Sono in viaggio Ancora!, direte voi Sì, dico io, Aiuto!
Nei sogni viaggio spesso, corro, faccio questo e quello, sembro instancabile…
Avrò pure il diritto di riposare qualche volta!
Eppure non si da mai il caso che io, in un sogno, me ne stia semplicemente a riposare, a far nulla, a starmene con le mano in mano
Sono arrivato in auto dopo un lungo e solitario spostamento e ora aspetto di continuare il mio viaggio per nave
Sono in un terminal marittimo affollatissimo, letteralmente stipato di gente, tutti seduti su panche, molti altri per terra o accoffolati precariamente su piccoli sgabelli traballanti che si sono portati da casa
La moltitudine in attesa è fatta di persone scure di pelle e vestite di abiti vivacemente colorati, con tutta la gamma dei colori dell’arcobaleno
Deduco di essere da qualche parte in Africa, ma non so precisare dove (gli aeroporti sono tutti simili…)
Mi si pone il problema di ingannare l’attesa prima dell’imbarco e della partenza
Mi organizzo per fare una visita ai bagni e poi per rifocillarmi … ma qualsiasi azione - anche la più semplice - è di complicata esecuzione proprio per la stipatura e la compressione di tanti corpi in un luogo così ristretto
L’atmosfera è mefitica
Si sente l’afrore dei corpi, quasi lo si vede levarsi come una fitta nebbia che ottunde la mente e i sensi
Non riesco a ragionare con lucidità
La consueta attitudine all’osservazione mi abbandona progressivamente e mi sembra di perdere contatto con me stesso o, per dirla meglio, sento che il mio Io si stia dissolvendo pericolosamente, mentre sono costretto all’immersione in questo bagno di folla
Succedono molte cose
Ci sono degli avvenimenti
Ma i dettagli sono sfumati via
Ricordo che mi ritrovavo a guardare delle foto disposte in un album di ricordi che si animavano e si trasformavano in sequenze live, la cui caratteristica principale era che i soggetti fotografati si trasformavano in altri, cambiando volto ed identità
Il messaggio che mi veniva trasmesso (che qualcuno voleva trasmettermi) per via arcana era che in ciascuno di noi sono sedimentate molte e diverse identità e che, se si fa attenzione, è possibile cogliere di ogni singolo individuo metamorfosi e trasformazioni
Di questo sogno avevo perso memoria e poi, scartabellando trai i ricordi di Facebook, è balzato fuori.
Ed eccolo qua. Uno di quei sogni complicati che sembrano possedere le caratteristiche di un film.
Il sogno è del 16 febbraio 2023
Che sogno, ragazzi, che sogno!
Voglio raggiungere A.
nella casetta di Capo Zafferano
Eravamo stati assieme ad una specie di convegno
(non ricordo cosa riguardasse:
forse il tema principale trattato era il Karma
e il modo in cui la conoscenza e l'addestramento dell'uso
del vento energetico possano modificarlo e farlo evolvere)
Ci separiamo, consapevoli del fatto
che di lì a poco
ci saremmo rivisti
Io mi fermo ad uno spaccio di alimentari
per acquistare qualcosa da mangiare
C'è anche un reparto gastronomia
e un'espositore termico
ricco di pezzi di rosticceria appena fatti
Scelgo qualcosa
e aspetto che il commesso al bancone mi incarti tutto
Gli chiedo anche una birra grande
Mi chiede di che marca
Io dico: Una birra messina!
Ma l'inserviente è di tutt'altro parere
Comincia ad elencare tutti i diversi tipi di birra che hanno in cataslogo,
da quelle più banali alle più esotiche
enunciandone tutte le qualità
Sono alquanto indispettito e non mi lascio abbindolare
Rimango fermo sulla mia posizione La birra messina è la migliore - affermo con sicumera Quelle estere sono spazzatura o una presa per il culo
E poi abbiamo anche altre birrte nostrane che sono eccellenti
Per esempio c'è la ichusa, concludo, che fanno in Sardegna
Si materializza accanto a me un Maurizio
che conosco dai tempi del lavoro,
il quale dice: Hai sbagliato! Si dice Icnusa!
al che io ribatto: Ah, sì! Grazie! Ma la correzione non ha alcuna rilevanza
Ichusa o Icnusa, non fa alcuna differenza, sempre buona è
L'inserviente mantiene un atteggiamento di sufficienza
e non si da per vinto
Gli chiedo di darmi i miei involti in modo tale
che io possa andare via
ma, dispettoso, li tiene in ostaggio
Per farmeli consegnare e pagare il dovuto
devo litigare con lui ed alzare la voce
Usciamo, io e il mio alter ego
Ci mettiamo in auto e partiamo
Quando siamo ben distanti,
mi batto la mano sulla fronte C****! Mi sono dimenticato di prendere la birra!
L'altro Maurizio mi fa: Siamo andati troppo avanti!
Non possiamo tornare indietro!
Ed invece sì!, faccio io, stizzito! Ma A. ci sta aspettando!, fa l'alter ego Non importa, faccio io, E' una questione di principio!
