(Adriana Ponari) La sensazione di entrare in un luogo pieno di magia accompagna di certo chi ha la fortuna di visitare un luogo particolare com'è l'Archivio Storico Comunale di Palermo.
Il Prof D'Agostino nella sua relazione ha premesso le nozioni storiche legate alla funzione primigenia del luogo come Sinagoga che gli Ebrei del tempo chiamavano Mesquita, a somiglianza di significato di culto dell'uso locale degli Arabi che li avevano preceduti,espulsi dopo 200 anni dai Re Cattolici Spagnoli; e Mesquita aveva nome tutto il quartiere che ruota intorno a quella zona (via Maqueda, Università centrale, Via Calderai) che adesso vede coperto il cosidetto "fiume del maltempo" ovvero il Kemonia che, ad ogni pioggia abbondante, straripava allagando vie e case.
Il fiume del malotempo scorre proprio sotto l'edificio dell'Archivio: Damiani Almeyda, l'architetto che costruì il teatro Politeama, se ne occupò mettendo un vano di isolamento fra i locali contenenti preziosi documenti e il torrente; il restauro avvenne intorno agli anni '60-'70 del 1800;
La struttura della sala è verticale al massimo con ballatoi e ringhiere di ferro smaltato e finestre ad ogiva che, prima, la luce piena, poi, il primo crepuscolo filtrano; il soffitto ligneo é tenuto da quattro colonne centrali alte 15 metri, ma ciò che incanta è la scala a chiocciola di ferro lavorato che sale per diversi piani.
Per la cronaca, aggiungiamo che Il piccolo ensemble he si è esibito era costituito da Michela Alamia (voce), Francesco Maria La Bruna (violino) e Nicola Marchese (chitarra).
Aggiungiamo qui di seguito, alcune impressioni a caldo di Francesco D'Agostino: "Ho avuto il piacere di constatare, apprezzandola, l’efficienza organizzativa del personale dell’Archivio. I luoghi, le architetture mirate al bello rendono l’uomo sicuramente migliore: girando per l’aula ho colto lo stupore di molti che ancora non non avevano avuto modo di conoscere il luogo.
Un altro elemento di rilievo è stata la gradita presenza dell’Imam della nostra città.
Nel mio intervento iniziale non ho potuto mancare di parlare dello spazio che faceva da cornice all'evento e cioè dell’Aula Damiani Almejda in cui l'intento dell'architetto fu di riprodurre nelle misure e nei simbolismi quella che fu la Sinagoga di Palermo e delle ardite soluzioni adottate che fanno dell’Aula una vera macchina per la conservazione e la consultazione dei documenti.
Hanno fatto seguito quelli dell'Editrice, quelli sempre molto emozionanti di Miryam Ancona ed Evelyn Aouate e della coautrice Loredana Fiorello. Belle per la loro freschezza ed autenticità gli interventi dei quattro studenti.
Infine, le musiche ebraiche, risuonanti all’interno dell’aula e in un sito occupato sino 500 anni addietro dal luogo sacro degli ebrei, ha creato quella magia che ancora porto dentro di me. Non ritengo di dover aggiungere altro a quella che è stata per me una splendida e memorabile giornata, se non una. Uscendo dall’Archivio, Evelyn Aouate si è avvicinata con le lacrime agli occhi e dicendomi: 'Da ebrea ti ringrazio di tutto quello che hai fatto'".
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