L'altro giorno, a Kew Gardens (RBG Kew, London), c'era un bel prato fiorito, cosi' bello che sembrava una nuvola colora di violetto e di celeste.
Veniva voglia di tuffarcisi, di rotolarcisi dentro and anche di nuotarci, se solo fosse stato possibile. Ed e' stato cosi' che siamo sdraiati sul quel prato per fotografarci a vicenda, mentre avevamo la sensazione di galleggiare su di un'eterea nuvola di colore.
Ed e' arrivato un tipo anziano, ma non molto pi' vecchio di me, eppure sembrava un vegliardo, grigio e stinto.
Mi ha squadrato dall'alto in basso e mi ha detto: "Non dovevate fare questo. Se vi sdraiate sul prato e se tutti lo fanno, presto non ci saranno piu' fiori. Vedi? - ha aggiunto, indicando un cartello piuttosto lontano - c'e' anche scritto su quel cartello che non si deve calpestare il prato".
Sul momento, mi sono sentito un po' in colpa, pero' - a ben guardare - dal lato da cui ero arrivato, non c'era nessun cartello.
Spinto dal senso di colpa che mi ha attanagliato il cuore (era il mio Superio che entrava in azione), ho provato ad addurre questa ragione, a mo' di giustificazione.
Ma, poi, ho lasciato perdere, gli ho voltato le spalle e me ne sono andato.
Anche perche' - riprendendo a camminare - ho notato che tanti altri - allegramente e con gioiosita' - stavano facendo la stessa che un istante prima avevamo fatto noi.
E non ho potuto fare di meno di pensare che coloro che, in maniera gratuita e senza averne l'autorita' si pongono nella posizione di volenterosi censori dei comportamenti altrui, sono spesso i primi che vorrebbero trasgredire, ma non lo fanno perche' sono pusillanimi e con le loro censure cacciano i propri sensi di colpa scaturenti dall'aver soltanto fantasticato negli altri.
La volonta' di fare i censori spietati spesso nasconde una deformazione grottesca dell'organizzazione intera della personalita' e desideri inconfessati di trasgressione (da quella piu' banale ed innocente di distendersi su di un bel prato fiorito ad altre ben piu' gravi).
In ogni caso, chi - arbitrariamente - si autonomina censore soprattutto rispetto a comportamenti innocenti e non certamente delittuosi, e' spesso incapace di gioire delle cose, perche' e' tormentato da istanze interiori crudeli e tiranniche con le quali combatte i suoi stessi impulsi, che vengono costantemente negati e proiettati all'esterno in modo tale da estirpare dal proprio Se' il "mostro" e collocarlo all'esterno.
Ed e' questo lo stesso meccanismo che trasforma povere vittime innocenti in aberranti mostri, quando sia spinto alle piu' estreme conseguenze e questo tipo di fenomeno dalle profonde implicazioni sociali lo si puo' spesso notare nel modo in cui certe notizie vengono diffuse e nel modo in cui vengono alimentati certi stereotipi.
E sarei anche portato a pensare che coloro che albergano dentro di se' questo violento censore sono anche quelli che, in determinate circostanze, se solo ne ricevono l'autorita' e la validazione da parte di un'istanza superiore, possono essere i primi a trasformarsi in volenterosi carnefici.