Cambiamo direzione
Dopo un po' arriviamo in un posto distante
che non è certo quello dove si trovava lo spaccio di alimentari
Mi sembra di riconoscerlo tuttavia
E' uno dei rifugi montani del CAS
- o è quello di Piano Zucchi
o il Sempria -
Scendiamo dall'auto,
con gli involti del pranzo sotto il braccio
Il mio alter ego omonimo è scomparso
e, al suo posto, c'è ora un giovane avvocato di mia conoscenza
Entriamo nell'atrio del rifugio
e cerchiamo di parlare con qualcuno della reception
che però è deserta
Siamo innervositi dall'attesa
Vorrei chiamare A,
ma non trovo più il mio telefono
Devo avere lasciato pure quello
nello spaccio di alimentari
La mia impazienza cresce a dismisura,
sono arrabbiato
e cerco di placare la mia ira
respirando regolarmente
Dopo un po', con molto comodo appare una tizia
e chiede cosa vogliamo mai
Io sono senza parole
Parla a nome mio l'avvocato
che spiega del motivo della nostra presenza lì
La tizia dice che non può aiutarci in alcun modo
E l'avvocato chiede: Per fare una telefonata, possiamo?
La tizia indica un telefono a parete E' libero! Servitevi pure! Però, mi raccomando, TELEFONATE BREVI!!
Sissì, diciamo noi quasi in coro
Vado al telefono, ma - oddio -
come fare non ricordo a mente il numero di A.!
Come fare ad avvertirla del ritardo?
Sarà lì a marcire nell'attesa nella villetta di Capo Zafferano,
e non avendo mie notizie si starà infuriando!
Mi sento perso
Dico all'avvocato: Risaliamo in auto e andiamo!
Ma dove?, fa lui, visto che qui siamo fuori strada e in ogni caso
lontani almeno un centinaio di chilometri
dal posto dove saremmo dovuti arrivare
Non importa, faccio io, troveremo la via!
ma dobbiamo andare via di qui!
Mi metto alla guida
ma adesso per uscire dal parcheggio
bisogna percorrere uno stretto tunnel
al termine del quale vi è una stretta curva a gomito
e lì la strada sterrata si trasforma in un sentiero molto stretto
contornato da una recinzione di filo spinato Dobbiamo fare marcia indietro, grido concitato, Da qui non vi è via di uscita!
Ingrano la marcia indietro e parto
Sento subito un rumore di lamiere lacerate
e un forte stridore metallico
Abbiamo toccato!
Ingrano la prima e faccio un balzo avanti,
causando altri rumori stridenti e altri danni Siamo bloccati! Dio mio!
Come ho ridotto la mia gloriosa auto
con la quale ho già fatto fatto il giro della Terra
sulla linea dell'equatore per ben sei volte
(e mi mancano solo 10.000 km
per completare il settimo giro,
che sarà anche il Settimo sigillo)
Mi sembra di essere in una situazione senza via d'uscita
Ho mancato l'appuntamento con A.
che sarà infuriata con me
Non ho la mia birra
Ho perso il telefonino
Ho semidistrutto la mia auto
Mentre me ne sto seduto impotente
dentro l'abitacolo della mia vettura
ecco stagliarsi in fondo al tunnel alle mie spalle
la sagoma inconfondibile di mio padre
che non vedo da così tanto tempo
e quasi non mi ricordo più come è fatto
Eppure lo riconosco benissimo all'istante
E' sicuramente reduce
da una delle sue passeggiate in montagna
Mi appare calmo e risoluto
E vederlo così mi fa bene al cuore
Voglio raggiungere A. nella casetta di Capo Zafferano Eravamo stati assieme ad una specie di convegno (non ricordo cosa riguardasse: forse il tema principale trattato era il Karma e il modo in cui ...
La nostra escursione di oggi. Ci piace ricordare che quando salì al potere, Mussolini sciolse tutte le organizzazioni che usavano la parola "club" (poiché straniera), incluso il Club Alpino ...
