Quelli che camminano con il volto affondato nel display dello smartphone
Quelli che parlano al telefono con voce stentorea cosicchè tu sei obbligato a sentire le loro conversazioni futili
Quelli che portano a passeggio il cane ed intanto parlano al telefono (oppure inviano e ricevono messaggi in un fitto - interminabile - scambio), trascurando il bisogno del loro amico a quattro zampe di avere un compagno di giochi e di gioia nelle passeggiate quotidiane.
Quelli che sperano che, un giorno anche il loro cane, possa essere dotato d'un telefonino (un can-telefonino).
Quelli che si connettono ad internet, perdendo il contatto con la Natura attorno e con i propri pensieri, mentre camminano o corrono.
Quelli che ogni pochi secondi compulsano nervosamente il display del loro mobile... e non solo di di uno, ma di due o tre che, tutti, devono essere accuditi e controllati.
Quelli che stanno seduti al tavolo di un ristorante in attesa che qualcuno si decida a prendere gli ordini e, invece, di dedicarsi alla reciproca interazione, guardano in quel maledetto display e lavorano freneticamente sul tastierino.
Quelli che perdono il piacere di piccole conversazioni quotidiane - anche con sconosciuti e passanti -, perchè impegnati con il proprio cellulare.
Quelli che il telefonino é il loro Dio.
Quelli che danno ai bambini piccoli - di pochi anni appena - un proprio telefonino, perchè essi pensano che sin dalla pù tnera età i bambini debbano essere educati all'uso dei moderni strumenti che ci offre la tecnologia.
Quelli che devono spararsi in vena una dose sempre più robusta di telefonia mobile - e sempre più frequentemente-, fino ad andare incontro ad una condizione di infusione costante, come dei malati terminali.
L'ossessione di essere connessi.
La connessione è la loro ossessione.
Connessi-ossessi.
Wired...
Ma wired significa anche legato, vincolato.
Se sei connesso tutto il tempo, in realtà, sei anche "legato" e continuamente localizzato; e perdi il senso della tua libertà, il piacere di essere solo e di stare nella compagnia sola ed esclusiva dei tuoi pensieri: e non c'è mai un attimo in cui tu possa rielaborare le tue emozioni.
Tutto si traduce in un fluire di parole in entrata e in uscita, senza alcuna "costruzione", nel mezzo.
Tutto si fa effimero.
E' tutto un bla-bla-bla ... una babele di parole e messaggini turbinanti nell'etere lanciati da Pollicini e da Pollicioni che digitano a velocità vertiginose, come se fossero stati creati solo ed esclusivamente a questo scopo.
Le cabine telefoniche (perfino quelle britanniche, inconfondibili per il loro legno lavorato a riquadri, dipinto di rosso, sono in abbandono e cadono a pezzi e, presto, saranno messe via, alla faccia del conservatorismo britannico), sono neglette e vengono rimosse dopo anni di incuria di vandalizzazioni e di pisciate: e nessuno più le degna di uno sguardo.
E così pure i telefoni a gettoni sono divenuti obsoleti, per non parlre delle telefonate tramite operatore (unico modo - in un tempo non lontano in termini di anni - per comunicare da certe parti del mondo).
Epifanie d'un tempo ormai lontano che per alcuni è anche più lontano della preistoria.
Ricordo i viaggi della mia gioventù, in cui il viaggiare (e non era necessario andare troppo lontano) diventava un'avventura proprio perchè entravi nella "zona" della solitudine e della difficoltà delle comunicazioni che ti facevano sentire con maggiore intensità il distacco da casa ma che ti donavano, allo stesso tempo, una sensazione di enorme e sconfinata libertà.
Oggi, invece, tutti - prigionieri come sono dei loro strumenti di comunicazione - documentano con rapide telefonate il progresso del loro viaggio, quasi centimetro per centimetro.
"Sono appena salito sull'areo"
"Appena atterriamo, ti richiamo"
"Sono sul bus che ci sta trasferendo dall'aereo al terminal"
"Sono nella toilet e sto cacando"
Oltre a tante altre prosaiche e vili comunicazioni che, in realtà, dal punto di vista comunicativo, sono insulse perchè non danno nessuna "vera" informazione.
E in questo modo anche se sei lontano centinaia o forse migliaia di chilometri, non ti sei allontanato di un solo metro dal luogo di partenza.
Le catene sono più salde che mai.
Sei sempre nel villaggio, per citare Marshall McLuhan.
Ogni tanto bisognerebbe provare a spegnere il telefono mobile e stare a vedere cosa si prova e come ci si sente ad essere disconnessi; provare anche a capire per quanto tempo tempo si resiste a stare disconessi, senza essere presi da tremiti di nervosismo e senza continuamente ricacciare la mano in tasca per consultare il familiare diplay, per constatare con un groppo d'ansia che è spento.
E cosa mai potrà essere accaduto in mia assenza?
O senza sentire prudere la lingua per non poter comunicare a chi di dovere l'ennessima banalità.
Proviamoci, ogni tanto, e rieduchiamoci.
Prima che sia troppo tardi.
Prima che la nostra involuzione mentale abbia inizio (se non è già iniziata).
O prima che qualcuno inventi gli smartphone di nuova generazione che possano applicarsi al corpo del loro utilizzatore come protesi bionica, innesti di ferro, leghe leggere e plastica nella carne.
O prima che diventiamo noi stessi degli smartphone ambulanti.