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5 aprile 2016 2 05 /04 /aprile /2016 00:14
45 anni. Una riflessione sulla fragilità e le imperfezioni delle relazioni coniugali di lungo corso

(Maurizio Crispi) "45 anni" ("45 Years", film opera prima di Andrew Haigh, Gran Bretagna, 2015) racconta una settimana della vita dal Lunedì al sabato di una coppia attempata (Geoff e Kate Mercer) alla vigilia della festa per il loro 45° anniversario di vita assieme e di matrimonio.
All'inizio di questa settimana che dovrebbe essere di gioia e letizia, una notizia inattesa che Geoff riceve crea una turbativa con delle derive impreviste: il corpo congelato della prima fidanzata del marito (Tom Courtenay) viene ritrovato,ancora intatto, nel ghiaccio. E la notizia non è una cosa da poco poiché riattiva una deriva di memorie persistenti nella mente di Geoff che ritorna nella soffitta (fisicamente, non solo nella soffitta della reminiscenza) a ricercare reliquie di un passato sepolto, ma evidentemente non cancellato.
Kate (Charlotte Rampling) è turbata e anche lei, durante un'assenza di Geoff, sale nella soffitta alla ricerca di tracce e segni,
Il ritrovamento di quel corpo congelato a distanza di tanti anni non può essere liquidato così semplicemente e si impone come una presenza ingombrante che crea delle fratture, rivelando che qualcosa relativo ai sentimenti con quella morte è rimasto congelato e non è stato metabolizzato/elaborato.
Il corpo congelato e conservatosi intatto nel corso di quasi cinquant'anni è, infatti, metafora di un nucleo di sentimenti rimasto del tutto fermo, silente per lunghi anni, ma ancora forte ed intenso.
La storia, ambientata nelle campagne del Norfolk, è una riflessione malinconica sulla imperfezione e sulla fragilità delle relazioni affettive e coniugali di lungo corso, anche di quelle che, apparentemente sono più solidamente fondate.
Una riflessione di portata generale viene offerta agli spettatori, poiché spesso nell'iniziare una nuova relazione, pur essendo in una condizione mentale di "buona fede", si sta fuggendo in realtà da una pregressa delusione, da un fallimento, da un dolore e, quindi, la nuova relazione, pur avendo un valore assoluto resta relegata in una sorta di B-side rispetto a quella pregressa conclusasi, fallita o finita traumaticamente che rimane relegata in un angolo del sé emozionale come oggetto assoluto di incontaminata purezza e quindi sede del sentimento della nostalgia.

45 Years (Locandina)E quella relazione pregressa rimane come il luogo e il tempo della propria età dell'oro che mai più tornerà.
Il più delle volte, con il trascorrere degli anni, ci si dimentica di tutto questo e parrebbe che ogni coa sia in ordine e piena espressione d'un perfetto amore, ma basta poco per risvegliare una memoria sopita e riaccendere la nostalgia del perduto amore.
E se il partner (o la partner) comprende ciò che accade le conseguenze possono essere devastanti, poiché si consolida la consapevolezza di essere vissuti in una condizione di menzogna o di travisamento per tutta la vita. E, per quanto ci si sforzi di padroneggiare razionalmente ciò che sta capitando e ridimensionarlo, si è sovrastati dalle ripercssioni emozionali e da contraccolpi che allontano dal partner sino a creare abissi che difficilmente poranno essere colmati.
Una situazione difficile da metabolizzare e da superare, anche se di fronte alla platea di amici, familiari, conoscenti si cerca di giocare il ruolo della coppia perfetta e amorevole.
Il film di Haigh con grande competenza e delicatezza, attraverso piccole cose, conversazioni minimali, con la mimica e la gestualità sobria eppure incisiva e oltremodo espressiva dei due personaggi principali che tengono banco per gran parte del film, racconta appunto tutto questo, rispondendo al quesito: "Cosa accade se dopo decenni di vita assieme ci si accorge di essere vissuti dentro ad una fondamentale menzogna, in merito alle scelte compiute?".
Si può pur sempre ricominciare daccapo ma non è semplice.
Il film è quasi tutto giocato sul dialogo tra Geoff e Kate, sui loro detti e sui non detti, sulle espressioni del volto e sulla mimica, in una recitazione non roboante, ma fortemente incisiva, sino alla conclusione del film (disperante, ma aperta) che ciascuno degli spettatori può elaborare per conto proprio, immaginando dei finali con delle possibili evoluzioni o involuzioni.

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3 aprile 2016 7 03 /04 /aprile /2016 07:58
Desconocido. Un bel thriller spagnolo, claustrofobico e incalzante

Desconocido (a cui nelle locandine italiane è stato aggiunto il sottotiolo: "La resa dei conti", con un eccessivo zelo che un po' guasta la sorpresa) è un film spagnuolo, realizzato dal regista Dani La Torre nel corso del 2014, con esterni nella galiziana metropoli di La Coruña e girato con un cast di attori interamente spagnuolo.
E' un thriller d'azione che si distingue nel panorama del genere dominato dalla filmografia d'oltreoceano targata USA.
E fa davvero piacere vederlo, poichè riporta in Europa un primato tutto americano.
La storia è soprendente ed incalzante.
Detta in sintesi: Carlos, un funzionario di banca, mentre va al lavoro riceve una telefonata da un utente sconosciuto (Desconocido è la parola che, in tale evenienza, compare nei display dei cellulari impostati in lingua spagnuola) che gli rende noto che sono piazzate degli orfigni esplosivi sotto i sedili dell'auto, settate in modo da esplodere appena coloro che vi sono sedti sopra si debbano alzare. Sfortuna vuole che in auto assieme all'uomo vi siano i due figli.
Comincia una frenetica trattativa, mentre l'auto cammina di continuo o a volte si ferma per una pausa. Il dialogo è ininterretto, con la voce sconosciuta, come pure il controllo visivo.
Gli ordigni possono essere innescati anche con un telecomando, quindi la minaccia è ancora più cogente.
Cosa vuole il sequestratore a distanza? Sembra che voglia dei soldi, tanti. Ma nel modo in cui li vuole traspare anche che debbano esserci dei motivi personali contro il funzionario.
Ma cosa? Non si può sapere e non si può dire per non levare agli spettatori il piacere.
Ci sono una serie di sviluppi che tengono lo spettatore cn il fiato sospeso fino alla conclusione non tanto scontata, perchè si tinge anche di una riflessione sociale sulle cattive pratiche degli istituti di credito.

Desconocido - La resa dei Conti (Dani La Torre, Spagna, 2015)Un recensore ha detto ironicamente: "Adesso aspettiamo che gli americani facciano il loro remake". Si sa gli americani non possono veramente apprezzare unfilm se non fanno una copia a loro modo, con un'ambientazione USA e con attori di grido americani.
Peraltro, la cinematografia USA aveva già prodotto in passato un claustrofobico thriller, tutto ambientato all'interno di una cabina telefonica di New York, Manhattan, in cui l'uomo che si accinge a fare una telefonata riceve una chiamata inattesa in cui una voce "sconosciuta" lo informa che è tenuto sotto tiro a distanza ed è pronto a sparargli alla prima mossa incauta. Anche lì comincia un'estenuante contrattazione, mentre i poliziotti alla fine intervenuti sul campo cercano di localizzare il nido dove si nasconde il misterioso cecchino. Sfibrante, anche perchè si svolge in una sostanziale unità di tempo e di azione, come accade del resto - fatte salve brevi interpunzioni, in cui il campo si allarga -  nel film di Dani La Torre in cui la macchina da presa riprende quasi esclusivamente l'interno dell'auto e i volti di Carlos e dei suoi bambini che sono imprigionati al suo interno.
In El Desconocido, grande interpretazione da parte dei diversi attori, compresi i due ragazzi che impersonano i figli di Carlos.
Tuttavia, un po' ha guastato la scelta di dare a Carlos (il funzionario di banca, interpretato da Luis Tosar) la voce del doppiatore di George Clooney e, ciò unitamente ad una vaga somiglianza fisica tra i due, porta a far s+ì che lo spettatore abbia l'impressione di vedere e di sentire un George Clooney, non facendo giustizia all'attore implicato.
Avremmo voluto sentire la sua voce originale, proprio per evitare questo tipo di contaminazione percettiva: ma questa è una generica considerazione che si estende, ovviamente, a tutto il dispositivo del doppiaggio di cui gli Italiani sono maestri, pur levando purezza e intelleggibilità alle interpretazioni originali.