Mi sono svegliato dopo quattro ore filate gonfio di sonno
Ho sognato tanto, ma ricordo poco, quasi nulla, anzi
C’è qualcosa che mi frulla per la testa, e non riesco ad estrarla, per quanto io mi sforzi
Ho l’impressione che qualche volta si rimanga sulla soglia del sogno senza riuscire ad rientrarci dentro, così come sino a qualche istante prima si era vissuto dentro a quel sogno
Ci si arrovella, si fa girare la manovella come in quella vecchia auto, per metterle in moto, ma senza alcun risultato: quella scintilla non scatta, quell’immagine trainante di altre non arriva
In fondo, questo trigger è l’elemento ispiratore dell’intera costruzione narrativa di un sogno e ne è il primum movens
C’è soltanto una traccia, molto sottotraccia, in cui io corro, corro, non nel senso che mi affretto, ma nel senso che vado di corsa di lunga lena, per spostarmi da un punto all’altro
Ma questa traccia, al momento, rimane soltanto come un’ossatura spolpata di tutti i suoi tessuti molli e quindi è impossibile tirarne fuori una narrazione coerente
Il pomeriggio di fulmini, tuoni e pioggia e di semioscurità crepuscolare, dovuta alla nuvolaglia minacciosa e incombente che si era radunata nelle ore precedenti, ha avuto un suo fascino potente e decadente al tempo stesso; e non so bene perché, ma ha lasciato dentro di me una coda di malinconia che tuttora non sono ben capace di definire
Poi, quando la pioggia era già cessata e il giorno volgeva al declino, ho visto l'accenno appena abbozzato d'un enorme arcobaleno, iridescente, sbavato, incompleto, che disegnava un arco di vaste proporzioni (che nella sua interezza si poteva solo intuire) e questo è stato sicuramente un segno, non so di cosa, ma tale l’ho percepito
Ho tentato di fare degli scatti, poiché ho avuto la sensazione che nessuno se ne accorgesse di una simile meraviglia
Il mondo procedeva ignaro
E ho dormito ancora
E qui ho sognato che salvavo un piccolo (d’età e di dimensioni) cucciolo di cane, delizioso, vivacissimo, con un manto tricolore, a chiazze, che lo faceva allegro e sbarazzino e un musetto tirabaci
Era di una vivacità incredibile: se ne stava abbandonato al margine della strada, trafficata e piena di auto e moto, e correva avanti e indietro, esplorava olfattivamente con il tartufo umido, cercava, poi di nuovo scattava in brevi corse, alzava la testa, come ad ascoltare intento qualche suono lontano (solo a lui udibile) o ad annusare l’aria
Lo vedevo anche sconfortato, da solo, e si capiva chiaramente che non aveva dove andare e che non sapeva nemmeno come regolarsi
Cercavo di acciuffarlo, ma non era cosa facile perché ad ogni tentativo scattava via in corse disordinate, frenetiche e traballanti sulle sue gambette ancora non ben solide
Avevo paura che nella follia del gioco schizzasse via per di fiato e che finisse travolto da un’auto in corsa
Poi, alla fine, ci riuscivo a prenderlo: era trafelato per via delle corse a perdifiato che aveva fatto, tremante per l’eccitazione, ansimante, con la lingua di fuori, il petto che si muoveva come un mantice per far prendere aria a quei piccoli polmoni
Già mi guardava in adorazione e sentivo che il patto era già stretto
Lo mettevo dentro l’auto e lo lasciavo lì per qualche istante, perché avevo qualcosa da fare
Poi tornavo, dopo poco, e già attorno all’auto c’era radunata una piccola folla di gente curiosa che già pensava che quel cucciolotto fosse stato abbandonato ed io atrocemente crudele verso la creatura indifesa
Mettevo a posto tutto, rassicuravo tutti gli astanti in un solo istante,
Salivo a bordo, mettevo in moto e me ne andavo tutti quei buoni samaritani mormorianti
Sì, adesso ricordo che a bordo c’era anche l’altro mio cane, quello grande e grosso
E adesso son di nuovo due!
Mi sono buttato a letto
intenzionato a leggere,
ma il ghiro in me
in un solo attimo
ha preso il sopravvento
drammaticamente
Il libro mi è cascato sulla faccia
e ho preso a ronfare
Buona notte, lettura!
E sogni d'oro!
Maurizio Crispi
E poi ho sognato
Ricordo particolarmente questo sogno prima del risveglio al mattino
Ero al mare, da qualche parte, un luogo non luogo, senza un nome, che distillava in sé l’essenza dei luoghi di mare
Ero con persone che non ricordo, ma c’erano molte vicissitudini che ci conducevano lì, proprio in quel posto e non in un altro
Quindi, c’era una storia precedente che non ricordo, ma non importa
Eravamo dunque lì al mare, su di una spiaggia modicamente affollata
Mi stendevo sulla sabbia su di una tovaglia da mare ben tesa e mi godevo il momento
C’era anche Gabriel con me, ma era più piccolo di com’è adesso, intendo dire quanto ad età
Lui andava, correva, si muoveva voleva tuffarsi e andare in acqua ed io mi avvicinavo a lui Lo voglio tenere d’occhio
Non si sa mai con i bambini molto piccoli
Potrebbe sempre succedere di tutto
Bisogna vigilare
Ed ecco che arrivavano delle grandi onde impetuose, grandissime, che si gonfiavano a dismisura per poi infrangersi a riva: erano stupefacenti e portentose come le onde di Nazaré
Lasciavamo che quei marosi impetuosi ci sommergessero e che la risacca ci trascinasse, facendoci rotolare a destra e a sinistra
