Sono all'interno d'una strana casa verticale
Tutto è oltremodo ripido
Qualsiasi spostamento mi procura le vertigini
Si tratta di scendere lungo una ripida scaletta con delle alzate fuori norma, con lo spazio dove poggiare il piede molto stretto
Ci si addentra (o meglio si scende) in una vasta sala ad anfiteatro ad assetto verticale
[e - lo dico qui come inciso - mi sono ricordato di quando, nel corso del mio viaggio in Messico, mi ritrovai a visitare la Piramide dell’Indovino, a Uxmal. La giornata era umida e piovosa. Tutto era grigio e da lontano vedevo i turisti che si arrampicavano su per la ripidissima scalinata, sorreggendosi ad una grossa catena che fungeva da appiglio e da sicura, come se stessero percorrendo una Ferrata. Mi vennero le vertigini solo a guardarli, soprattutto quelli arrivati alla sommità che parevano esili figurette in balia del vento e della pioggia: e mi rifiutai di compiere quell’ascensione]
In questo frangente, c’è anche Gabriel con me, ma presto - preso come sono a dovermi confrontare con il mio terrore cieco - lo perdo di vista
Rimango paralizzato su uno dei primi gradini della discesa
Non riesco a muovere il passo successivo e rimango, tremolante, a guardare il vuoto sotto di me che mi vuole inghiottire, famelico
No, no, no!
Non posso!
NO!
NON VOGLIO!
Comincio ad arretrare, ansimante, in preda ad un'incontrollabile fame d'aria, con la fronte imperlata di sudore freddo
Sia come sia, riesco a cambiare direzione e, volgendo le spalle all’abisso, ritorno indietro, emergendo attraverso una specie di botola in uno spazio relativamente piano e senza precipizi di sorta
Traggo un grande sospiro di sollievo
E Gabriel?
Non c’è!
Oh deus!
È rimasto là sotto!
Provo a chiamarlo, ma la mia voce è flebile, priva di forza
Si tratta di andar via, al più presto possibile, da questo posto folle
Immagino che, ovunque, vi possano essere trappole e trabocchetti
che possono ricondurmi a confrontarmi con il vuoto e con l’abisso
Gli abitanti della casa
mi guardano con sufficienza
e con commiserazione
perché non ho superato la loro prova ordalica
Alla fine Gabriel arriva,
fresco e pettinato
(ma lui ha fatto climbing e non ha paura del vuoto)
E ci incamminiamo per fare ritorno a casa
Dobbiamo viaggiare con la Metro e, dunque, scendiamo sottoterra per prendere il primo treno utile
E viaggiamo, viaggiamo
Il treno sfreccia silenzioso
Supera stazioni illuminate,
con le pareti dipinte con colori sgargianti,
alcune deserte,
altre affollate di gente in attesa
E poi arriva il momento di scendere
Risaliamo le scale,
attraversiamo atrii grandiosi,
camminiamo lungo interminabili corridoi
Poi mi giro, guardo, cerco
Gabriel non c’è più
Ero immerso nei miei pensieri
e mi ero dimenticato di tenerlo d’occhio
Che fare?
Penso di chiamarlo con il telefono
Armeggio con il mio, facendo una serie di errori, lancio chiamate a destinatari sconosciuti, per poi accorgermi che il suo telefono ce l’ho io
Gabriel l’aveva infilato nella tasca laterale della mia bisaccia (senza però dirmi niente)
Non so che fare
Magari me ne starò fermo ad aspettarlo, confidando nel fatto che lui possa ritornare indietro e raggiungermi
Poi, mentre sto elucubrando, mi giro e Gabriel è lì con me!
Pensavo che ti fossi perso!, gli dico
E lui: No, papà, no! Sono stato con te tutto il tempo!
Riprendiamo il viaggio verso casa e abbandoniamo lo spazio chiuso della Metro per venire alla luce
Dove siamo?
Non ne ho idea alcuna!
Non riesco ad orientarmi!
Effetto di derealizzazione e spaesamento
Mi guardo attorno e vedo che ci ritroviamo nel bel mezzo di un’immensa area portuale, dove grandi bastimenti attraccano di continuo e altri partono
E’ difficile procedere perché tutti gli spazi sono ingombri di catene enormi e di grosse gomene e, inoltre, giganteschi muletti entrano ed escono di continuo dal ventre delle navi, spingendo grossi carichi di mercanzie, autotreni e pesanti container
Poi, all’improvviso, intravedo la sagoma familiare di Monte Pellegrino e allora grido di giubilo: Allora, siamo a casa! E vaiiiiiii!
Si tratta soltanto di trovare una via di uscita da questo scalo portuale così caotico
Spero che riusciremo a farcela,
prima o poi
Dissolvenza
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