(Maurizio Crispi) Jean-Christophe Rufin, accademico di Francia, diplomatico (ambasciatore di Francia in Senegal), medico e scrittore, ha intrapreso da scettico il Cammino di Santiago, senza credere a nulla in particolare su di esso, non condividendo alcuno dei suoi miti, e senza proporsi nessun obiettivo pre-costituito, del tutto fuori dagli schemi.
Semplicemente, un bel giorno, s'è messo in cammino, con un bagaglio minimo (tutto ciò che potesse entrare in uno zaino non troppo pesante).
Ma siccome, sin dall'inizio, il suo approccio era da scettico e agnostico ha deciso di seguire una via meno battuta solitamente dai "Giacomei" e cioè "El Camino del Norte" che prosegue per alcune centinaia di chilometri lungo la costa spagnuola e che, soltanto in seguito, penetra nell'entroterra, seguendo "El camino primitivo" che fu quello seguito dall'allora Re di Spagna, Alfonso II, per recarsi a rendere omaggio alle reliquie del Santo appena ritrovate.
Il suo racconto, pubblicato in volume con il titolo "Il Cammino Immortale. La strada per Santiago" (in Italia pubblicato da Ponte alle Grazie, 2013; titolo originale: Immortelle Randonnèe. Compostelle malgré moi) è puntuale: eppure, come si scoprirà in seguito, essendo egli scettico e avulso da atteggiamenti turisticheggianti, ha imboccato la via "dis-armato", quindi senza macchina fotografica e senza l'ombra di un calepino sui cui prendere appunti o da utilizzare come "diario di bordo". Malgrado ciò, quasi tappa dopo tappa, la sua esperienza c'è tutta, benché scritta a distanza di tempo e rievocata dal profondo della memoria, dove con ogni evidenza e in modo sorprendente era rimasta vividamente impressa, come tutte le cose che suscitano un profondo coinvolgimento emozionale ed inducono un ntenso lavorio mentale "sotterraneo".
E 'questo il dettaglio (come si scoprirà alla fine) che dà la misura dell'autenticità del suo scrivere e del suo sentire: critico severamente a volte, altre supponente in modo quasi irritante, altre ancora empatico e percorso da slanci poetici e da intense emozioni.
Forse, proprio perchè il suo sguardo è libero da schemi preconcetti, la sua visione é a pieno campo e riesce ad elaborare sul Cammino un punto di vista non scontato ed originale.
Tra i punti forti: il fatto che il Cammino ti obbliga a fare ciò che vuole Lui e che solo sino un ad un certo punto si mantengono la propria libertà e le proprie opzioni.
L'altra affermazione quasi zen è che egli ha intrapreso il Cammino, non cercando nulla, nulla trovando: un nulla pieno di cose e di tesori.
Un libro che nella sua dichiarata a-spiritualità e a-religiosità é carico di un afflato quasi mistico, più da satori zen, però: e, in ogni caso , in una cornice del tutto a-confessionale. "Diffidate - sembra voler dire Rufin - di quelli che vengono a dirvi che il cammino é questo oppure é quello. Diffidate delle loro parole da falsi maestri e vivete la vostra esperienza, traendone i vostri insegnamenti".
Dice Rufin, alla fine, "suo malgrado" Il Cammino lo ha fatto, e il Cammino lo ha conquistato.
E' un libro che dovrebbero leggere - ma a cose fatte, per confrontarsi - tutti coloro che hanno sperimentato "Il Cammino", anche se - come Rufin avverte - la vera differenza sta nel "da quanto lontano" si arrivi a Santiago de Compostela, non tanto per le valenze sportive dell'impresa, quanto piuttosto perché occorre una certa distanza - nell'ordine di alcune centinaia di chilometri - per avere il tempo di perdersi e ritrovarsi, di destrutturarsi e ristrutturarsi nuovamente, e per elaborare sensazioni e impressioni che vanno di pari passo con il progressivo disambientamento e disancoramento rispetto agli schemi di vita di vita abituali.
Solo quando si supera un soglia che, da individuo a individuo, è variabile, allora il Cammino avrà qualcosa da dire: non qualcosa di generale, valido per tutti, ma qualcosa che si attagli a quella singola persona.
E, dunque, più si parte da lontano, meglio è. Più leggeri si viaggia, meglio é.
Meglio soli che in compagnia, poiché il processo di trasformazione interiore avviene più velocemente nel confronto con la solitudine,piuttosto che nella ludica condivisione.
No, invece, al consumismo del Cammino di Santiago, quello stesso consumismo con il quale inevitabilmente ci si deve confrontare quando si percorrono le strade di Santiago, costellate di ristorantini a poco prezzo per pellegrini e di rivendtori di gadget o con il pellegrinaggio turistico, quello dei viaggi organizzati in cui falsi "giacomei" trasportati in torpedone si fanno timbrare la credenziale, pur avendo camminato ben pochi chilometri.
(Dal risguardo di copertina) Con oltre un milione di visitatori dal 2005 ad oggi, Santiago di Compostela è senza ombra di dubbio una delle mete di pellegrinaggio più gettonate dei nostri tempi. Tra viandanti, mistici, coppiette in scarpe da ginnastica e turisti seduti sui sedili di comodi pullman, il medico e autore di best seller Jean-Christophe Rufin affronta il suo personale "apprendistato del vuoto". Ottocento chilometri da Hendaye, all'estremo sud-ovest della Francia, fino alla maestosa Cattedrale di San Giacomo. Tra dettagli concreti, riflessioni storiche e religiose e il desiderio di smascherare gli impostori degli ultimi chilometri, l'autore restituisce al Cammino per antonomasia la sua verità. Si tratta di una verità fatta di organizzazione capillare ed esasperante improvvisazione; di fango, case sbilenche e meravigliose coste battute dalle onde; di pellegrini solitari ingabbiati in una lunga sequenza di mode e tic alla ricerca di se stessi. È un percorso che può cominciare ovunque, e finire nella piazza dell'Obradoiro o tra le pagine di un libro. Perché anche se la caratteristica del Cammino è far dimenticare in fretta le ragioni per cui si è partiti, la strada continua ad agire su chi l'ha percorsa. Un' "alchimia dell'anima" che non necessita di spiegazioni. Basta partire, lungo i sentieri o sulla carta poco importa. Come Rufin ben sa, il Cammino immortale è fatto per chi va alla ricerca di niente. Tranne la voglia di continuare ad andare.
Vedi anche sul Magazine online "Ultramaratone Maratone Dintorni", il seguente articolo di sabato 28 dicembre 2013: Il Cammino immortale. Il Cammino di Santiago raccontato da Jean-Christophe Rufin: "Alla fine il Pellegrino rimane nudo..."