Nell’intervallo tra un’onda dell’altra c'erano alte grida gioiose e di eccitazione, nostre e di altri
Ma ogni tanto arrivava un’onda più poderosa che ci ghermiva e sembrava volerci trascinare via nel suo abbraccio immane e tentacolare
Ricordo con esattezza le sensazioni fisiche che mi davano questi giochi d’acqua, ma anche la freschezza dell’onda e la sua trasparenza, e la spuma bianca che la sormontava come un fine merletto
Ricordo anche il momento in cui mi alzavo dalla tovaglia su cui ero disteso e cominciavo a correre verso l’onda: sentivo che i muscoli delle mie gambe erano poco allenati e avvertivo quella sensazione che ti prende quando sai che sta per arrivare un crampo al tricipite della sura. Pensavo che, quanto prima, avrei dovuto riprendere ad allenare un po’ le gambe, magari con un po’ di corsetta senza impegno (giusto per), prima di arrugginirmi del tutto
Poi - ed ero sempre con Gabriel - quando veniva il momento di andare via, ci ritrovavamo nella stanza d'una casa grande della quale, evidentemente, eravamo ospiti
Prendevo Gabriel in braccio e cominciavo a saltellare su e giù, su e giù
Dicevo a Gabriel: ora ti faccio vedere come si vola! e quindi facevo in modo che il tempo di volo si allungasse sempre di più in una sensazione di elevazione e ascensione quasi inarrestabile, come se fossimo senza gravità o sulla luna, dove una leggera spinta ti consente di fare un balzo di parecchi metri in lunghezza e di parecchi metri in alto. Tutti campioni di salto in alto e di salto in lungo, sulla luna, saremmo
Sia come sia con Gabriel ci divertivamo a fare questi salti con questa ascensione che sembrava protrarsi quasi all’infinito, tanto che a volte eravamo seriamente a rischio di battere la testa sul soffitto
Gabriel gridava di gioia e io, nello stesso tempo, ero inebriato ed estasiato di quello che accadeva
Non era soltanto il fatto di compiere questi lunghi salti senza tempo, di essere capace di levitazione a dispetto della forza di gravità, ma era piuttosto la sensazione estatica di vivere dei momenti di tempo sospeso e di peso del pari sospeso
Sembrava che avessimo indossato degli abiti intessuti o spruzzati di polvere di stelle, come nella storia di Peter Pan
Poi, dovevamo andare via e il gioco finiva
Stacco
In un altro frammento del sogno, ero in un posto in montagna e, qui, la strada era in parte rivestita di ghiaccio
C’era un grosso mezzo, tipo autobus (ma senza passeggeri a bordo) che aveva sbandato ed era rimasto bloccato in uno slargo, senza potersi più muovere
Cercavo di dargli delle dritte per ripartire ma niente, quello alla guida era un crozzone, incapace di eseguire le più elementari manovre (non è che io sia una cima, ma quello era proprio una frana)
Arrivava poi un mezzo del soccorso alpino
E con l’aiuto di quei tecnici del soccorso, il tipo ce la faceva
Metteva in moto per andarsene, ma senza ringraziarmi
Se ne andava via dritto come una freccia e non mi prendeva proprio in considerazione
Così va il mondo
Che ho da dire?
Niente?
O qualcosa?
Quando sarò interrogato dal giudice, dirò che non ho nulla da dire
e che mi appello alla facoltà di non rispondere
Intanto, nel momento presente, mi ritrovo a viaggiare
come prestante passeggero di una corriera stravagante
in compagnia dello stesso giudice che, in seguito,
nel tempo e nel luogo codificato, dovrà interrogarmi,
non in quanto reo, ma come persona informata sui fatti
Mi rendo conto
Capisco
Comprendo d'essere in una situazione anomala
Cerco di darmi un contegno
leggendo un libro
che ho tratto fuori dalla mia bisaccia
(quella, nei sogni non manca mai,
la bisaccia, ovvero capiente saccoccia,
borsa a tracolla o tascapane che dir si svoglia,
la bisaccia che, come ho pensato di recente,
può essere utilizzata come parola-chiave
per richiamare alla mente un termine difficile come bisarca. Cos’è la bisarca?
No, non ve lo dico! Scopritelo da soli!)
Ma niente divagazioni!
Torniamo al sogno mainstream!
Ecco, cercavo di darmi un contegno, leggendo un libro tratto appunto dalla mia bisarca, no - ehm - dalla mia bisaccia, per non dover fare conversazione con quel magistrato togato seduto accanto a me sull’autobus di linea
I miei occhi scorrevano le righe, le scandagliavano, le interrogavano, ma senza capirci un’acca, ovvero una mazza
Per di più quel magistrato togato, accanto a me seduto, mi faceva domande ficcanti ed insistenti (ma anche perseveranti) sul contenuto del libro, alla ricerca di qualche verità nascosta, e voleva dire la sua ed ascoltare la mia (dite la vostra che ho detto la mia)
La testa mi frullava
Il cuore mi batteva e partivano salve di extrasistoli
Ed io tubavo e titubavo, per essere poi trasportato nel vortice dell’ansia e della paura
Mi alzavo per andare alla ricerca della tualét per spremere due gocce
(sì, quel torpedone, evidentemente di lunga percorrenza, era fornito di tualét per i bisognosi e per quelli bisognevoli di alleggerimento)
Ed io, con andatura incerta e traballante (ma non belante), andavo alla ricerca di quel luogo salvifico, per quanto angusto e puzzolente, mai lavato a dovere tra un viaggio e l’altro
Quando - inebriato dal fetore - tornavo al mio posto, il magistrato geniale non c’era più, andato! Gone! Volatilizzato!
