportuno un piglio troppo professorale
Eurinome, Dea di tutte le cose, sorse nuda dal Caos, ma non trovò nulla su cui poggiare i piedi, così divise il mare dal cielo e incominciò a danzare sulle onde.
Presa dalla sua danza si diresse verso Sud e per la prima volta sentì il vento turbinare alle sue spalle: decise quindi di iniziare la creazione proprio con il vento.
Si girò all'improvviso e afferrò fra le mani quel Vento del Nord, lo modellò finchè prese la forma di un serpente, il gran serpente Ofione. A quel punto continuò la sua danza frenetica per scaldarsi danzando ad un ritmo sempre più incalzante finchè Ofione, ebbro di desiderio, si accoppiò a lei. E così come fecondatore Vento del Nord, Borea, che solo sfiorando con il suo leggiadro tocco ingravida le giumente, Ofione fecondò Eurinome.
E subito ella si mutò in bianca colomba e danzando sulle acque depose l'Uovo universale.
Poi comandò ad Ofione di avvolgere 7 volte l'uovo con le sue spire ed allora l'Uovo si dischiuse e tutto ciò che esiste uscì da esso: il caldo sole, la candida luna, le stelle brillante ed i pianeti e la terra tutta con i monti incantati, i fiumi sinuosi e le erbe e gli alberi maestosi e i teneri fiori e con essi tutte le creature viventi. Eurinome prese residenza con Ofione sul monte Olimpo, ma Ofione cominciò a vantarsi di essere lui il Creatore di tutte le cose, così Eurinome si vide costretta a punirlo: gli sferrò un gran calcio in viso che gli fece perdere tutti i denti e venne relegato nelle buie caverne sotto la Terra.
Poi Eurinome creò i sette pianeti e i Titani e le Titanesse che governano le loro potenze: al Sole, Tia e Iperione; alla Luna Febe e Atlante; a Marte Dione e Crio; a Mercurio Meti e Ceo; a Giove Temi e Eurimedonte; a Venere Teti e Oceano; a Saturno Rea e Crono. Creò poi Pelasgo, il primo uomo.
Egli emerse dal suolo dell'Arcadia seguito da una schiera di suoi simili a cui insegnò a fabbricare capanne, a nutrirsi di ghiande e a cucirsi tuniche di pelli di maiali.
Eurinome, rappresenta un aspetto della Grande Madre delle origini (dalla Mitologia Greca - Mito Pelasgico ed in questo senso vedasi anche Robert Graves - storico - I miti greci, Longanesi)..
Eurinome Eurinome (a destra) e Teti con Efesto infante ed Oceano in tutta la sua grandezza Nome orig. Εὐρυνόμη Caratteristiche immaginarie Specie Oceanina e titanide Sesso Femmina Professi...
rubrica a cura di Silvana Narducci - Stadi, palla, squadre, folla, tifosi, non sono una prerogativa dei nostri giorni. Nell'antichità, infatti, il gioco già infiammava le folle. Per i Maya, civiltà
All'inizio Eurinome, Dea di Tutte le Cose, emerse nuda dal Caos e non trovò nulla di solido per posarvi i piedi: divise allora il mare dal cielo e intrecciò sola una danza sulle onde. Sempre ...
Alba ad Altavilla (24 novembre 2024) - foto di Maurizio Crispi
Alba, senza nuvole
Il cielo del primo mattino,
pulito e radioso
Un nitore che penetra
dritto nel cuore
come una freccia
portando con sé
la promessa d’un nuovo giorno
Questa notte, nel sogno,
sono stato a lungo con mio fratello
Mi incontravo con lui e con il suo badante
davanti ad un centro di selezione dell’esercito
C’era anche il cagnardo Black con noi
Lo portavo all’interno del compound
e, dopo aver camminato per un po’, entravamo in una struttura
simile ad un enorme bunker,
però a cielo aperto
Dopo aver superato alcune barriere architettoniche
lo collocavo davanti
ad una postazione di puntamento
Qui lui doveva sparare dei colpi
da un arma
dopo aver guardato nel mirino
e seguendo le istruzioni
impartite dal sottufficiale addetto
C’erano delle difficoltà, ovviamente,
ma mio fratello cercava di eseguire
con buona volontà e disposizione
Per lui era tutto nuovo
(del resto anche per me)
Mio fratello era contento,
eccitato positivamente,
ben disposto
Ciò che mi infastidiva
era il tono paternalistico di quel graduato
che quando si rivolgeva a lui o a me
lo chiamava “ragazzo”,
mentre il mio fratello del sogno,
per quanto in carrozzina,
era un uomo fatto e finito
Mio fratello non superava la selezione,
però ci aveva provato
e questo era di certo
un grande passo per lui
Poi, per un po’, da solo,
giravo per quella struttura
a forma di bunker
Girando dall’altro lato
scoprivo che vi era addirittura
una postazione di tiro
per carri armati
Li vedevo in azione
mentre sparavano colpi su colpi
Che paura!