 

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30 marzo 2016 3 30 /03 /marzo /2016 22:16
Truth. Il Prezzo della verità. Un bel film sull'impegno civile del giornalismo d'inchiesta USA

Nel 2005 Dan Rather, celebre anchorman del network televisivo americano CBS, rassegnò le sue dimissioni in seguito alla controversia esplosa dopo la messa in onda di un servizio che metteva in discussione l'appartenenza dell'allora presidente George W. Bush alla Guardia Nazionale Aerea durante la guerra nel Vietnam (o meglio di una sua accettazione nei suoi ranghi senza uno specifico addestramento e senza effettive ore di volo, con una partecipazione spregidicata, poichè spesso alle esercitazioni risultò essere presente senza di fatto esserci).
Responsabile d quell'inchiesta fu Mary Mapes, una agguerrita e seria produttrice televisiva che, per il programma giornalistico "60 Minutes", aveva realizzato molti storici scoop con grande intuito giornalistico.

LocandinaMapes ha poi raccontato e pubblicato (2005) la storia di quella controversia in un memoriale (Truth and Duty: The Press, the President, and the Privilege of Power) che è la base su cui James Vanderbilt, sceneggiatore dei primi due capitoli della saga di The Amazing Spiderman qui alla sua prima regia, ha strutturato il copione di Truth - Il prezzo della verità, solido e coinvolgente dramma nella tradizione americana del cinema hollywoodiano che esplora i rapporti tra politica e giornalismo e la sfida - non sempre vincente - tra libertà di informazione e solida mission nella ricerca della verità da un lato e omertà del Potere, dall'altro.
L'inchesta venne poi affossata, utilizzando dei cavilli sulla legittimità delle fonti utilizzate e tutto finì davanti ad una commissione d'inchiesta che mise in discussione la moralità e la correttezza di Mary Mapes, responsabile di non avere aderito al codice deontologico, divulgando notizie non certe che mettevano in forse l'integrità del Presidente degli Stati Uniti. in carica.
Quello del film è un finale amaro nel quale, tuttavia, viene fatta salva la dignità delle persone coinvolte, mentre venne comunque inferto un colpo alla credibilità di George Bush Jr.
Presentato all'ultima Festa del Cinema di Roma e interpretato magnificamente da Cate Blanchett (Mary Mapes) e Robert Redford (Dan Rather), Truth - Il prezzo della verità - di cui si vede sotto il trailer ufficiale è stato in programmazione nelle sale italiane dal 17 marzo.

The Killian's documents controversy (anche conosciuta come Memogate o Rathergate). Mary Mapes produced a segment for 60 Minutes Wednesday that aired criticism of President George W. Bush's military service, supported by documents purportedly from the files of Bush's commanding officer, the late Lieutenant Colonel Jerry B Killian. Those documents had been delivered to CBS from Bill Burkett, who was a retired Lt. Colonel with the Texas Army National Guard. During the segment, Dan Rather asserted that the documents had been authenticated by document experts, but ultimately, CBS could neither confirm nor definitively refute their authenticity. Moreover, CBS did not have any original documents, only faxed copies, as Burkett claimed to have burned the originals.
Locandina TruthThe 60 Minutes report charged that Bush, the son of an ambassador, congressman and future president, had received preferential treatment in passing over hundreds of applicants to enlist in the Texas Air National Guard in order to avoid being drafted and sent to fight in Vietnam after he had graduated from Yale in 1968. Then-Texas Lieutenant Governor Ben Barnes said he had made phone calls to get Bush into the Guard, as he claimed to have done for the children of several other influential Texans.
After the report was aired, it was immediately the subject of harsh criticism, especially when a key document was reportedly proven to be a forgery. As a result of the controversy over the use of the documents, CBS ordered an independent internal investigation. The panel in charge of investigation was composed of Dick Thornburgh, former governor of Pennsylvania and United States Attorney General, and Louis Boccardi, retired president and CEO of the Associated Press. The Thornburgh-Boccardi report said that some of Bush's former instructors or colleagues had told Mapes that Bush told them he wanted to go to Vietnam, but that he could not go because there were others ahead of him with more seniority. Mapes was criticized for failing to air them in the 60 Minutes report to balance the allegation that Bush had enlisted in the Guard to avoid serving in Vietnam. Mapes was also faulted for calling Joe Lockhart, a senior official in the John Kerry campaign, prior to the airing of the piece, and offering to put her source, Bill Burkett, in touch with him. However, Mapes stated that Burkett had asked her to give his phone number to someone in the Kerry camp to discuss the Swift Boat campaign, for which she had asked permission. She has said, in retrospect, she would not have done it. Lockhart and Burkett also stated that the conversation had nothing to do with CBS's report or the documents, but to do with the Swift Boat campaign.
Following the investigation, Mapes and others involved were accused of lapses in judgement and were fired. Although the panel did not determine the memos were fraudulent, it stated "there remains substantial questions" regarding their authenticity. According to the panel, a "myopic zeal" to be the first news outlet to broadcast an unprecedented story about the president's National Guard service was a "...key factor in explaining why CBS News had produced a story that was neither fair nor accurate and did not meet the organization's internal standards". The panel proclaimed that at least four factors contributed to the decision to broadcast the report: "The combination of a new 60 Minutes Wednesday management team, great deference given to a highly respected producer and the network's news anchor, competitive pressures, and a zealous belief in the truth of the segment".
The panel also stated that it "...cannot conclude that a political agenda at 60 Minutes Wednesday drove either the timing of the airing of the segment or its content". Mapes was terminated by CBS in January 2005. Also asked to resign were Senior Vice President Betsy West, who supervised CBS News primetime programs; 60 Minutes Wednesday Executive Producer Josh Howard; and Howard’s deputy, Senior Broadcast Producer Mary Murphy.

 

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9 marzo 2016 3 09 /03 /marzo /2016 22:02
Il Caso Spotlight. Un film coraggioso e rivelatore che racconta l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili e sulle strategie di occultamento da parte del sistema

Nel 2001, la squadra giornalistica "Spotlight" del Boston Globe, guidata dal neo-direttore Marty Baron, iniziò una clamorosa indagine che svelò, con una solida base documentaria e testimoniale, gli abusi sessuali perpetrati da oltre 70 sacerdoti dell'Arcidiocesi di Boston ai danni di minori; abusi che poi erano stati insabbiati dall'autorità ecclesiastica.
Consapevoli dei rischi cui andavano incontro, mettendosi contro un’istituzione come la Chiesa cattolica, Marty Baron e Ben Bradlee Jr., più i quattro membri della squadra investigativa del giornale Walter Robinson, Mike Rezendes, Sacha Pfeiffer e Matt Carroll, proseguirono con determinazione nel loro sforzo portare la verità alla luce: la verità su una vicenda che per anni - colpevolmente e quasi con atteggiamenti di connivenza, era stata ignorata dalle autorità e dai media.

Il Caso Spotlight. Un film coraggioso e rivelatore che racconta l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili e sulle strategie di occultamento da parte del sistema
Il Caso Spotlight. Un film coraggioso e rivelatore che racconta l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili e sulle strategie di occultamento da parte del sistema
Il Caso Spotlight. Un film coraggioso e rivelatore che racconta l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili e sulle strategie di occultamento da parte del sistema

(Maurizio CrispiIl caso Spotlight (film del 2015 di Tom McCarthy, plurimetriato e vincitore del Premio Oscar 2015) racconta la storia del team di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominato Spotlight, che nel 2002 sconvolse la città con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un’inchiesta premiata col Premio Pulitzer.

