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16 novembre 2012 5 16 /11 /novembre /2012 07:51
il-rosso-e-il-blu_Piccioni.jpg(Maurizio Crispi) Una generazione degli Italiani (ma forse più di una) è cresciuta con letture di "Cuore" e del "Giornalino di Gian Burrasca" che presentavano due aspetti diversi della scuola italiana e della sua funzione nella società nel periodo post-risorgimentale.
E con quelle letture tanti di noi adulti un po' maturi siamo cresciuti, immaginando una funzione idealizzata della scuola che trasm
ette valori e che instilla anche conoscenze e cultura, formando così alla vita. 
Nelle pagine di Cuore vi è il personaggio di Franti, che è il riottoso e l'incorreggibile, anche se anche dal suo comportamento "deviante", il maestro alla guida della sua composita scolaresca riesce a trarre lezioni di vita.
Gianburrasca invece fu della scuola italiana il contraltare burlesco, quello dell'irriducibile cialtroneria dell'alunno che vuole farsi beffe della scuola e con la vocazione del ribelle, ma già con Vamba (Luigi Bertelli) eravamo andati molto più avanti di Cuore (la prima edizione del Giornalino fu nel 1907) e qualche dubbio sulla mission educativa della scuola cominciava a sorgere da qualche parte.
E adesso, giunti al passaggio tra il 20° e il 21° secolo, l'insegnante Lodoli, insegnante prima ancora che scrittore, ha affrontato la questione dello stato dell'arte della scuola italiana nel suo "Il rosso e il blu. Cuori ed errori della scuola italiana", Einaudi (e non solo in questo testo, peraltro): disperante, nella buona sostanza, il ritratto che scaturisce dalle sue pagine, quello di una scuola che non è più in grado di incidere significativamente nelle menti dei giovani che le vengono affidati; una scuola in cui la maggior parte degli insegnanti si abbandonano al cinismo, se hanno ancora un briciolo di idealismo se non sono essi stessi insipienti perché anch'essi forgiati da un sistema di istruzione stolido e poco attento ai cambiamenti epocali.
Eppure, qualche cosa di significativo ed importante ogni tanto avviene; qualche messaggio umano viene trasmesso; qualche seme attecchisce e germoglia, inaspettatamente, anche se spesso non si comprende come ciò sia potuto accadere, perchè chi l'aveva fattto prima era convinto di aver seminato nel deserto.
Ed é questo che dà adito alla speranza e che può spingere a continuare un'opera che ai più sfiduciati potrebbe apparire come una fatica di Sisifo.
Di questa scuola tratteggiata da Lodoli nel suo libro di memorie e di riflessioni sulle sue esperienze di insegnante è nato il film omonimo di Giueseppe Piccioni che ne è una credibile trasposizione: un film tenue che presenta problematici alunni, altrettanto probelematici insegnanti, ma che in definitiva non dà risposte e lascia nello spettatore soltanto dubbi ed interrogativi.
Un film da vedere, indubbiamente: un film che propone sicuramente una visione meno radicale del film sulla scuola italiana della metà degli anni Novanta (La scuola di Silvio Orlando, Italia, 1995), in cui si sottolineava il fatto che la scuola non è capace di "salvare" nessuno, poiché i dotati (per classe sociale di appartenenza, per cultura familiare) vanno avanti bene nel loro iter scolastico malgrado la scuola, mentre quelli che più avrebbero bisogno, finiscono con l'essere emarginati sempre di più, sino all'espulsione definitiva e alla libera caduta nell'anomia sociale, come insegna Ivan Illich nel suo saggio Descolarizzare la società.
Allora, la conclusione del film di Orlando fu quasi surreale, gogoliana. L'alunno più riottoso che disturba le lezioni imitando il ronzio di una mosca (una specie di Franti postmoderno), alla fine finisce con il trasformarsdi definitivamente in mosca, a sottolineare pessimisticamente in modo simbolico che l'istituzione scolastica in sé non é capace né di redimere, né di trasofrmare.
Invece, Lodoli - insegnante pensoso, con la passione della scrittura, assieme al regista del film - trasmette il messaggio più positivo che ogni tanto qualcuno si salva, malgrado tutto.
E questa constazione è sufficiente per andare avanti.

In fondo, il film trasmette la lezione che, tra le diverse generazioni, c'è un problema di linguaggi ormai profondamente diversi (con la percezione da parte degli educatori di un'irriducibile fattura) e che se la Scuola, in quanto istituzione, e se i singoli insegnanti che rappresentano l'interfaccia viva e palpitante con il mondo giovanile in fermento non si sintonizzano sui nuovi linguaggi e sulle nuove esigenze rischiano di impantanarsi contro un muro di incomprensibilità. E, il film, sotto questo profilo, nella sua seconda metà offre delle sorprese e rivela che spesso il punto di vista dell'insegnante - anche di quello che vuole essere comprensivo ed aperto - rischia di essere viziato da un pregiudizio di base...
Riccardo Scamarcio, nel ruolo dell'insegnante portatore di una visione idealizzata del suo ruolo, ma anche senza rendersene conto di forti pregiudizi sulla "credibilità" dei suoi allievi, qui se l'è cavata abbastanza bene, senza impantanrsi nel ruolo di personaggio "belloccio"...
Grande nel suo ruolo, Roberto Herlitzka che, nel suo ruolo di professore di storia dell'arte di grande cultura e di vaste conoscenze, nel corso degli anni é divenuto profondamente cinico sul suo ruolo e sulle capacità di apprendimento di alunni che nel corso del tempo si sono sempre più deteriorati, ma da un evento inaspettato costretto a ricredersi.
Un po' più scialba Margherita Buy, nel suo usuale standard di donna pensosa e un po' spaesata di fronte agli eventi in cui si trova a vivere, ma anche lei nel ruolo di Preside dell'istituo in cui si svolgono gli eventi narrati, per via delle circostanze portata ad riappropriarsi di una funzione materna che, pur inerente le sue funzione, aveva dimenticato con una rigida applicazione di norme e divieti...