Ma del pari scomparso era quel mio libro di cui non capivo un’acca e che avevo lasciato aperto, a faccia in giù, sul mio sedile, perché mi tenesse il posto in caldo, per così dire, o forse perché tenesse al caldo il posto (caldova! Qui gatta ci cova!), secondo un’interpretazione più ardita e fluttuante
Ma ora, era come se - senza quel magistrato togato che mi stava dattorno come un calabrone molesto e ronzante - il mio viaggio avesse perso di interesse
Ma con me c’é pur sempre quel libro di cui non capivo un’acca
Ma come non era scomparso quel libro,
divenuto libro d’asporto tra le mani del magistrato migrante? Accacadabra
Abbaccadora
Abracadabra!
(Parola magica!)
Ed eccolo lì il mio libro,
a faccia in su a guardarmi con un bel sorriso franco è aperto
Dissolvenza
Poi dopo un lungo interfallo (proprio così scritto con la effe, non è un refuso) di sonno tranquillo e magari anche tranquillogeno, c’è stata una nuova immersione onirica, la turbulenza dopo l’attraversamento di chiare, fresche e dolci acque
Non mi sono tuffato, ma mi ci sono trovato esattamente in mezzo come un pesce che nuota in acque tranquille che gli sono congeniali per poi essere afferrato e preso, fatto rotolare e messo a testa in giù da un’improvvisa turbulenza, che è per sua natura sempre improvvisa e inattesa e
Qui, ero ad un grande pasta party familiare e di conoscenti, ma anche di conoscendi, una magnifica festa di intersezione di grandi e piccini
Gente che andava e veniva, che entrava e usciva
Anch’io entravo e uscivo, andavo e poi venivo,
irrequieto e teso,
con il mio vessillo,
con lo stendardo e con le armi
Ero un guerriero
Ero un vessillifero
Non avevo arrisettu
Ero turbulento alquanto ed anche un po’ flatulento, devo pur ammetterlo e mi allontanavo dal consesso, quando sentivo di dover sgasare, onde evitare di far la parte del subdolo artigliere
Avevo anche un problema di indumenti, evidente nel fatto che me ne stavo tutto il tempo con un grosso fascio di abiti sotto il braccio, come se non sapessi quale fosse l’abbigliamento più idoneo per la circostanza
Questi indumenti li abbandonavo a destra e a sinistra S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d'ambo i lati calpestio rimbomba
Ogni tanto, sì, mi cambiavo d’abito,
provando qualcosa di diverso,
talvolta approvando, talaltra ero scontento e scuotevo la testa,
di rado cuorcontento
Facevo foto su foto, ma avevo un problema con la camera e, per ogni inquadratura, mi partivano scatti a raffica, tipo un centinaio a botta, che dovevo poi diligentemente cancellare per non intasare la scheda di memoria e, intanto che lo facevo, mi perdevo momenti topici e d’interesse
C’è anche mio cugino Marcello che, dopo aver letto, il mio resoconto della festa-rimpatriata, si faceva grandi e grasse risate, trovando che le mie descrizioni fossero davvero umoristiche
Mi seggo ad un tavolo imbandito, provo a mangiare qualcosa, ma mi portano via le pietanze da sotto il naso, prima che possa anche soltanto degustare, lasciandomi con la sola percezione di deliziose tracce olfattive
Dissolvenza, anche qui
S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d’ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l’aria un vessillo;
quindi un altro s’avanza spiegato:
ecco appare un drappello schierato;
ecco un altro che incontro gli vien.
Terzo tempo, sì, questa volta c’è un terzo tempo Wow
Non me l’ha scritto, il punto esclamativo!
Faccio meglio
Ecco: wow!
Dove sono questa volta? Mah, sono con qualcuno che conosco, questo è certo, ma non saprei dire dove esattamente io mi ritrovi
So per certo che, tra le altre persone, c’è una mia amica di corsa che un tempo su Facebook aveva creato il suo account come “superelena“
Ci incontravamo in varie occasioni nelle gare podistiche siciliane ed anche altrove, tipo alla Cento del Passatore che io frequentavo assiduamente come fotografo, ed io la sollecitavo sempre a scrivermi delle cronache che raccontassero le sue partecipazioni e le sue corse. Ci sapeva anche fare. Poi fece anche il cammino di Santiago e ogni giorno mi mandava il racconto succinto della sua giornata di cammino assieme a delle foto che io pubblicavo sul mio blog quotidianamente. Questo per dire il personaggio
Non mi ricordo cosa accadesse esattamente nel sogno, ma succedeva qualcosa per cui qualcuno doveva essere ricoverato in ospedale e anche in questo caso si trattava di un podista
Io facevo allora un lungo discorso per dire che era davvero una fortuna essere ricoverato in ospedale da podista
E perché?, mi chiedevano
Io rispondevo, Semplice e lapalissiano! Non ci vuole molto ad intuirlo!