In maniera del tutto casuale, mi sono ritrovato a leggere il volume di Carmelo Abbate, "Sex and the Vatican. Viaggio segreto nel regno dei casti" (Piemme, 2012), scaturito da un'inchiesta giornalistica pubblicata su Panorama alcuni anni prima, e ad andare a vedere il coraggioso film di Tom McCarthy, altro sublime esempio di cinematografia sul coraggioso giornalismo d'inchiesta d'oltreoceano.
Entrambi, libro e film, puntano il dito contro le ipocrisie della Chiesa di Roma nel voler mantenere un velo d'omertà contro questi fatti, con tagli tuttavia diversi.
Il volume di Abbate esplora, in modo documentato, il mondo della multiforme e sfaccettata sessualità dei preti e dibatte sull'incongruità del voto di celibato.
Il film di McCarthy, invece, si sofferma su di un caso di corruzione di "sistema", in cui l'azione prevalente da parte di preti deviati era stata quella di molestie e di attività sessuali intercorse con minori, casi di pedofilia dunque, perpetrati da soggetti con caratteristiche di "predatore" seriale nei confronti di minori provenienti da famiglie che, "deboli" sotto il profilo sociale e sotto quello del reddito, quindi vulnerabili, furono successivamente sottoposte - proprio facendo leva sulla loro "debolezza" a delle forme di copertura tramite accordi privati con l'obbligo del  secreto, da parte di tutte le parti in causa.
I giornalisti della team Spotlight del Boston Globe, superando non pochi ostacoli e molte e invivibili e sovrastanti barriere di silenzio omertoso riuscirono a fondare solidamente la loro inchiesta su 70 casi documentati e certi. A seguito della pubblicazione della prima inchiesta e di oltre 600 articoli sul tema nel corso dell'anno successivo, vennero alla luce oltre 1000 casi "provati" i cui scenari si estesero rapidamente a tutto il territorio degli Stati Uniti e in altre nazioni.
Quello che si verificò fu un vero e proprio terremoto a seguito del quale il prelato a capo dell'Arcidiocesi di Boston fu costretto a rassegnare le dimissioni, salvo poi ad essere trasferito a Roma dove continuò ad esercitare il sacerdozio con qualche carica all'interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, in applicazione della strategia dei vertici della Chiesa di Roma, di fronte a simili casi, di coprire e trasferire in altre sedi, ma mai sanzionare oppure sospendere dalle funzioni sacerdotali.
Si tratta di un film di impegno civile, come anche è coraggioso e sconvolgente il volume di Carmine Abbate, il quale riscontra che, a differenza di quanto accade in altre nazioni europee e del mondo, in Italia il tema della sessualità dei preti non è dibattuto ed avvolto da un velo di omertoso silenzio.
Mai accoppiamento di lettura e film è stato più azzeccato.

Carmelo Abate, Sex and the Vatican, Piemme, 2012(dal risguardo di copertina del volume di Carmelo Abbate) Parte dal racconto di una festa molto speciale, e da un'inchiesta che ha attirato l'attenzione dei media di tutto il mondo - da Newsweek al Washington Post, dalla Cbs al Guardian, dalla Bbc France2, da El Mundo alla Pravda, fino alla TV iraniana -, questo viaggio nel sesso dei preti. Un'impeccabile indagine da under cover reporter che ha avuto enorme eco e ha provocato la reazione del Vaticano, che in una nota ufficiale del Vicariato di Roma ha invitato i preti coinvolti a "uscire allo scoperto". Proprio in quei giorni caldi, Carmelo Abbate continuava il suo lavoro da "infiltrato" sotto copertura, un lavoro che si è protratto per diversi mesi e che dalla Città Eterna si è allargato ad altre città italiane, da Venezia a Palermo, e quindi oltre confine. Il risultato è un reportage ricco di rivelazioni, dialoghi serrati, incontri segreti, testimonianze, a volte dolenti a volte sconcertanti, per un percorso che prende il via dai dintorni del Vaticano e si dipana un po' ovunque, tra vizi privati e pubbliche virtù. Sacerdoti di ogni nazionalità che si dividono tra le stanze di via della Conciliazione e la movida della Roma by night. Esperienze di escort e chat. Seminaristi e suore che vivono di nascosto la propria sessualità, sia etero che omosessuale. Il problema dei figli dei sacerdoti e delle loro madri, che hanno inviato a papa Benedetto XVI un documento segreto per raccontare la loro difficile condizione. Sacerdoti che testimoniano il loro disagio...

Il Caso Spotlight. Un film coraggioso e rivelatore che racconta l'inchiesta del Boston Globe sui preti pedofili e sulle strategie di occultamento da parte del sistema

Sono profondamente addolorato per i peccati e i gravi crimini commessi da membri del clero e umilmente chiedo perdono. Il coraggio che voi e altri avete dimostrato facendo emergere la verità è stato un servizio di amore, che ha fatto luce su una terribile oscurità nella vita della Chiesa

Papa Francesco

Tradimento. L'inchiesta e i documenti che svelano il più grande scandalo all'interno della Chiesa (The Boston Globe Staff, Piemme, Collana di Saggistica), é il volume che contiene tutte le rivelazioni dell'indagine (con il supporto di molti dei documenti originali) e che ha ispirato il film Spotlight.
Il volume contenente i risultati della coraggiosa inchiesta è stato insignito con il Premio Pulitzer.
(dal risguardo di copertina) Porsi continuamente interrogativi e non smettere mai di cercare le risposte: è il credo dei giornalisti di Spotlight, lo staff investigativo del quotidiano Boston Globe. Così, incappando nelle vicende di un solo sacerdote, accusato per molestie e violenze da centinaia di vittime, non si sono limitati a raccontare la storia di una “mela marcia”. Hanno proseguito a fare e farsi tutte le domande, per giungere alla più scomoda: fino a che punto la Chiesa era al corrente? L’indagine ha alla fine disvelato il più grande scandalo di pedofilia nella Chiesa cattolica e costretto alle dimissioni il potente arcivescovo di Boston, Bernard Law. È emerso che il caso di quel prete non era che la punta dell’iceberg di un sistema di omertà e violenze. Che i vertici della Chiesa americana erano al corrente dei crimini di quello e di altri sacerdoti e non solo si erano limitati a spostare di parrocchia in parrocchia i responsabili, accompagnandoli con parole di riconoscenza e di referenze, ma avevano anche comprato il silenzio delle vittime per evitare lo scandalo, usando la propria influenza in ogni direzione.
Per oltre trent’anni. I giornalisti di Spotlight non si sono arresi di fronte all’omertà, alle minacce legali, alla connivenza di istituzioni compiacenti che hanno messo sotto sigillo documentazioni importanti.
Sapevano che se l’opinione pubblica non fosse stata informata, altre “mele marce” avrebbero continuato ad approfittare della fiducia dei fedeli. Per la portata delle sue rivelazioni, che hanno coinvolto non solo gli Stati Uniti ma anche l’America Latina, l’Africa e l’Europa, per giungere fino a Roma, toccando decine di città e 102 diocesi in tutto il mondo, non si vedeva un’inchiesta cosi inappuntabile, documentata e clamorosa dai tempi del Watergate.
E nonostante il risultato, e il Premio Pulitzer vinto, lo staff di Spotlight non smette di porre domande scomode, perché il lavoro non è mai finito.

 

 

Il Team Spotlight. La squadra di giornalisti del Boston Globe che ha contribuito all’inchiesta sullo scandalo della pedofilia è composta da: Matt Carroll, Kevin Cullen, Thomas Farragher, Stephen Kurkjian, Michael Paulson, Sacha Pfeiffer, Michael Rezendes e Walter V. Robinson, responsabile dello Spotlight Team.
Questa inchiesta, che ha ispirato il film Il caso Spotlight, è stata insignita del Premio Pulitzer.

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5 gennaio 2016 2 05 /01 /gennaio /2016 00:18
Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio
Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio

(Maurizio Crispi) "Il piccolo principe" è un film d'animazione del 2015 diretto da Mark Osborne. La pellicola è l'adattamento cinematografico del celebre omonimo romanzo scritto da Antoine de Saint-Exupéry nel 1943.
La pellicola è stata presentata fuori concorso al Festival di Cannes 2015, il 22 maggio.
Alcuni, nelle diverse critiche che è possibile leggere, hanno detto che il film è molto poco "essenziale" rispetto al testo originario: in effetti, è costituito da due storie sovrapposte, anzi tre, di cui una è il testo originario i Saint-Exupery, mentre le altre due sono state inventate ex-novo nella creazione dello script.Solo alla fine la storia originaria de "Il Piccolo Principe" e quella che le fa da frame confluiscono in una nuova storia con degli sviluppi inediti che non tradiscono lo spirito della fiaba originaria, ma forse la potenziano
Il film "Il Piccolo Principe" con la sua morale vorrebbero porsi come antidoto a un mondo futuro fatto di sovraffollamento, di controllo simil-orwelliano di tutto ciò che concerne l'espressione di tutti i sentimenti connessi alla ludicità (un mondo anti-homo ludens) e di adultità esclusivamente produttive e senza alcuna fantasia.
Guardandolo, non si ha la sensazione che il testo di Saint-Exupery sia stato tradito: le immagini che illustrano la sua storia originari sono peraltro splendide e rispecchiano i bei disegni policromi che hanno reso in tutto il libro, con il suo mix indissolubile di parola scritta e di disegni.
E' ovvio che la realizzazione del film è stata resa possibile dalla decadenza del copyright, tante che nel 2014 c'è stato un vero e proprio diluvio di riedizioni per tutti i gusti e con tutti i possibili format della famosa storia.
Costruire la storia del Piccolo Principe dentro un frame più vasto che la connettesse lla modernità è stata - a mio avviso - un'esigenza di rappresentazione: quella di rendere meno crudo e triste il finale della storia del Piccolo Principe che, così come è stato concepito dall'Autore, può strappare molte torrenziali lacrime, soprattutto a chi si trova nel clima emozionale adatto, e naturalmente ciò può accadere nelle scene-cartolina della domsticazione della volpe, dell'incontro bifasico con il serpente misericordioso e del rapporto di amicizia e di dedizione con quell'unica rosa.
Viene così reso più esplicito, adattandolo alla modernità, il messaggio morale del Piccolo Principe e del suo amico pilota, sperduto nel deserto: ma - ovviamente - strizzando nello stesso tempo l'occhio in modo benevolmente ruffianesco alle esigenze del botteghino.

