(Maurizio Crispi) I biscotti Oro Saiwa: i miei preferiti quando ero piccolo e i miei preferiti tuttora.
Ottimi da intingere nel latte o nel The o nel caffè, quando la mattina si fa la colazione.
ottimi da sgranocchiare durante il giorno.
Formula semplicissima, crocchianti quando è giusto, non troppo burrosi, porosi quanto basta, ma tuttavia in grado di mantenere sino ad un certo punto (ma occorre fare attenzione!) la loro compatezza, quando "pociati" in una bevanda calda.
Negli anni successivi sono state tentate delle variazioni a partire dalla formula base, come gli Oro Saiwa rivestiti su di un lato soltanto da uno strato di cioccolatto fondente oppure quelli con la superficie cosparsa di piccoli cristalli zuccherini: ma - malgrado queste varianti - si finisce sempre con il ritornare al primo amore che è quello della formula più semplice in assoluto, cioè ad un biscotto semplice semplice, con una imperiosa e spartana forma rettagolare e un bordo con dolci dentellature che, con la loro curva, introducono in essi un elemento di lenta morbidezza collinare.
Tra l'altro, proprio per via di questa loro proprietà di imbibirsi, gli Oro Saiwa venivano utilizzati dalle nostre mamme come ingredienti indispensabili alla realizzazione di dolci casalinghi e, per questo, non c'erano delle ricette codificate, ma solo la loro inventiva.
Da piccolo avevo scoperto che era molto più piacevole intingerli a due a due e che il doppio biscotto aveva una "resilienza" ben maggiore quando si imbeveva al punto giusto.
E dovevano essere imbevuti al punto giusto: non troppo poco, perché altrimenti mancava la piacevole sensazione della materia del biscotto che si scioglieva in bocca, ma nemmeno troppo perchè altrimenti nel tragitto dalla tazza alla bocca la parte di biscotto imbevuta si sarebbe disgregata e sarebbe caduta in una pappa molliccia ed informe o sul tavolo o, peggio, sul tuo pigiama o sui vestiti (a seconda dell'orario in cui si faceva la deliziosa merendina).
Anche oggi, malgrado numerose esplorazioni, finisco sempre con il tornare alla delizia degli Oro Saiwa, pur incorrendo sempre nell'incidente legato all'eccesso di imbimbimento: giusto oggi facendo colazione mi si è spappolato uno di loro sui pantaloni del pigiama.
Questo evento lo vivi come una sorta di smacco, poichè è la dimostrazione di una tua imperizia o di una tua distrazione. E l'Oro saiwa non consente invece distrazioni di sorta: richiede che nel mangiarlo gli si dedichi un'attenzione esclusiva!
Benedetti gli Oro Saiwa, poiché rimarrano sempre uno dei sapori preferiti della mia infanzia!
Oggetti gastronomici del nostro immaginario collettivo, a somiglianza degli statunitensi Oreo (della Nabisco e precursori dei nostri "Ringo"), commercializzati successivamente in Italia sempre dalla Saiwa.
A completamento della mia nota, ecco alcune interessanti notizie "storiche" sugli Oro Saiwa.
(Da retrovisore.net) L’Oro raccomandato da Vittorio Emanuele.
È il compagno fedele di colazione di almeno tre generazioni: l’Oro Saiwa, prodotto con la stessa ricetta dagli anni Cinquanta, è stato il primo biscotto confezionato prodotto nel nostro Paese.
Se per un lungo periodo i biscotti sono stati un bene di consumo “di lusso” negli anni Cinquanta i prodotti da forno incominciano a imporsi come alternativa al pane per la prima colazione anche perché, grazie alla massiccia e automatizzata produzione industriale, il prezzo è finalmente sceso alla portata di tutti. È in questo periodo che la Saiwa lancia il biscotto Oro Saiwa, che si rivela subito un prodotto gradito ed è a tutt’oggi il biscotto più venduto in Italia.
A inventarlo è il genovese Pietro Marchese che ai primi anni del Novecento, al ritorno da un soggiorno in Inghilterra dove ha avuto modo di assaggiare i wafer, decide di aprire in città una pasticceria per confezionare i dolci scoperti durante il viaggio. Nonostante gli anni difficili della Grande Guerra, la pasticceria di Marchese va a gonfie vele, diventa una piccola industria e, assieme ai wafer, comincia a produrre anche biscotti.
Nel 1920, la piccola impresa si registra come S.A.I.W.A., acronimo di Società Accomandita Industria Wafer e Affini: nome coniato da Gabriele D’Annunzio, uno tra i più assidui consumatori di biscotti. Da subito la società presta attenzione al packaging: per prima consegna ai rivenditori dei cilindri di latta per la vendita dei biscotti sfusi (detti comunemente “bidoni” per le loro dimensioni), poi, nel 1934, la stessa Saiwa produce da sé gli imballi in latta che comincia a decorare con disegni a tema.
Oltre a D’Annunzio, testimonial di prestigio sono i membri di Casa Savoia, che concedono a Marchese l’onore di innalzare lo Stemma Reale sull’insegna della fabbrica. Da allora lo stemma è comparso ovunque, dalla carta intestata alle cartoline, alle campagne stampa, fino alle scatole di latta.
La società genovese è la prima industria dolciaria in Italia e dopo una parentesi come Saiva, dovuta all’imposizione del regime fascista di italianizzare il nome, finita la guerra nel logo torna la W e vengono rinnovati gli impianti.
E qui nasce Oro Saiwa, primo biscotto che abbandona la scatola di latta, e ancora oggi tra i più venduti in Italia.