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16 settembre 2011 5 16 /09 /settembre /2011 11:38

frida.jpgL'altra mattina portavo a spasso a Frida...

Ho incrociato una signora che portava al guinzaglio tre cagnotti tracagnotti (tutti e tre minuscoli ed altezzosi, da "grembo" - come si suol dire...)...

Dall'altro lato, avanzava contegnosa una signora, anche lei legata al guinzaglio con un biancocane vecchiotto alquanto e dondolante sulle corte gambe...

Trafficato il marciapiede alle 10.00 del mattino...

Cose che succedono quando si è pensionati...

Un "tecnico" di qualcosa era intento, assieme ad un suo collega, a trascinare un grosso televisore demodé lungo lo stesso marciapiedi...

Fatica improba, visto che il suddetto era poco più di un rottame con viscere catodiche oscenamente esposte e fili pendenti come nervi recisi.

Il tizio - moderno Sisifo - si è distolto un attimo dalla sua fatica e, evidentemente colpito dal profluvio di cani in transito, prendendo me come interlocutore privilegiato (forse per via dell'inevitabile complicità scaturente dall'appartenenza allo stesso sesso), ha detto: "La prossima volta che nasco, voglio nascere cane... Almeno, la vita me la godo... senza pensieri".

Giusto pensiero... Ma, evidentemente, il tizio vedeva solo il lato roseo delle cose e aveva in mente essenzialmente il modello di cane vezzeggiato, coccolato, nutrito, bagnettato e spazzolato, umanizzato, in altri termini, quella categoria di cani che, a causa nostra, hanno perso lo statuto di animale, ma non possono conquistare quello di persona... come bene osserva Marcel Grenier, nel suo Le Lacrime di Ulisse (Edizioni e/0, 2003), citando un'enorme mole di esempi tratti dalla letteratura, a partire - ovviamente - dall'episodio dell'incontro di Ulisse, reduce dal lungo esilio durata ventanni, con il suo cane Argo.

 

Il tizio che vagheggiava di poter vivere da cane al suo prossimo giro di ruota, non pensava certo alla miriade di cani macilenti, derelitti, ramenghi, abbandonati, denutriti, maltrattati o mangiati (come accade in Corea) che popolano il mondo intero...

Ma anche per questa categoria di cani si aprono spiragli improvvisi per la costruzione di un forte legame con l'Uomo (vedi, per esempio il poetico racconto di Paul Auster, Timbuctù, commovente e profondo)

 

I

Il cane di Odisseo (Odissea libro XVII, versi 290-329)

 

Mentre questo dicevano tra loro, un cane

che stava lì disteso, alzò il capo e le orecchie.

Era Argo, il cane di Odisseo, che un tempo

egli stesso allevò e mai poté godere nelle cacce,

perchè assai presto partì l'eroe per la sacra Ilio.

Già contro i cervi e le lepri e le capre selvatiche

lo spingevano i giovani; ma ora, lontano dal padrone,

giaceva abbandonato sul letame di buoi e muli

che presso le porte della reggia era raccolto,

fin quando i servi lo portavano sui campi

a fecondare il vasto podere di Odisseo.

E là Argo giaceva tutto pieno di zecche.

E quando Odisseo gli fu vicino, ecco agitò la coda

e lasciò ricadere la orecchie; ma ora non poteva

accostarsi di più al suo padrone. E Odisseo

volse altrove lo sguardo e s'asciugò una lacrima

senza farsi vedere da Euméo; e poi così diceva:

"Certo è strano , Euméo, che un cane come questo

si lasci abbandonato sul letame. Bello è di forme;

ma non so se un giorno, oltre che bello, era anche veloce

nella corsa, o non era che un cane da convito,

di quelli che i padroni allevano solo per il fasto".

E a lui, così rispondevi, Euméo, guardiano di porci:

"Questo è il cane d'un uomo che morì lontano.

Se ora fosse di forme e di bravura

come, partendo per Troia, lo lasciò Odisseo,

lo vedresti con meraviglia così veloce e forte.

Mai una fiera sfuggiva nel folto della selva

quando la cacciava, seguendone abile le orme.

Ma ora infelice patisce. Lontano dalla patria

è morto il suo Odisseo; e le ancelle, indolenti,

non si curano di lui. Di malavoglia lavorano i servi

senza il comando dei padroni, poi che Zeus

che vede ogni cosa, leva a un uomo metà del suo valore,

se il giorno della schiavitù lo coglie".

Così disse, ed entrò nella reggia incontro ai proci.

E Argo, che aveva visto Odisseo dopo vent'anni,

ecco, fu preso dal Fato della nera morte.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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