La trama. Prodigy ha una madre in carriera che le ha organizzato la vita fino all'ultimo secondo con il solo scopo di entrare in una prestigiosa facoltà. Durante l'estate però la ragazzina si distrae dal programma imposto grazie al vicino di casa, un vecchio e strampalato ex-aviatore che inizia a raccontarle la storia di un ragazzino chiamato "piccolo principe" che avrebbe incontrato anni prima in pieno deserto dopo che il suo aereo cadde. L'aviatore però non ha la possibilità di raccontare la fine della sua storia in quanto rimane vittima di un incidente ma Prodigy, di nascosto dalla madre, si reca in ospedale a visitarlo per rimanere poi delusa a causa del triste finale in cui il ragazzino si sacrifica per poter rivedere la sua amata rosa che lo attende sull'asteroide che egli ha lasciato. 
Le condizioni dell'aviatore non migliorano e anche la ragazzina è preoccupata tanto che sale sul suo aereo con il pupazzo della volpe per intraprendere un fantastico viaggio che le consente di raggiungere un mondo dove vivono solo adulti superindaffarati tra cui anche il piccolo principe che, divenuto grande, ha ormai scordato il suo passato.
L'uomo la porta nell'accademia dove la ragazzina dovrebbe crescere e quindi lavorare ma all'improvviso riaffiorano i ricordi e si ribella permettendo alle stelle di tornare a brillare nel cielo. I due tornano nell'asteroide ormai invaso dalla crescita selvaggia dei tre baobab per avere la conferma che l'amata rosa è morta, ma la sua immagine compare all'alba e il principe torna bambino.
La ragazzina torna a casa e il mattino seguente, accompagnata dalla madre, fa visita all'aviatore, portandogli il suo racconto ormai concluso. Anche con la madre Prodigy potrà avere un nuovo e migliore rapporto.

Il sito ufficiale: http://ilpiccoloprincipe-ilfilm.it/#/page1

Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio
Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio
Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio
Il Piccolo Principe. La rivisitazione della bella favola di Saint-Exupéry: in realtà due film in uno, con un finale consolatorio
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10 dicembre 2015 4 10 /12 /dicembre /2015 10:24
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film

E’ sempre in piena fioritura la produzione di "apocrifi" holmesiani.
In alcuni casi, il nuovo apocrifo a comparire nella scena editoriale si discosta dal “canone” e viene collocato in periodi della vita di Sherlock Holmes che non sono coperti dagli oltre 60 racconti e dai 4 romanzi di Conan Doyle. Altre volte si tratta di storie che si discostano del tutto dal "canone" in cui il personaggio "Sherlock Holmes" viene reinventato, includendo nella storia elementi caratteriali e di personalità che sono sono quelli fissati dalla tradizione costruita attorno al nucleo di racconti di Sir Arthur Conan Doyle.
Appartiene indubbiamente a questa seconda categoria il romanzo di recente pubblicazione per i tipi diNeri Pozza, scritto da Mitch Cullin, Mr Holmes. Il Mistero del Caso Irrisolto (titolo originale "A Slight Trick of the Mind", Collana “I Neri”, 2015) nel quale viene presentato uno Sherlock Holmes ormai anziano (novantatreenne), nel pieno quindi della II Guerra Mondiale che, da tempo, si è ritirato a vivere - come Cincinnato il quale, deposti i panni di temporaneo dittatore e risolutore di problemi della Roma repubblicana, tornò a vivere nella pace agreste - in un cottage nella quieta campagna inglese, divenendo apicultore.
E' un po' svanito: a tratti la lucidità mentale lo abbandona e si intravedono dunque i segni di un incipiente senilità per quanto tardiva, ma nello stesso tempo è arricchito da un inusitato bagaglio di saggezza e di capacità empatiche.
Nella pace agreste e avendo come interlocutore il figlio della sua governante, dalla mente agile e acuta, nelle ore di pausa dal lavoro manuale, riprende ad interessarsi di un caso rimasrto insoluto, ai tempi delle sue indagini.
E, a un certo punto, mette mano alla penna e comincia a scrivere la memoria di questo mistero: divenendo in ciò, in una sorta di capovolgimento di ruolo, il suo Watson, da anni uscito di scena, a causa di una morte prematura.

Mitch Cullin, Mr Holmes e il Caso del Mistero Irrisolto, Neri Pozza, 2015(Dal risguardo di copertina) Sono trascorsi quarantaquattro anni da quando Sherlock Holmes ha abbandonato il suo appartamento in Baker Street e si è trasferito in un cottage sul versante meridionale delle colline del Sussex. Aveva quarantanove anni allora, e il trambusto delle strade di Londra, così come gli intricati pantani architettati dalle menti criminali, all’improvviso non lo attirarono più. Ora è un novantreenne con i capelli candidi, folti e lunghi e la pelle che sembra un velo sottile di carta di riso sopra un fragile scheletro. A volte si fruga in tasca alla ricerca di un sigaro o di un cerino introvabile; a volte dimentica volti e fatti, visti e accaduti giusto qualche istante prima. A dispetto, però, di questi imperscrutabili cedimenti della memoria, è ancora agile di corpo e di mente e il suo sguardo conserva una luce che gli anni non hanno smorzato. 
La vita nel Sussex va, dunque, oltre il semplice appagamento. 
Holmes trascorre la maggior parte delle sue ore di veglia nella serena solitudine del suo studio oppure tra le creature che costituiscono l’oggetto delle sue cure da quarantaquattro anni a questa parte: le api. 
Roger, il figlio sveglio di Mrs Munro, la governante di casa, lo aiuta agli alveari. E sebbene non apprezzi molto la compagnia dei bambini, Holmes non può negare che quel ragazzo, così appassionato nell’apprendere i fondamenti dell’apicultura e così entusiasta del regalo delle api giapponesi da lui portate dal faticoso viaggio nel paese del Sol Levante, susciti in lui autentiche emozioni paterne. 
Un detective è però un detective, soprattutto se reca il leggendario nome di Sherlock Holmes. 
Accade così che, nel chiuso del suo studio, Holmes prenda i panni di Watson, il braccio destro scomparso da un po’, e ricostruisca per iscritto una vicenda accaduta tempo addietro: il bizzarro e irrisolto caso di una giovane donna che, dopo aver appreso a suonare un’armonica a vetro – uno strumento i cui toni acuti e penetranti avevano per molti poteri diabolici o divini, a seconda dei punti di vista –, va incontro a un tragico destino. 
Mr Holmes è un libro brillante sulla vita, sull’amore e sugli scherzi che la memoria può giocare anche al più logico degli investigatori. Un romanzo avvincente, che segna il ritorno di uno dei personaggi più celebri della letteratura e più amati dal pubblico.

L’opera ha avuto una trasposizione cinematografica (dal titolo omonimo, USA, 2015, per la regia di Bil Condon), accolta con entusiasmo dalla critica al Festival di Berlino (ma poco apprezzata da alcuni critici italiani), un film in cui il ruolo dell’anziano Sherlock Holmes è magistralmente interpretato da Ian McKellen (che possiamo ricordare, ad esempio, ne Il Codice da Vinci).

Mitch CullinHanno detto: «Mitch Cullin ha concepito un romanzo ambizioso e scritto meravigliosamente, in cui Holmes è alle prese con l’avanzare degli anni» (Publishers Weekly);
«Con mano sicura Cullin trasforma l’investigatore brillante e abile, che tutti conosciamo, in un uomo che si guarda indietro anche con un po’ di nostalgia, rendendocelo sorprendentemente umano» (Booklist);
«Straordinario! Il nostro eroe non è mai stato così eroico e, allo stesso tempo, umano» (The Village Voice);
«Bellissimo. Mitch Cullin è un insolito osservatore della natura umana» (The New York Times Book Review).

Mitch Cullin è nato a Santa Fé, nel New Mexico nel 1968. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo Whompyjawed, seguito da Branches, una narrazione in versi, e daTideland (2000), diventato un film con Jeff Bridges, diretto da Terry Gilliam. I suoi libri sono tradotti in più di dieci lingue.