Poi ritornavo
dove avevo lasciato mio fratello
Per raggiungerlo dovevo scendere
al piano di sotto
per mezzo di una stretta scaletta
di legno, precaria e scricchiolante
Intravedevo in fondo il Black
che vedendomi scendere
mi veniva incontro
e mi saltava addosso festosamente
poggiando con le zampe anteriori
sul mio torace,
creando un gran subbuglio
e mettendomi in pericolo
di cascare giù
assieme a tutta quella scala
così incerta ed instabile
(traballante)
Poi ero ancora lì ad aggirarmi
nel compound,
cercando un posto
dove sistemarmi con il sacco a pelo
per passare la notte
Alcune reclute sfaccendate
mi dicevano che di lì a poco
sarebbe arrivato un esperto di sostanze d’abuso
per parlar loro dei rischi derivanti dal loro utilizzo
Mi dicevano anche il suo nome:
io capivo che in passato
ne avevo fatto la conoscenza
e ci avevo anche lavorato insieme
Mi sorprendeva il venire a sapere
che avrebbe dormito
in sacco a pelo,
lì, accanto a me, nel compound,
assieme alle reclute
Pensavo che ciò era
una mossa tipica del personaggio
che, con gesto istrionico e di volpone populista,
metteva in atto
una strategia per potenziare
la sua credibilità oratoria
e per indurre i destinatari
dei suoi messaggi
a pensare che fosse uno di loro Mah! Che mezzucci!
La cosa curiosa ed esaltante
era che al compound,
prima dell’incontro con mio fratello,
io fossi arrivato librandomi
su d'una fantastica sedia volante
Nulla di tecnologico, però,
si badi bene
Si trattava d’una comune sedia in legno
con davanti un vassoio reclinabile,
priva di qualsiasi dispositivo di sicurezza,
tipo cinture o imbracature
Ci si doveva soltanto sedere su
e, quindi, premere un pulsante
dopo di che la sedia andava
per conto suo,
seguendo la sua rotta,
o meglio la mia, in questo caso,
ma non v’era alcun dispositivo di guida,
a parte quel pulsante rosso,
per lo start iniziale
Mi rendevo conto
che spostandomi per la città,
allo scopo di evitare ostacoli vari,
tipo pali della luce, segnaletica verticale,
cavi elettrici aerei
e cartelli pubblicitari e altri veicoli volanti,
occorreva volare più in alto possibile
La sedia, pur in assenza di comandi manuali,
ubbidiva docilmente al mio pensiero
e mi portava in alto
dove l’aria si faceva rarefatta
e gli uomini e le auto in basso
si rimpicciolivano
sino alle dimensioni di soldatini e modellini di plastica
All’improvviso mi rendevo conto
dell’altitudine che mi dava le vertigini
e cominciavo a sudare freddo,
preso dal timore
di poter scivolare giù
non essendo assicurato a nulla
Mi si torcevano le budella
La sedia imperturbata
continuava il suo volo
ed io con lei
Non avendo nient’altro da fare
mi aggrappavo spasmodicamente
a quella ribaltina mobile
di cui era corredata la sedia volante
Mi sentivo decisamente ridicolo,
eppure continuavo a volare
Era un volo perturbante,
ma nello stesso tempo bellissimo
Pur spaventato,
ma ad un tempo affascinato,
pensavo che avrei dovuto far provare
quella sedia magica a mio fratello
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.