Anche ai migliori lettori può capitare di incorrere in quello che viene definito blocco del lettore. Si tratta di un momento di stallo, in cui nessun libro sembra destare interesse adatto al proprio mondo interiore: un momento in cui inoltre non si riesce mai a trovare il tempo di dedicarsi alla letteratura.
L'incubo di molti scrittori è il cosiddetto "writer's block", ovverossia il "blocco della scrittore" (o sindrome della pagina bianca), quando la penna di un autore unon riesce più a tracciare solchi sulla carta e a produrre pagine di senso compiuto.
Molti scrittori hanno partorito dei romanzi il cui tema centrale è appunto il paventato "blocco dello scrittore", storie parzialmente autobiografiche in cui lo stesso scrittore analizza e descrive qualche crisi di questo tipo che ha sperimentato in passato.
Fa da contraltare al "blocco dello scrittore", il "blocco del lettore", quando un lettore - più o meno prolifico che sia - viene preso da una sorta di inedia letteraria e nessun libro risulta più appetibile al suo palato, anche se gli stimoli alla lettura sono molteplici e nella sua "dispensa" letteraria si sono già accumulati molti volumi che fanno parte della lista delle prossime letture, mentre all'orizzonte si addensano altri volumi che possano entrare nelle capaci riserve del lettore accanito (la "legna da ardere" accumulata in vista di un lungo inverno).
Ebbene, in questi momenti, nulla più riesce a scuotere il lettore vorace dal suo torpore; se ne sta lì, provando e riprovando, magari sentendosi anche in colpa perché non legge e non avanti con il suo programma di lettore o perché non da libero corso all'attività che predilige.
E in questo non ha riposo, non ha pace, si tormenta.
Forse ciò accade perché ci siamo sottoposti ad una pressione eccessiva, riempiendo ogni spazietto del nostro tempo libero con le letture, inventandoci addirittura altri intervalli di tempo da dedicare alla lettura (magari non dormendo la notte).
Ci siamo saturati.
Non si deve insistere, in questi casi.
Insistere porta all'effetto contrario, come nel caso dell'insonne che vuole dormire, vuole riaddormentarsi ad ogni caso; e, imprigionato com'è nell'ansia da prestazione (che in questo caso si traduce nel "produrre sonno"), non si rilassa a sufficienza perché il Sonno possa sorprenderlo.
Nei confronti della lettura non funziona il "volli, e volli sempre, e fortissimamente volli" di alfieriana memoria, poiché la lettura (a meno che non sia finalizzata all'apprendimento e allo studio) è un'attività che si svolge (o dovrebbe svolgersi) fondamentalmente all'insegna del piacere.
E allora?
Bisogna sapere attendere! Dar tempo alla nostra mente di far sedimentare le scorie letterarie o di metabolizzarle; lasciare che il cervello sovraeccitato e sovraccarico di parole, di frasi memorabili, di trame e di personaggi, si raffreddi e si riposi; facendo sì che, attraverso il riposo si rigeneri (e facendo sì che il sovraccarico di informazioni e le tante, troppe vite che la lettura costante ci trasmette, decantino).
Occorre riesumare quella pratica agricola del maggese, oggi semi-dimenticata per via dello sfruttamento intensivo dei terreni e dell'utilizzo dei fertilizzanti chimici, che era quella di tenere a rotazione un appezzamento di terreno a riposo, "a maggese" come si diceva, per un anno o per periodi di tempo più lunghi: un riposo attivo, in verità, poiché senza la semina di specifiche sementi "produttive" e con la comparsa di specie non domestiche, il terreno si rigenerava e, dopo un intervallo dato, era fosse nuovamente pronte ad accogliere la semina dell'uomo e a fare sviluppare piante dalla crescita sana e vigorosa.
E dunque: se da lettori (da lettori "golosi" e "ingordi" ci sarebbe da aggiungere) ci dovessimo confrontare con il temuto "blocco del lettore", mettiamoci tranquillamente "a maggese" per il tempo necessario oppure lasciamo sorprenderci da incontri inattesi e dalla scoperta di ciò che non è non è nella nostra lista mentale di letture alla quale tenderemmo ad attenerci scrupolosamente: in questi casi, l'incontro con una lettura che, in altri momenti avremmo snobbato è come l'erba selvatica (a cui ordinariamente si attribuisce poco valore) che cresce e si dispiega in un terreno tenuto a maggese e fungerà sicuramente da fertilizzante naturale e da attivatore.
In fondo è lo stesso tipo di pausa che si richiede quando si termina di leggere un libro che ci ha preso con un'intensità straordinaria e mai vista: in questi casi non ci riesce - a volte - di prendere in mano, subito, un altro libro, perché la nostra mente è ancora sovraccarica di quelle vicende e di quei personaggi.
Il mio amico Geronimo su Facebook ha recentemente sollevato questo tipo di problema nel gruppo "Parliamo di libri, parliamo di noi" e con il suo quesito mi ha dato lo spunto di scrivere queste riflessioni.
Così scrive su Facebook nel gruppo "Parliamo di libri, parliamo di noi" il mio amico virtuale Geronimo Wolf:
(29 settembre 2023) Da circa due settimane ho una sorta di blocco del lettore.
E ciò per noi lettori è un dramma.
Ho iniziato almeno 5 libri ma dopo qualche pagina li ho mollati, neanche la Patagonia di Chatwin mi ha svegliato dal torpore.
Sono andato in libreria con l'intento di acquistare un libro con caratteri grandi, di semplice lettura e poche pagine, ma son uscito con 'Figlio di Dio' di McCarthy.