 

Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
Mr Holmes e il Mistero del Caso irrisolto. L’apocrifo holmesiano di Mitch Cullin ora trasposto in film
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9 dicembre 2015 3 09 /12 /dicembre /2015 07:11
After Porn Ends. Cosa accade alle star del Porno, quando decidono di dare un taglio alle loro carriere?

Il porno oggi è sempre più "espanso" e permea i mezzi di comunicazione di massa e i social, oltre ad essere divenuto di facilissimo accesso e universale fruizione. Si tratta di un porno sempre più frammentato, tuttavia, in cui ciò che dominano sono singole "scene" e non tanto parvenze di storie, con una loro sceneggiatura (per quanto povera) e con uno sforzo recitativo da parte degli attrori/perfomanti.
Nei tardi anni Ottanta e negli anni Novanta si sviluppò negli Stati Uniti un vero e proprio Porn Star System, con le sue star e con i suoi premi e, a seguire, in Europa, questo trend sbarco in Europa, e in particolare in Francia (con l'attore/leader Marc Dorcel) e in Italia (con le geniali intuizioni di Riccardo Schicchi, dalla creazione di una sua "scuderia" alla creazione di un'etichetta indipendente).
Ed è così che anche in Italia nacquero le pornstar, simili a quelle d'oltreoceano, come Cicciolina, Moana Pozzi, Milli D'Abbraccio, per non parlare delle altre e gli equivalenti maschili (anche se al maschile la vita delle pornstar è molto breve ed effimera e, per lo più, salvo che non riescano a "vendersi" bene, hanno una vita effimera come le falene): nel sistema americano vi furono delle eccezioni, tra le quali potremmo ricordare John Holmes ("the King of Porno" o anche meglio conosciuto come Mister Trentatré Centimetri) e dalle nostre parti un Rober Malone o il celebratissimo Rocco Siffredi (che ha dato vita ad un suo marchio personale ed ha avuto grazie alla sua abilità e al suo farsi cercatore di talenti al femminile lunga durata).
Oggi, le regole sono ancora le stesse, ma è ancora più facile entrare nel mondo del Porno: unica condizione è quella di essere in condizione di giocare tutto sulla propria visibilità mediatica e l'inserimento "virale" di se stessi nel web, oltre che diventare una presenza espansa nei social, con la capacità di essere e di bene apparire, curando al tempo stesso delle proprie linee di merchandising (film, oggettistica erotica, fumetti e quant'altro o partecipando ad eventi tipo fiere o feste erotiche in cui è possibile stabilire un contatto de visu con i propri fan). E di questo "stile" una Valentina Nappi ce ne dà un esempio, come anche una Michelle Ferrari una Vittoria Risi o altre che sono transitate al porno dopo aver percorso le tappe di una carriera come modelle e di performer a luci rosse, nei teatri e nei nightclub.

Oggi, ognuno si muove abbastanza isolato e cerca di seguire le proprie strade, inventando ogni giorno delle nuove soluzione e cercando di essere imprenditore di se stesso/a, Chi non è capace di questa continua innovazione naufraga nel mare della rete e di lui/lei si perde ogni possibilità di contatto con la Realtà.
Perché un porno-attore abbia successo le contaminazioni con la realtà dell'apparire e dell'autodivulgazione di Sè (quella che Norman Mailer ha definito "pubblicità per me stesso") devono essere continue ed incessanti.
In passato i performer del Porno, uomini o donne che fossero, costituitvano una piccola grande comunità, si conoscevano tra loro e - al di fuori delle scene - vivevano in modo alternativo alcuni, in modi super-convenzionali altri.
Erano un vero e proprio "bunch of friends", come del resto ai tempi del massimo successo di Schicchi coloro che erano entrati a far parte della sua scuderia.
Ci si chiede quali debbano (o possano essere) le traiettorie di vita dei porno-attori/attrici, quando la voglia di stare dentro questo mondo si fa per loro più tenue e vogliono passare ad altro.
Non ci sono studi significativi al riguardo: una risposta possibile viene dal film-documentario di Bryce Wagoner, dal titolo "After the porn Ends" (2012) che ha ha cercato di seguire retrospettivamente - con lo strumento di interviste fatte nel presente - le carriere delle star, nate all'interno del porn star system californiano e statunitense, cui hanno accettato di sottoporsi ex attori e attrici del porno che raccontano le loro scelte o “non scelte”, nel senso che tutti ebbero l’opportunità di entrare nel mondo del porno, in situazioni in cui non avevano altri talenti e altre possibilità di guadagnare dei soldi.

Vengono intervistati - con un abile e accattivante montaggio che riprende scene della vita di ciascuno all'apice della carriera “porno” - molti dei più grandi rappresentanti del filone porno-chic statunitense, degli anni dell’opulenza della pornografia, quando ancora si giravano dei veri film con grossi budget, e non solo - come oggi accade - solo scene frammentarie.
La cosa interessante è anche quella di vedere questi attori nelle loro scelte di vite attuali, nei momenti in cui coltivano i propri hobby o le attività lavorative in cui si sono reinventati.
L'interrogativo è proprio questo: cosa succede a queste persone quando finisce per loro l'età del porno?
Riusciranno a distaccarsi del tutto oppure rimarranno totalmente invischiati e "contaminati" da un'immagine di sè che hanno creato e che non potranno più dismettere?
Certo è che alcune, allora (come del resto oggi) passarono alla carriera di escort di lusso, come è - ad esempio - accaduto con la nostrana Milly D'Abbraccio (al riguardo fa fede un'intervista rilasciata ad un quotidiano online).
Ciò che è stato vero per gli attori dell'hard americano di trent'anni fa, non è detto che sia vero per quelli di oggi.
Per le pornostar americane, sì, c'era la diffusione dei loro film secondo i canali convenzionali, ma non c'era ancora il web con la sua capillarità e la possibilità di inserirvi qualsiasi cosa.
I contemporanei si trovano di fronte al fatto ineludibile che quando vorranno lasciarsi l'esperienza del porno alle loro spalle, non potranno farlo per tutto e vi rimarrano parzialmente invischiati, poiché tutto quello che loro hanno fatto nel mondo e nello stile dell'hardcore continuerà a rimbalzare di continuo da un sito web all'altro.
Cosa potranno dire questi uomini e donne ai propri figli che divenuti adolescenti o adulti faranno le proprie ricerche "a luci rosse" nella rete e vi troveranno foto e filmati di papà e mamma?
Non si può dare una risposta certa a questo quesito: quelli che lo fanno probabilmente lo fanno soltanto per esprimere un pesante giudizio morale.
Un'ipotesi plausibile è che negli sviluppi odierni che sono quelli - come già detto - del "porno espanso" si vada verso una "normalizzazione" del Porno e verso una sua concezione/rappresentazione di attività di puro "intrattenimento" e che ognuno sarà libero di esprimere la propria sessualità come meglio crede e di contaminare la rete con le immagini di se stesso ruolo di sex performer.
Staremo a vedere.

 

After Porn Ends (Director: Bryce Wagoner. Studio: Oxymoron Entertainment, 2012). After Porn Ends, is a documentary that not only examines the lives and careers of some of the biggest names in the history of the adult entertainment industry; but what happens to them after they leave the business and try to live the average lives that millions of others enjoy.
They hailed from the rural South, steel towns, and the San Fernando Valley. As teenagers, and young adults, none of them thought that porn was in their future. They were artists, baseball players, child prodigies, and even Ivy Leaguers. Now, after their lives in porn; they’re television stars, bounty hunters, writers, and social activists. What happened in between? And now that they’ve moved on, can they really live a normal life after porn?

After Porn Ends has taken a look into that fascinating industry from the other side of it. What happens when a porn star wants to quit? By interviewing and examining the experiences of stars like Asia Carrera, Houston, Randy West and others, the film seeks insight into the chapter of their lives after the bright shine of fame wears off.

It sounds a bit like still being in a strip club when the main lights go up. Except the strip club is your life.


 

After Porn Ends. Cosa accade alle star del Porno, quando decidono di dare un taglio alle loro carriere?
After Porn Ends. Cosa accade alle star del Porno, quando decidono di dare un taglio alle loro carriere?
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8 dicembre 2015 2 08 /12 /dicembre /2015 11:09
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili

(Maurizio Crispi) I registi americani sono maestri nel raccontare storie di conquista di diritti civili e nel delineare personaggi memorabili, siano essi oscuri o celebri, che si siano distinti per la loro dedizione ad una causa, al punto da mettere a repentaglio tutto ciò che hanno, perfino la vita.