Insomma, se vai in ospedale e ti ritrovi ricoverato come tuo vicino di letto un podista di grande livello e di chiara fama, mentre siete degenti entrambi, potete fare amicizia e il podista di alto livello potrebbe insegnarti i suoi segreti per correre più forte e per fare dei tempi migliori
Mi sembra un’emerita stronzata, fa uno dei miei ascoltatori
E io ribattevo, Guarda che è proprio così! Provare per credere!
Sono al seguito di una gara podistica di lunga durata e viaggio, assieme ad altri, su di un’auto stipata all’inverosimile, tra passeggeri e bagagli
Quando facciamo una sosta, apro il portabagagli poiché devo prendere qualcosa dalla mia borsa e comincio a rovistare tra borsoni, valigie, pacchi e pacchettini
Nel far ciò, rimestando tra le diverse cose e smuovendole dalla loro posizione, mi rendo conto che il portabagagli è privo di fondo
Gli oggetti che vi sono contenuti si reggono soltanto per via del gioco di incastri e, sinora, nulla - a quanto pare - è stato perduto per strada
Entro in uno stato di allarme e allerto immediatamente il guidatore (che è anche il proprietario dell’auto): “Il portabagagli è senza fondo, gli dico, rischiamo di perdere tutti i nostri bagagli se continuiamo a camminare in questa maniera!”
All’inizio, lui non mi ascolta proprio: anzi pare infastidito dalle mie esortazioni Allarme ingiustificato!
Sei uno stolto e un visionario!
La mia auto è p-e-r-f-e-t-t-a!
Ma io insisto
Alla fine lui, pur brontolando, ferma la macchina, esce dall’abitacolo e va ad aprire lo sportello posteriore
Lì, è tutto a posto
Alla più accurata ispezione non appare alcuna evidente anomalia Cosa avevo detto!, mi dice, e siamo qui a perder tempo per niente!
Forse, ciò che ho visto è stato frutto di una allucinazione o lo ho semplicemente sognato
Ricordo solo una parte di un sogno dal quale mi sono risvegliato di botto, pochi minuti fa
Sto facendo un parkour urbano
Devo seguire dei percorsi non canonici per spostarmi da un luogo all’altro
Questa è la parte che ricordo con maggiore nitidezza
Mi infilo al di sotto di una serie di tornelli e vado strisciando per terra alla ricerca di un passaggio che intravedo un poco più avanti e nel quale quale dovrò infilarmi non senza complicati contorcimenti mentre pesanti ragnatele, appiccicose e cariche di polvere secolare, mi ostacolano e a tratti quasi mi intrappolano nelle loro spire tentacolari
Riesco alla fine ad attuare il mio proposito e con un balzo sono dall’altra parte all’interno dello spazio delimitato da tornelli e grate
Sono fiero di ciò che sono riuscito a fare e non è la prima volta che lo faccio (almeno altre due volte nello stesso sogno mi ero già cimentato in quel passaggio)
Ma non è ancora finita, poiché altre prove mi attendono in questo lungo percorso di parkour
C’è un tizio che si trova all’interno dell’area delimitata dei tornelli che, non appena mi vede emergere, comincia a gridare come un ossesso contro di me: Io ora ti denuncio, delinquente! Non puoi fare quello che ti pare! Per entrare da questo lato devi pagare il biglietto!
È in uno stato di agitazione molto intensa, e continua a vociazzare
Non si placa nemmeno quando gli faccio notare che sto facendo una prova di agilità e abilità al tempo stesso e che ci sono altri che faranno le stesse cose, dopo di me. Io sono soltanto - aggiungo - l'avanguardia di un manipolo che poi si ingrosserà sino a diventare una coorte
Infatti, ricordo vagamente che non ero da solo in questo esercizio
C’erano anche una serie di eventi precedenti all’incontro con il vecchio urlante come una scimmia
Questi altri dettagli tuttavia si sono inabissati, lasciando dentro di me una coda di meraviglia, di senso del mistero e di perturbante
Di molte cose del sogno, la memoria si perde inesorabilmente, ed anche quelle che si ricordano sono destinate inabissarsi se, al risveglio, non vengono immediatamente trascritte e, talvolta, anch'esse si disperdono e si fanno evanescenti, proprio mentre ci si sta provando
Ho fatto un sogno
E te pareva!
Molto lungo e articolato, come sempre
Ma ne ricordo solo una parte in cui ero a casa dei nonni paterni
C’era anche il nonno Totò (che stava per Salvatore) per come lo ricordo nei suoi ultimi anni, seduto accanto a me, al tavolo rotondo della stanza da pranzo (tavolo che, all’occorrenza diventava semi-ovale con l’aggiunta d’una estensione centrale).
La nonna Ia (Erminia), come la chiamavo io da bambino (ma anche successivamente i miei cuginetti, nel senso che fui io - primo nipote - a creare quella tradizione), sfaccendava e volteggiava attorno a noi
C’erano altri convitati che non ricordo
Il tavolo era rivestito con una ceratina protettiva decorata con una fantasia policroma di riquadri e cerchi.
