L'altro giorno c'è stata la ricorrenza del mio compleanno, il 62° per l'esattezza).
Ci siamo ritrovati a pranzo con mio fratello, Flavia e nostra cugina Luciana, la nostra governante Maria e il badante rumeno.
Niente di che.
Il piacere di stare assieme in modo conviviale, con torta finale.
Flavia che mi conosce bene mi ha regalato una T-Shirt con icastico "messaggio".
"Non sono stato io" c'è scritto. Ma l'occhio cade inevitabilmente sulla parola "IO" che spicca rispetto alle altre per i suoi caratteri cubitali
Quell"IO..." così gigantesco, in fondo, mette l'accento sull'ipertrofia dell'IO... ....scherzosamente, s'intende... si starà forse parlando di me?
Ma se, davanti a "IO", mettiamo una "D", cosa abbiamo come risultato?
Per decenza, non lo dico nemmeno...
Se ci mettiamo una "Z", la parola diventa peraltro un più bonario e addomesticato "zio"...
Sarò veramente tanto ipertrofico con questo mio "IO" ingombrante, invadente, che tende ad occupare tutti gli spazi disponibili?
Mi sembra tanto che sto parlando della famosa barzeletta (in verità si tratta di un'incisiva vignetta) in cui un famoso psichiatra riceve nel suo studio un paziente che incede nella stanza in cui avverrà la consultazione vestito da Napoleone Bonaparte e con la mano infilata sotto il bordo del pastrano, come è nell'iconografia tradizionale.
Il paziente soffre evidentemente di "delirio di grandezza", per dirla in soldoni.
Lo psichiatra lo attende seduto ieratico alla sua scrivania, vestito anche lui da Napoleone, nella stessa identica postura, se non fosse che è assiso (come su un trono).
Lo pischiatra apre subito la conversazione per dire perentorio: "Innanzitutto, chiariamo chi è Napoleone qui"!
Beh, questa vignetta, mi ha sempre fatto ridere tanto e spesso l'ho citata spesso in forma aneddotica, anche per ridimensionarmi in qualche misura e per sottolineare il fatto che nella relazione terapeutica non c'è un normale (il medico) e un "malato", ma che entrambi - anche se in misura diversa - condividono o hanno condiviso esperienze comuni.