A questa categoria appartiene il film Selma - La strada per la Libertà (di Ava DuVernay, 2014) che racconta un momento cruciale dei 19 anni di lotta non violenza e di militanza del Pastore Martin Luther King Jr,  a partire dal conferimento del Premio Nobel per la Pace sino alla promulgazione di una specifica legge federale da parte del Presdente da poco in carica Lyndon B. Johnson, per sancire ulterioremente (e rendere concretamente possibile) il diritto di voto dei Neri d’America, teoricamente già stabilito dal primo Emedamento della Costituzione USA, ma di fatto scarsamente o nulla applicato negli Stati più segregazionisti.

Strategicamente, Martin Luther King scelese la cittadina di Selma nel cuore dello Stato dell’Alabama, uno tra i più segregazionisti sino a quel momento, per iniziare su questo tempa una protesta non violenta che smuovesse le coscienze della Nazione.

Su Selma si concentrò l’attenzione dei mass media del tempo, mentre dietro le quinte si svolgeva una prova di forza tra la determinazione di King e la non volontà del Presidente Johnson ad agire “con la penna”, mentre il governatore dello stato Wallace inaspriva provvedimenti e sanzioni per ostacolare qualsiasi iniziativa di King e dei suoi seguaci.

Nelle diverse azioni dimostrative, ci furono feriti, ma ci scapparono anche i morti. Punto cruciale della lotta fu la determinazione a svolgere una marcia non violenta da Selma a Montgomery, portando la protesta nella capitale dello Stato.

Un primo tentativo, il 7 marzo 1965, con un migliaio di partecipanti venne brutalmente fermato dalla Polizia con una carica selvaggia contro inermi dimostranti tra i quali molte donne e baambini. Punto cruciale della marcia fu l’attraversamento dell’Edmund Pettus Bridge che avrebbe condotto i dimostranti fuori dalla contea.

La seconda marcia, che attrasse dissenzienti da tutta la nazione compresi i liberali bianchi, rappresentanti del clero e dell’intelligentsia culturale, venne fermata dallo stesso King.

Infine, la terza - quando ormai gli equilibri erano irreversibilmente spostati a favore del pacifismo e della vision di King, venne portata a compimento, questa volta pacificamente e senza aggressioni di sorta, perchè una sentenza del Tribunale dell’Alabama aveva dichiarato che la marcia era lecito come strumento di protesta e conforme con i valori promossi dala costituzione. Fu una marcia epica, a cui parteciparono in migliaia, su di una distanza di circa 80 km che vennero percorsi in cinque giorni: paragonabile per grandiosità alla “Marcia del Sale” di Gandhi dall’interno dell’India sino al mare per andare a prendere il sale dalle saline controllate dagli Inglesi e presidiate dalla Polizia, per protestare contro l’odiosa tassa sul sale imposta dagli Inglesi (marcia che avvenne nel 1930 e durò 24 giorni, coprendo una distanza di 200 miglia - circa 320 km - per concludersi con l’arresto di Gandhi e di altri 70.000: ma fu indubbiamente una grandissima vittoria del movimento non violento).

Pochi mesi dopo Lyndon B. Johnson promulgò la nuova legge federale e i Neri poterono finalmente accedere al voto senza avere frapposti ostacoli burocratici e finalmente esercitare il loro diritto all’autodeterminazione. Ci si chiede, come mai il conservatore Johnson, tanto restio a promulgare una legge federale sul diritto di voto dei Neri e fautore di un inasprimento dell’impegno militare USA in Vietnam, si sia deciso a rompere gli indugi. Semplicemente, ebbe senso politico e per questo fu ricordato, piuttosto che per le sue “malefatte”. Il governatore Wallace, invece, venne pressoché dimenticato - e ricordato semmai solo per la sua esecrabile intolleranza.

SelmaLe “marce di Selma” sono diventate simbolo fulgido della storia dei diritti civili negli Stati Uniti. E il film riesce a raccontare magistralmente questa storia, creando nello spettatore momenti di indignazione e trepidazione.

Un film rievocativo (comparso all’incirca nel ricorrere del cinquantenario delle “marce di Selma”) che, indubbiamente, merita di essere visto e che offre spunti profondi di riflessioni.

Film come questo sono anche un modo per imparare a conoscere episodi della storia della Lotta per i Diritti Civili che hanno forgiato in maniera indelebile la storia contemporanea e che, se trattati unicamente dai mass media, oppure trascritti nei libri di storia, rischierebbe - come tanti - di essere dimenticato.
Rimarchevole il fatto che il film sia stato realizzato da una regista afroamericana e che la regista sia stata la prima donna afroamericana 
a ricevere una nomination al Golden Globe e al Critics Choice Award come miglior regista.

Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili
Le Marce da Selma a Montgomery in un film di grande impatto e di celebrazione non retorica di un capitolo cruciale della lotta per i diritti civili

Martin Luther KingSinossi. Nel 1964 Martin Luther King, Jr., per merito del suo movimento pacifico per il riconoscimento dei diritti in favore degli afroamericani, vince il premio Nobel per la pace a Oslo. La sua lotta tuttavia non è affatto conclusa.

Martin viene ricevuto dal neoeletto presidente Lyndon B. Johnson, a cui chiede espressamente di garantire il pieno diritto di voto ai cittadini neri. Tale diritto è essenziale in quanto, sebbene teoricamente sia già concesso, ai neri è negato negli stati del sud, poiché essi non hanno alcun rappresentante nei seggi e nei tribunali; inoltre, sempre per questa ragione, essi subiscono attentati, pestaggi e minacce di vario genere a sfondo razziale, e gli autori di tali delitti, anche se arrestati, vengono spesso facilmente scagionati da tribunali presidiati da soli bianchi. Il presidente spiega a King che la sua richiesta è sì giusta ma attualmente scomoda, e creerebbe dissenso con gli stati del sud.

King, affranto, prosegue la sua lotta a Selma, in Alabama, stato governato dal razzista George Wallace. A seguito di una spedizione punitiva voluta dal governatore in risposta a una marcia non violenta, il giovaneJimmie Lee Jackson viene ucciso a sangue freddo da un poliziotto mentre tentava di difendere il nonno dalle sue percosse. Questo avvenimento sconvolge King, che organizza in risposta una marcia di protesta pacifica, a cui però non partecipa per motivi familiari. Durante la marcia i neri che vi partecipano vengono sopraffatti dalla polizia, che li sottopone a pestaggi. Questo gesto, mostrato in diretta nazionale dalla ABC, commuove gran parte dell'America e dei capi religiosi. A una seconda marcia le fila dei neri vengono rafforzare dalla partecipazione di diversi bianchi, che però diventano a loro volta vittime dei razzisti, che li malmenano, uccidendone uno.

A questo punto il presidente convoca Wallace per cercare di calmare le acque. Di fronte alle deboli motivazioni del governatore, il presidente, che non vuole venire giudicato male dalla Storia, decide di accettare la richiesta di King. Martin Luther King, vittorioso, vede il suo sogno realizzarsi e con il seguito di tutta l'Alabama marcia verso il Campidoglio, a Montgomery, dove terrà uno dei suoi discorsi più ricordati, consapevole dei rischi ai quali sta per esporsi.

I have a dream: that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: "We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal".

Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: "Riteniamo queste verità di per sé evidenti: che tutti gli uomini sono stati creati uguali"

Martin Luther King. 28 agosto 1963, Washington, discorso al Lincoln Memorial durante la marcia per lavoro e libertà

Il trailer ufficiale

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11 ottobre 2015 7 11 /10 /ottobre /2015 12:13
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi

(Maurizio Crispi) Per adesso stiamo guardando a più non posso il film d'animazione Pinocchio di Enzo D'Alò (2012), così come nell'ultimo periodo in cui siamo stati a Londra, con Gabriel, guardavamo spesso il Pinocchio-film diretto ed interpretato da Benigni.
Abbiamo comprato il DVD del film di D'Alò in occasione della nostra visita a Collodi e al Parco tematico dedicato a Pinocchio.
Secondo me, è uno dei più bei film su Pinocchio che siano mai stati realizzati ed è grandissimo anche come film d'animazione.
Recupera in pieno le atmosfere un po' gotiche di taluni passaggi del Pinocchio originario, senza scivolare nei buonismi disneyani (vedi ad esempio la sequenza dell'agguato notturno, oppure quelle del Paese dei Balocchi (che dietro l'apparente festosità sono di una crudeltà infinita) o ancora quella dell'incontro con il Grande Squalo.
Gli aspetti grotteschi, ma anche di critica della Società del tempo (in cui visse Collodi), ci sono tutti senza sconti.
Ma nello stesso tempo, D'Alò riesce a rendere la figura di Pinocchio, di Geppetto e di tutta un'altra miriade di personaggi, da quelli reali a quelli più fiabeschi (come il Pescatore) in maniera perfetta, guardando al testo originale senza lasciarsi influenzare dall'interpretazione di Disney.
Apprezzabile tuttavia che D'Alò abbandoni alcuni degli intenti pedagogici dell'opera letteraria, tagliando corto sul lungo percorso di riabilitazione che il Pinocchio-burattino deve compiere prima di poter diventare definitivamente un Bambino vero, in carne ed ossa. E in questo modo viene rappresentato il passaggio
dalla condizione di "armaluzzu" a quella di individuo che, a pieno titolo, con diritti e doveri, entra a far parte del contesto sociale, passaggio che, in tante società arcaiche e primitive, viene sancito con specifici riti
Senza perdere di vista la "toscanità" della storia: chi ha viaggiato er la Toscana, chi è stato a Collodi, chi ha visto i colli del senesi, non potrà che sentirsi a proprio agio nelle scene a campo lungo che rievocano la Toscana con tutta una loro potente poesia.
Quella di Pinocchio è una grande . anzi grandissima - storia che l'occhiuta critica letteraria italiana (di stampo gentiliano) ha relegato al ruolo di "opera per l'infanzia", ma come diceva mio zio Luigi - suo appassionato lettore - può essere visitata su diversi livelli e, ad ogni lettura - ha tanto da insegnare.
E c'è davvero tutto sullo sviluppo di un bambino e sulla costruzione del complicato rapporto tra padre e figlio. Il passaggio dall'onnipotenza infantile che tutto può, alla capacità di preoccuparsi e di prendersi cura, quando è necessario un rovesciamento dei ruoli e il padre forte e salvifica si trasforma in un padre debole, vecchio e stanco che deve a sua volta essere tratto in salvo. Il padre che, una volta, in passato, ha dato la vita, riceve la vita e viene tratto fuori dal ventre del mostro, avendo la possibilità di vivere ancora.
Oggi, nel XXI secolo, immersi come siamo nei cascami di un narcisismo (quasi) patologico diffusa che nega la genitorialità e in cui tutti coltivano dentro di sé un oggetto-Sé onnipotente a-genitoriale, Pinocchio ci riporta indietro ad apprezzare questi aspetti che sembrano dimenticati o sottaciuti, e alla verità che se riconosciamo di essere figli, potremo a nostra volta diventare padri, perchè ritroveremo in noi il Padre che ci ha dato la vita.
Questo aspetto "genealogico" della storia di Pinocchio è sottolineato da D'Alò nelle scene iniziali che accompagnano i titoli di testa e nella rappresentazione dell'Aquilone che rappresenta la chiave magica, l'elemento della trasmissione inter-generazionale dei valori.
E poi, come altri critici hanno sottolineato, Pinocchio è il prototipo del runner: Pinocchio, appena uscita dagli strumenti di Geppetto, è un runner scatenato, corre, corre, corre, a perdifiato, scappa e corre, corre e scappa, e tutti corrono appresso a lui: è la vitalità, è l'energia che scorre dentro di lui come un fiume in piena e che, attraverso il processo educativo, attraverso il riconoscimento delle relazioni affettive dovrà essere irregimentata, attraverso l'incontro traumatico - ma poco formativo - con le figure dell'Autorità (I gendarmi, qui rappresentati in modo gustosissimo, il Giudice del Tribunale; il preside della Scuola), attraverso l'impatto/confronto/scontro con i personaggi della Trasgressione e delle Arti del Trucco e dell'Inganno (Il Gatto e la Volpe, l'Oste della Trattoria del Gambero Rosso) e relative fughe da essi, con la Magia e con la fantasia, con una figura materna idealizzata (la Bimba turchina, la colomba).
Sono straordinario - inutile dirlo qui - le musiche originali create appositamente da Lucio Dalla.
Vividi e smaglianti i colori delle sequenza, basati sulle scelte di Lorenzo Mattotti, il disegnatore dalla cui storia a fumetti si è ispirato D'Alò nella creazione del film d'animazione (e che ha contribuito attivamente nell'elaborazione delle scenografie e dei personaggi del film).



 

Pinocchio è un film d'animazione del 2012 diretto da Enzo D'Alò, basato sul romanzo Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Carlo Collodi.
Le musiche del film sono di Lucio Dalla. Il brano Canzone di Turchina è cantato da Leda Battisti, Mangia e bevi da Nada e Busker da Marco Alemanno.
Fra le musiche, spicca anche una variazione sul tema della celebre Birichinata di Fiorenzo Carpi, colonna sonora del noto sceneggiato di Comencini.
Il film è stato presentato al Festival di Venezia 2012 nella sezione Giornate degli Autori. Nelle sale cinematografiche italiane è uscito il 21 febbraio 2013.
ll film è stato doppiato nello studio La BiBi.it, diretto da Guido Micheli.
Diverse voci appartengono a volti noti dello spettacolo come Paolo Ruffini nel ruolo di Lucignolo, e Rocco Papaleo in quello di Mangiafuoco. Pinocchio è doppiato da Gabriele Caprio, mentre Geppetto da Mino Caprio che curiosamente aveva già prestato la sua voce all'omonimo personaggio nel 2007 nel film Bentornato Pinocchio della Mondo TV.
Del cast di doppiatori di questo film, figurano anche Federico Bebi (che lì doppiava Pinocchio e qui Arturo) ed Emanuela Rossi (che lì doppiava la Fata Turchina e qui la Colomba).
Per una più approfondita disamina (soprattutto delle differenze rispetto all'opera originale, descritte dettagliatamente).

Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di CollodiPinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di CollodiPinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
Pinocchio di Enzo D'Alò (2012). Una splendida rivisitazione del romanzo di Collodi
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9 ottobre 2015 5 09 /10 /ottobre /2015 05:58
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni
Inside Out. Ecco ciò che accade nella mente dell’11enne Riley: una bella semplificazione del mondo interno e delle sue emozioni

Il lungometraggio Inside Out é una presentazione accessibile del mondo emozionale e del funzionamento mentale nella costruzione delle esperienze, sul ruolo dei ricordi, sulla memoria a breve e a lungo termine e sulle esperienze emozionali correttive, il tutto sia nel funzionamento normale sia nel corso di un evento interiore drammatico, che parrebbe sfociare in un vero e proprio breakdown (con rottura e frammentazione del mondo interno, seguita da una ricostruzione su nuove basi).
Qui, si dà la massima rilevanza alle emozioni, piuttosto che ad altre funzioni psichiche. Sono le emozioni a governare tutto ciò che accade nella nostra mente in corso di formazione e tutto ciò che accade, in termini emozionali, avrà una funzione fondamentale nel plasmare i diversi aspetti della nostra personalità adulta. Questa visione è figlia di alcune correnti di pensiero che si sono sviluppate a partire degli anni Novanta e che hanno dato il massimo rilievo al mondo emozionale, in connessione con le teorie sul “pensare positivo”.
E’ per questo momento che nella “centrale di comando” si trovano ubicate cinque personaggi che rappresentano le quattro emozioni fondamentali e che sono Joy, Sadness, Anger, Fear e Disgust: dalla loro interazione si svilupperanno le esperienze. A capo del gruppetto di personaggi sta ovviamente Joy che cerca di fare in modo che le esperienze che vengono catalogate nella memoria a breve e a lungo termine siano il più possibile positive e luminose. Solo in questo modo, nella visione di Joy, sarà possibile garantire alla piccola Riley uno sviluppo sereno ed equilibrato e la costruzione di un rapporto con il mondo sereno e fondato sulla fiducia.
La stessa Joy, tuttavia, non ha esperienza e non tiene conto del fatto che non è possibile che tutto sia rose e fiori. E Joy cerca di tenere lontana dalla consolle di comando soprattutto la sua antitesi che è Sadness, senza sapere tuttavia che proprio dal contatto con la tristezza (il dolore per i danni fatti, da cui scaturisce il desiderio di porre rimedio) alcune esperienze possono evolversi.

In altri termini, occorre uscire da una sorta di paradiso edenico in cui tutto é bello e buono, scontrarsi con le difficoltà e con le asprezze del mondo per poter “crescere”. E’ quello che Joy, dopo una lunga e complicata avventura, imparerà a sue spese, aiutando Riley un momento di difficoltà.

E’ proprio l’impasto emozionale a garantire un sano e corretto sviluppo, a creare le premesse di una base sicura dalla quale organizzare proprio contatto con il mondo e a organizzare in modo fecondo il contatto cognitivo con la realtà.