Ricordo che io mi affannavo (ma con discrezione) a pulirne a superficie dalle briciole che si erano formate quando avevamo spezzato il pane
Mi accorgevo che una piantina di prezzemolo veniva fuori rigogliosa da una fessura della cerata stessa
Il mio primo impulso, di fronte a tale anomalia, fu quello di strappare via quel piccolo cespo vigoroso, ma poi mi trattenevo e riflettevo
Mi chiedevo se non fosse stata fatta crescere lì a bella posta, in modo che i commensali potessero approvvigionarsi di petrosino (come diciamo noi) fresco e fragrante durante il pasto per decorare e impreziosire le pietanze che si trovavano davanti
Mi accorsi che, quando sfiorai la piantina verde e fragrante con la mano, il nonno prese a fissarmi accigliato con la sua espressione burbera di sempre (quella che io ricordo dal tempo in cui ero piccolo)
Mi fermavo appena in tempo e la mia mano che stava per strapparla si addolciva allora in una postura di morbida carezza alla pianticella
Ma non riuscivo a star fermo: volevo capire qualcosa di più di quella pianta che spuntava e prosperava direttamente dal ripiano del tavolo
Volevo sondarne il mistero, in altri termini
Le mie mani allora frugavano e frugavano sino a strappare parte della cerata davanti a me per scoprire…
Cosa?
Per scoprire che, al disotto di quella cerata, ce n’era un’altra, identica, solo un po’ più sbiadita e consumata
La piantina di prezzemolo attraversava anche quella
Dove pescavano allora le sue radici?
Da dove attingevano i nutrienti necessari alla crescita dei sottili fusti e delle foglie?
Ma non potei andare oltre nella mia esplorazione, perché il nonno Totò mi guardò accigliato, burbero in volto, con quei suoi occhi chiari, un po’ acquosi, mentre la Nonna Ia, strillava e invocava mia madre perché mi punisse per essere stato tanto screanzato
[la nonna Ia era molto permalosa e si rabbuiava per poco, anche se poi era, per altre cose, meravigliosa (per esempio, una volta che ero da loro di mattina, per farmi passare il tempo e per occuparmi, mi fece dei dolcetti squisiti - e solo lei li faceva in quel modo - dalla A alla Z e, cioè, dall’impasto della farina sino alla frittura dei piccoli panzerotti con ripieno di marmellata e alla loro decorazione con lo zucchero ed io man mano che erano pronti mi ci strafogavo…). Tornando al fatto che fosse burbera e permalosa, quando ero proprio piccolo e andavo da loro con i miei (potevo avere circa tre anni), da quella piccola peste che ero, appena arrivavo cominciavo a dire (forse anche a gridare come un ossesso) a modo di saluto: “Nonno Totó e Nonna Ia cacca e pipì!” E ripetevo questa frase all’infinito, suscitando l’ira della nonna che, rivolgendosi alla mamma, diceva: “Non devi permettergli di dire queste cose! Quando lo fa, pungigli la lingua con uno spillo, così s’insegna!”. Ma la mamma che, sul momento, diceva sisì (ma solo per amor di pace) si guardava bene dal mettere in atto un simile suggerimento. Con le parole - con bonomia - cercava sì di convincermi a non farlo, ma poi l’inconveniente si ripeteva egualmente, sino a che la cosa non passó da sola, senza drastici interventi correzionali]
Questo ho sognato nelle prime ore del 23 ottobre 2023, dimenticando poi di ritrascriverlo qui nel mio blog.
Quindi, ecco qui, questo recupero che mi è balzato davanti mentre cercavo con l'ausilio del motore di ricerca interno di FB qualche altra cosa
Questa notte
ho lottato a lungo con una mosca
Mi svolazzava attorno
atterrando ogni tanto
sul mio polso,
sulla mano,
sul sopracciglio,
facendomi vento con le alucce
Forse era rimasta sola,
oppure semplicemente
cercava cibo
(e, com'è noto, i piccoli detriti del corpo
sono per le sue congeneri particolarmente succulenti)
Era sempre più brava di me
e scansava i miei colpi
con sopraffina perizia
Ogni tanto passava
vicino al mio orecchio
e il frullo delle alucce
mi risvegliava dal dormiveglia
Non me ne volere, moschina!