Rosso-e-il-blu-Lodoli.jpg(dalla IV di copertina). Marco Lodoli non è soltanto uno scrittore, ma anche un insegnante, un professore nelle scuole superiori. Ogni giorno, in presa diretta si incontra e scontra con la scuola, con gli studenti e con il diffìcile e appassionante mestiere di insegnante. In "Il rosso e il blu" abbandona la finzione narrativa e, attraverso brevi ma folgoranti osservazioni, affronta i molti "cuori ed errori" che sono disseminati nella scuola italiana, e di cui è testimone quotidiano, esprimendo così il suo punto di vista sui tanti temi che entrano nel dibattito pubblico sull'educazione scolastica e i giovani di oggi: dal momento topico dell'esame di maturità alla piaga emergente del bullismo; dalla straniarne e defatigante esperienza delle gite di classe al problema della droga. Dall'angoscia degli studenti per il loro futuro, alla sintonia magica che talvolta si crea con il loro professore. Si delinea cosi un percorso mai scontato, dove la chiarezza espressiva è contemperata dalla profondità di giudizio. Gli errori della scuola sono solo un aspetto della questione. Non avrebbero senso e importanza, se dietro di essi non ci fosse la passione, insomma i cuori.


( Ilmessagero.it). «La scuola fa schifo, ma va difesa». Lo dice con un sorriso, Giuseppe Piccioni, e si capisce che i ricordi di gioventù e una buona dose di tenerezza hanno avuto la meglio sull’urgenza della denuncia.Il suo nuovo film Il rosso e il blu, ispirato al libro omonimo (Einaudi) dello scrittore-professore Marco Lodoli, racconta rigorosamente in chiave di commedia il sistema educativo italiano. Rappresentato da un liceo della periferia romana, dove la comune svogliatezza degli studenti e il disinteresse per l’apprendimento s’incrociano con le diverse tipologie degli insegnanti: l’anziano e cinico prof di storia dell’arte (un fulminante Roberto Herlitzka che alla proiezione per la stampa strappa applausi a scena aperta), il supplente idealista (Riccardo Scamarcio), la preside tutta d’un pezzo ma con istinto materno latente (Margherita Buy).

Il titolo del film rimane quello del romanzo, "Il rosso e il blu": un titolo che evoca l’immarcescibile matita per le correzioni, è stato prodotto da Bianca Film e RaiCinema e uscirà venerdì prossimo con Teodora e Spazio Cinema. «Anche se mostra le carenze della scuola italiana, dai muri scostati alla mancanza delle suppellettili basilari, non è un film politico», puntualizza Piccioni. «Anziché sui problemi strutturali e sociali estremi, ho preferito puntare l’attenzione sulle persone. L’idea di portare sullo schermo il libro di Lodoli è nata dal desiderio di raccontare il luogo che è un crocevia di destini, illusioni e disillusioni, dell’incontro tra adulti e ragazzi. C’è un filo di speranza, c’è leggerezza».

Le riprese sono state effettuate nella scuola Manzoni di Monteverde, mentre per scegliere gli studenti il regista ha scandagliato un po’ tutti gli istituti romani. Accanto a giovanissimi professionisti (Silvia D’Amico, Davide Giordano, Ionut Paun, Nina Torresi, Lucia Mascino) figurano dunque ragazzi che sono passati dai banchi al set per interpretare se stessi. Mentre gli attori adulti sono stati costretti a tuffarsi nei ricordi studenteschi e hanno assistito a qualche lezione, tanto per rendersi conto di quello che è diventata la scuola. «Non è molto cambiata dai miei tempi», osserva il 33enne Scamarcio, «e anche se i governanti continuano a considerarla un’istituzione irrilevante, mantiene intatta la sua funzione formativa».
Scheda film
Un film di Giuseppe Piccioni. 
Interpreti principali: Margherita Buy, Riccardo Scamarcio, Roberto Herlitzka, Silvia D'Amico, Davide Giordano, Nina Torresi, Ionut Paun, Lucia Mascino, Domiziana Cardinali, Gene Gnocchi, Marco Casazza, Elena Lietti, Alexandru Bindea 
Commedia 
Durata 98 min.
Italia 2012. - Teodora Film 
Uscita venerdì 21 settembre 2012


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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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