Tutto l'opposto [di ciò di cui avrei avuto bisogno].
Anche in questi momenti mi rifugio nei drammi psicologici, sarà un vizio.
A casa ho tirato fuori dalla libreria parte dei libri ancora da leggere che giacciono moribondi da tempo,
Ne ho letto gli incipit senza capire granché, mentre la frustrazione prendeva il sopravvento su questo povero me, lettore sul viale del tramonto.
Tra un ahimè e l'altro, l'occhio mi è caduto su un libro avente le caratteristiche sopra elencate, regalatomi da un'amica per il compleanno di due anni fa.
Un libro che pensavo non avrei mai letto, che invece mi sta regalando momenti piacevoli e che non necessita di molta concentrazione, se non per i nomi giapponesi dei vari personaggi protagonisti.
Ma non si può avere tutto dalla vita.
Vi è mai successo di attraversare un periodo di apatia verso la lettura?
Secondo voi va assecondato o si deve continuare a leggere, anche solo la lista della spesa, i programmi tv e le ricette di nonna Pina?
Grazie, buona serata a tutti.
PS: anche scrivere questo post mi sta costando fatica, quindi vi prego di regalarmi qualche soddisfazione coi vostri commenti.
Stare a maggese
Il termine “maggese” – derivante dal mese di maggio – indica una pratica agricola che viene svolta fin dall’antichità in questo mese.
Consiste nel fare una serie di lavorazioni su un terreno povero, tenuto a riposo, con la finalità di prepararlo ad una successiva coltivazione e soprattutto renderlo pronto per la “rotazione delle colture”.
È un terreno ben arato, lavorato con l’erpice – un attrezzo costituito da lame, denti o dischi su telaio – ma lasciato non seminato, a “riposare” per una anno intero o più, senza appunto renderlo produttivo.
Passando dalla metafora rurale alla Psicologia, lo stare o il mettersi a maggese è una capacità fondamentale che è utile acquisire per il governo efficace di noi stessi e della nostra emotività, in occasione di specifici eventi e/o periodi della nostra vita.
La nostra mente, ma in questo caso soprattutto il nostro cuore inteso in senso affettivo/sentimentale, sono infatti paragonabili ad un campo agricolo: non possono subire lo “sfruttamento intensivo” delle risorse ed essere sempre in tensione “produttiva”.
Il rischio è che il “terreno” si inaridisca al punto tale da diventare di fatto improduttivo.
È necessario, oltre che opportuno, equilibrare saggiamente il momento della “coltivazione” con quello del “riposo attivo”, ossia quello di un tempo/spazio personale in cui ci si rigenera, ci si prende cura di sé, ci si ascolta in profondità e si allentano o annullano del tutto gli intensi ritmi della produzione vissuti nelle attività quotidiane e nelle relazioni con gli altri.
Silvio Morganti, nel suo originale libro Le voci del silenzio (Editori Riuniti, Roma, 1994), descrive lo stare a maggese nel modo seguente: “Molte volte ci può capitare di registrare consciamente una pacata riluttanza ad applicarci a qualcosa che avremmo il dovere di fare.
Ci rimproveriamo con severità, ma non riusciamo a costringere la nostra capacità esecutiva al dovere.
Sentiamo che abbiamo bisogno di restare un po’ in ozio.
Il rimanere a maggese è caratterizzato anche da un altro importante aspetto: non lo si può raggiungere nell’isolamento totale e nella deprivazione.
Bisogna acquisire la capacità di essere soli in presenza di qualcuno che ci stia discretamente vicino.
Questo garantisce che il processo psichico rimanga sotto controllo e che così non si trasformi in processo morboso, introspettivo e penosamente tetro”.
Il contadino, anche se non semina, vigila sempre sullo stato del suo campo.
Lo stare a maggese è “sospendere” per un periodo l’attività della nostra mente ma anche del nostro cuore rispetto ad un “oggetto specifico” – una relazione, un amore, il lavoro – per il tempo necessario che serve loro a rigenerarsi.
Possiamo assimilare lo stato di maggese a quello che i Romani chiamavano “Otium” – il ritiro nello spazio privato – in contrapposizione al “Negotium” che indicava invece l’insieme delle attività di scambio e di comunicazione svolte nel Foro o nella pubblica piazza.
L’“Otium” non va confuso con l’“Otiositas” che risponde all’accezione negativa dell’oziare secondo quanto S. Benedetto ha menzionato nella sua Regola.
“C’è un tempo per abbracciare ed un tempo per astenersi dagli abbracci”, troviamo scritto nella Bibbia.
Ecco il motivo fondamentale per cui la strategia de “Il chiodo scaccia chiodo” in amore è molto rischiosa.
Dopo aver vissuto una relazione od una storia importante, soprattutto quando è “finita male”, bisogna lasciare al “terreno dei sentimenti” un tempo per riposarsi e riprendersi, altrimenti lo “sfruttamento intensivo” può anche renderlo “sterile”, vale a dire incapace di generare rapporti soddisfacenti e frutti amorosi saporiti in un tempo successivo.
È necessario una buona dose di coraggio e di equilibrio interiore per astenersi ma il saper aspettare è ripagato dal fatto che il futuro incontro sarà ancora più emozionante e significativo.
Dottore, aiuto! Ho il blocco del lettore!
Quasi tutti sono a conoscenza del famigerato blocco dello scrittore, scrittori in preda a deliri che fissano il bianco delle schermo del pc (o del quaderno) alla confusa ricerca delle parole giuste
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