Non volevo essere cattivo verso di te
Con quei colpi
che non andavano mai a segno
non volevo farti del male,
ma soltanto indurti a più miti consigli
E nel frattempo ero io
a farmi del male
colpendomi sconsideratamente,
come un folle autolesionista,
sulla faccia,
sugli occhi
sulla crozza pelata
Poi, un ultimo colpo
ti ha centrato e sei caduta a terra,
stecchita
Ma le cose non son finite qui,
poiché subito dopo
è stata la volta d’una zanzara molesta
che ronzava, ronzava
e sempre mi svegliava
e mi svariava
Vuole il Cielo che ci sia un patto
tra me e le zanzare
che non mi pungono mai
poiché il mio sangue lor non piace
(o, forse, mi pungono,
ma non mi irritano la pelle:
sarà il mio sangue che è cattivo per loro)
Cullato dal minuto ronzio,
alla fine,
mi sono addormentato e ho sognato
Ero in un gran teatro
colmo all’inverosimile
Era in corso una rappresentazione teatrale,
una performance realizzata da psico-pazienti
Nella fila davanti a me era seduto
il dottor Francesco Corrao,
il mio psicoanalista d’un tempo,
molto amato nel mio ricordo,
un gigante, un grande,
scomparso prematuramente,
purtroppo
Sono molto contento di vederlo
È sempre eguale,
non é invecchiato per nulla,
anche se oggi dovrebbe essere
già centenario, se non ultra
(come mio padre, del resto)
Vorrei parlargli e riattivare
un antico, fecondo, dialogo
Lui segue la spettacolazione
con attenzione meditativa
e coscienza fluttuante
Alla fine, mi decido
e con il cuore in gola
cerco di attirare la sua attenzione,
con un discreto colpetto sulla spalla
Lui si gira, mi guarda e sorride
Un sorriso buono
e i suoi occhi
mi hanno già scavato dentro
Cerco di spiegargli
che tra i performanti
ci sono anche i miei pazienti
e che abbiamo realizzato tutto
con l’ausilio di altri operatori
della comunità dove lavoro
da un po’ di tempo
E gli indico la persona
che mi sta seduta accanto
che è una psicologa del nostro gruppo
Il dottor Corrao sembra contento
di vedermi e di sentire le mie parole
Mi accorgo che per attirare la sua attenzione
ho girato il mio braccio
attorno al collo della donna
che gli è seduta accanto
Sono imbarazzato e mi scuso
per l’incomodo,
cercando di sciogliere il mio braccio
da quell’incontro ravvicinato del III tipo
Sono davvero contento,
ma non ho tempo
di assaporare la mia gioia
per l’inatteso incontro
La situazione si fa fluida
e va in dissolvenza
Poi, quando mi sono svegliato
la mosca rediviva
era ancora a me vicina
e mi infliggeva il suo tormento
a cura di Diletta La Torre E' stato uno psicoanalista vero, e quindi non soltanto uno psicoanalista, sia pure abile, colto, originale. Nella psicoanalisi ha fatto confluire: la grecità, i filosofi...
Sogni,
sempre sogni,
fortissimamente sogni
Anche questa notte è trascorsa
Io immerso nel sonno
più profondo
accompagnato da un florilegio di sogni
di cui stavolta non ricordo
un’emerita mazza
Vorrei averne salvato almeno
qualche frammento,
come quelle scorie
(pezzi di mobilia,
drappeggi lacerati,
tavole di legno,
vestiti sparsi
e altro)
che emergono dal profondo mare
dopo il naufragio
d’un imponente bastimento
Non c’è niente
stavolta
che possa essere raccolto
e suggerire una storia,
per quanto lacunosa
Eppure, ricordo
che alcuni dei sogni
m'hanno lasciato
con una sensazione
di piacevolezza e di meraviglia
e percepivo la vita e l’energia
pulsare dentro di me
I sogni vengono e vanno,
compaiono all’orizzonte,
riempiono i nostri cieli,
indugiano,
poi si frammentano e si dissolvono,
oppure semplicemente
come grandi vascelli
proseguono nel loro misterioso viaggio
Sono come le nuvole
(ancora De André!)
e, a volte, lasciano il cielo
sgombro, sereno
e d’un intenso azzurro,
bello da contemplare
anche se rimane la nostalgia
proprio di quelle nuvole
che, sino a prima,
lo hanno popolato
E altro non dico
Poi, colpo di coda,
ho questo ricordo!
Sono in un’antica postazione militare costiera
Gabriel mi accompagna
Percorriamo la vecchia strada
che attraversa la fortificazione
collegando le diverse casematte
La strada che si snoda
tra due possenti muraglie difensive
è bellissima,
un vero manufatto artistico,
rivestita di piastrelle colorate e disegnate
che formano una fantasia a patchwork,
non un centimetro quadrato
è libero dalle incrostazioni colorate
C’è un approdo,
dove l’acqua marina è cheta,
d’una trasparenza assoluta
e si vede chiaramente il fondale
con pesci e pescetti
in nuoto pigro
Dico a Gabriel, indicando
una struttura di ferro rugginoso
aggettante sul mare:
Vedi? Qui c’era l’approdo,
il punto dove il comandante in capo
scendeva agilmente
dall’imbarcazione che lo aveva condotto
Gabriel s'immerge in una pozza
poco profonda,
a faccia in avanti,
e mi spruzza gioiosamente,
vorrei protestare, burbero,
ma non lo faccio
Lo lascio fare,
anche se la spruzzaglia fresca
m’infastidisce,
poiché sono accalorato
dalla lunga camminata
Proseguiamo poi
nel nostro cammino,
in esplorazione
Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre
armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro
intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno
nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).
Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?
La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...
Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...
Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e
poi quattro e via discorrendo....
Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a
fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.
E quindi ora eccomi qua.
E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.