In questo senso, il film non è lieto come lo sono in genere tutti i cartoni animati, fondati il più delle volte sulla scissione e sulla idealizzazione: qui irrompe come forza plasmante la depressione (nel senzo kleiniano del termine): per star meglio e superare certi scogli dell’esistenza, passando da una condizione di onnipotenza in cui si vuole avere tutto il buono ad una posizione in cui si accettano i limiti e ci si può confrontare con il dolore, considerando questo come parte fondamentale della nostra esperienza quotidiana.

Il film si fonda ovviamente solo su una delle tante teorie della mente, quella che sviluppatasi in anni di recente dà la preminenza nello sviluppo e nella nostra vita interiore e di relazione al la cosiddetta "Intelligenza Emotiva", fondata sulle teorie (un approccio cogniitivo costruttivista, più che un insieme di teorie) sviluppate da Daniel Goleman nei suoi due volumi, Intelligenza Emotiva. Cos'è e come può renderci felici (Rizzoli, 1994) e il successivo "Intelligenza Emotiva" (Rizzoli, 1997)con "Il cervello emozionale" a cui hanno fatto seguito un'enorme quantità di saggi sulle "molecole di emozioni", sulla "chimica delle emozioni" (e così via), sul controllo emozionale e manuali di auto-apprendimento per il controllo e/o liberazione delle emozioni sepolte dentro di noi, con l'apertura di un trend che si spinge sino ai nostri giorni, sino alla divulgazione per i più piccini, come è nel caso di questo cartoon della Pixar che mostra quanto la lezione sulle emozioni e sulle rispettive "emoticone" sia stata digerita e metabolizzata. 

Ma c'è anche da dire che il pubblico anglofono è ben più assuefatto di quello nostrano ai temi relativi alle emozioni nell'infanzia: cosa di cui dà testimonianza ilprofluvio di libri per l'infanzia centrati appunto sulle dimensioni emozionali dei personaggi, sulla loro forza iconica nell'espressività emozionale, mentre da noi - forse per atavico condizionamento culturale viene tuttora dato ampio primato al controllo razionale ed intellettuale (come traspare chiaramente anche dai percorsi educativi e psico-pedagogici per i più piccini).

Nel film, tuttavia, vi è è anche spazio per altri teorie della mente che riguardano gli aspetti più meramente neuroscientifici (come, ad esempio, l'excursus sulle modalità di funzionamento della Memoria e sulla sua suddicisione in "scomparti" e più propriamente psicodinamici, come ad esempio la suddivisione del funzionamento della mente per livelli di progressiva maggiore profondità, con una dimensione inconscia della mente che si spinge sino ad avere scomparti dove vanno ad accumularsi i frammenti di memoria che andrano persi per sempre, per via di successivi re-styling del contenuto conscio della mente.

Insomma, in questa carrellata, tutti gli interessi culturali e scientifici possono essere soddisfatti e nessuno potrà essere accusato di importanti omissioni, anche se il primato di tutto va alle emozioni che sono dislocati in una minima componente della mente che del funzionamento dell'intero cervello rappresentya la vera "centrale di comando".

Inside Out è un film interessante e lucido, ma anche divertente (con tristezza).

 

 

Il Trailer

La scheda del film

Regista: Pete Docter.
Interpreti (voci):Mindy Kaling, Bill Hader, Amy Poehler, Phyllis Smith, Lewis Black. «continua Kaitlyn Dias, Diane Lane, Kyle MacLachlan;
Titolo originale: Inside Out.
Genere: Animazione.
Ratings: Kids. Durata 94 min.
Origine: USA 2015. - Walt Disney/Pixar

Per un ulteriore approfondimento ecco la recensione pubblicata su www.mymovies.it/

(Marzia Gandolfi) Riley ha undici anni e una vita felice. Divisa tra l'amica del cuore e due genitori adorabili cresce insieme alle sue emozioni che, accomodate in un attrezzatissimo quartier generale, la consigliano, la incoraggiano, la contengono, la spazientiscono, la intristiscono, la infastidiscono. Dentro la sua testa e dietro ai pulsanti della console emozionale governa Joy, sempre positiva e intraprendente, si spazientisce Anger, sempre pronto alla rissa, si turba Fear, sempre impaurito e impedito, si immalinconisce Sadness, sempre triste e sfiduciata, arriccia il naso Disgust, sempre disgustata e svogliata. Trasferiti dal Minnesota a San Francisco, Riley e genitori provano ad adattarsi alla nuova vita. Il debutto a scuola e il camion del trasloco perduto nel Texas, mettono però a dura prova le loro emozioni. A peggiorare le cose ci pensano Sadness e Joy, la prima ostinata a partecipare ai cambiamenti emotivi di Riley, la seconda risoluta a garantire alla bambina un'imperturbabile felicità. Ma la vita non è mai così semplice. Il segreto della Pixar non risiede nell'abilità tecnica, sempre raggiungibile o perfezionabile, ma nella forza drammatica delle loro storie. Storie che non abdicano mai l'originalità narrativa. Prima un bel soggetto, a seguire la scelta grafica, sempre coerente con quella narrativa che tende a semplificare la superficie e mai la sostanza. La bellezza delle loro sceneggiature è costituita poi dai risvolti teorici, che dopo aver esplorato il mondo oggettuale e indagato i sogni delle cose, reificano le emozioni umane, in altre parole prendono per concreto l'astratto. Inside Out visualizza ed elegge a protagonisti della vicenda la gioia, la tristezza, la rabbia, la paura e il disgusto, emozioni che guidano le decisioni e sono alla base dell'interazione sociale di Riley, che a undici anni deve affrontare sfide e cambiamenti. Se Up svolgeva l'avventura di fuori, Inside Out la sviluppa di dentro, attraversando in compagnia di Joy e Sadness la memoria, il subconscio, il pensiero astratto e la produzione onirica di una bambina che sta imparando a compensare la propria emotività e ad assestarsi in una città altra. Diretto da Pete Docter, Inside Out impersona le voci di dentro con un radicalismo che impressiona e commuove. Con Inside Out Docter installa di nuovo l'immaginario al comando e ingaggia cinque creature brillanti per animare un racconto di formazione che mette in relazione emozioni e coscienza. Perché senza il sentimento di un'emozione non c'è apprendimento. Dopo la senilità e l'intenso riassunto con cui apre Up, che ha la grazia e la crudeltà della vita, Docter lavora di rovescio sulla fanciullezza, tuffandosi nella testa di una bambina, organizzando la sua esperienza infantile intorno a centri di interesse (la famiglia, l'amicizia, l'hockey, etc) e accendendola con flussi di pensieri sferici che hanno tutti i colori delle emozioni. E a introdurre Riley sono proprio le sue emozioni che agitandosi tra conscio e inconscio sviluppano le sue competenze e la equipaggiano per condurla a uno stadio successivo dell'esistenza. Nel cammino alcuni ricordi resistono irriducibili, altri svaniscono risucchiati da un'aspirapolvere solerte nel fare il cambio delle stagioni della vita e spazio al nuovo. A un passo dalla pubertà e resistente dentro un'infanzia gioiosa, che Joy custodisce risolutamente e Sadness assedia timidamente, Riley passa dal semplice al complesso, dal noto all'ignoto. Nel processo 'incontra' e congeda Bing Bong, amico immaginario che piange caramelle e sogna di condurla sulla Luna. Creatura fantastica generata dalla fantasia di una bambina, Bing Bong, gatto, elefante e delfino insieme, è destinato a diventare uno dei personaggi leggendari della Pixar Animation, rivelando un'anima segreta, la traccia di un sentimento e l'irripetibilità del suo essere minacciato dalla scoperta di una data di scadenza. Rosa e soffice come zucchero filato, guiderà Joy e Sadness dentro i sogni e gli incubi di Riley, scivolando nell'oblio per 'fare grande' la sua compagna di giochi. I personaggi, realizzati con tratti essenziali che permettono di coglierne la natura profonda (rotonda, esile, spigolosa), emergono l'aspetto intangibile del processo conoscitivo dentro un film perfettamente riuscito, che ricrea la complessità e la varietà dell'animazione senza infilare scorciatoie tecniche o narrative. Dentro e fuori Riley partecipiamo alle vocalizzazioni affettive indotte da Joy e Sadness che, finalmente congiunte, la invitano a comunicare la tristezza. Perché la tristezza, quando è blu e piena come Sadness, è necessaria al superamento dell'ostacolo e alla costruzione di sé. Impossibile resistere all'espressività emozionale delle emozioni primarie di Docter che privilegia anziani e bambini, gli unici a possedere una via di fuga verso il fantastico. Gli unici a volare via coi palloncini e ad avere nella testa una macchina dei sogni.

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DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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