E' il signor Massimo che spesso fa dei lavoretti per conto nostro nella casa di Piano Aci e mi dice: "L'ingegnere Lipari mi ha chiamato per dirmi che gli è sembrato di vedere la porta aperta. Ha detto che avrebbe voluto telefonarle direttamente, ma non aveva il numero".
"Massimo - gli rispondo - adesso io non posso andare. Ho un appuntamento dal veterinario…"
"Va bene - fa il signor Massimo - vado io intanto. Appena arrivo la chiamo per dirle della situazione".
Io rimango agitatissimo e nervoso.
Una cosa analoga era già accaduta nel 2010, con costi enormi perché - oltre ad avere devastato le porte della casa - i ladri avevano rubato un cavo elettrico che collegava il contatore alla casa (circa 400 metri di cavo).
Immagino cupi scenari e non riesco a stare nella mia pelle.
Penso ad una casa vanndalizzata, devastata, spogliata di tutto.
Racconto del fatto a mio figlio che mi dice: "Ma di cosa ti preoccupi, tanto non c'è niente di valore".
Ed io replico; "E se si sono portati lo scaldabagno? Oppure il frigorifero?".
Insomma, dopo un po', mentre sono ancora in sala d'attesa del veterinario, Massimo mi telefona e mi rassicura, per alcuni versi.
"No, non mi sembra che abbiano portato via niente, però venga lo stesso".
Finisco dal veterinario e vado, stando sulle spine per il trascorrere di ogni singolo minuto.
Arrivo e c'è una bella arietta fresca, è appena caduta una spruzzata di pioggia, e l'erba e la terra sono bagnate in modo benefico.
Una finestra sfondata, la porta a due battenti spalancata, tutto sottosopra, cassetti aperti, scatole svuotate in una frenesia di ricerca, frigorifero con la porta socchiusa per fare luce: non sono stati capaci di capire che se il frigorifero era acceso anche le altre luci di potevano accendere.
Ricostruiamo la dinamica dell'effrazione: la porta due battenti è tutti scheggiata e davanti ci sono dei massi.
In pratica, come primo tentativo, hanno cercato di sfondare la porta a colpi di masso, lanciando ripetutamente tre massi (suppongo quindi che fossero in tre, oppure in due poiché uno dei tre massi è troppo pesante perché sia lanciato da una sola persona) contro la porta (che avevo fatto restaurare appena due mesi prima).
Non l'hanno spuntata, anche perché dietro la porta c'è una sbarra di ferro (all'antica) incastrata nel muro, sbarra che, tuttavia, si è deformata per la forza dei colpi).
I massi tuttavia cadendo hanno devastato la soglia di marmo e la piccola aiola che, con il bordo fatto di "patatoni", fiancheggia i larghi gradini di accesso.
Stessa tecnica hanno tentato - ma senza convinzione - con una delle finestre sul retro.
Ma hanno lasciato perdere, dopo poco (quindi, almeno a questa, non hanno fatto molto danno).
A questo punto cosa hanno fatto?
Hanno divelto un cancelletto di ferro e l'hanno usato come leva per forzare gli scuri di una finestra laterale.
E ci sono riusciti senza grossi problemi.
Quindi hanno sfondato il vetro e sono entrati in casa.
A questo punto, per soperchieria hanno spalancato la porta, come atto di pura "vinciusità" e l'hanno lasciata aperta e la casa allo stravento.
E quindi si sono dedicati alla loro ricerca, ma senza successo.
Dentro un armadio hanno trovato una scatola di costruzioni con le mattonelle ad incastro che erano addirittura del mio tempo, quando ero piccolo, e che poi erano passate a Franci), in un'altra anta dello stesso armadio hanno trovato che li fissavano dei pupazzi di una serie di cartoni animati i cui protagonisti sono uomini-squalo che sono stati di Francesco e che, dalla loro "dimora", fissavano in una beffarda immobilità verso l'esterno, da un cassetto semi-aperto del comodino della mia stanza da letto occhieggiavano delle mie vecchie mutande "di riserva", rimaste lì per secoli e un po' ingiallite.
Tutti oggetti che sembravano sbeffeggiare la frenetica ricerca del "tesoro" messa in atto da questi ladruncoli da quattro soldi. Che erano evidentemente sulla base delle mie deduzioni, anche individui autenticamente fuori di testa.
Posso soltanto pensare che fossero dei giovinastri, alticci e bevuti (e forse anche chimicamente stra-fatti).
Le loro azioni, per come ne ho immaginato la sequenza, non denotano certamente molta lucidità e pianificazione.
Cosa hanno portato via?
Ben poco: una bottiglia di Porto ancora intonsa e una busta mezza vuota di tabacco per sigarette, ormai un po' disseccato.
Però, mi hanno lasciato i danni e il fastidio profondo di un'invasione del mio spazio privato…
Dovrò chiamare il falegname e il muratore per rimediare.
Ed escogitare qualche altro sistema per mettere in sicurezza la casa.
Soluzioni possibili sono allo studio.
Posso però ringraziare gli ignoti ladruncoli per tutto quello che non hanno fatto: li ringrazio perchè non hanno pisciato sui muri e sui materassi, perchè non hanno cacato sui pavimenti, perchè non hanno vandalizzato la casa, rotto le cornici dei quadri, danneggiato i mobili, perchè infine - pieni di risentimento, non hanno appiccato un incendio.
In fondo, tutto è relativo, e quando si contempla un qualsiasi danno subito, si può sempre sempre pensare che siamo stati molto fortunati e che tutto poteva andare in maniera ben peggiore.
Certo, ho trovato sorprendente il loro tentativo iniziale di effrazione, grottesco e brutale, degno di un hooligan, immerso in un suo trip di violenza fine a se stessa.
Forse pensavano di essere come i babbaluci della canzoncina popolare, autentici cornutelli molluschetti.
Oppure - per un attimo - hanno pensato di identificarsi con Polifemo, il Ciclope che, accecato da Odisseo, in preda all'ira scaglia enormi massi tratti dalla montagna dove è ubicata la sua caverna, tentando di affondare la nave di quel Nessuno che lo ha accecato con l'inganno.
Per un attimo ho immaginato una folla di ciclopi dementi che, nel cuore della notte, trasportano massi per schiantarli contro la porta di legno che fa barriera ai colpi e posso sentire la porta che trema, si scuote, urla di dolore, eppure resiste impavida.
No, in realtà, penso che il riferimento ai Ciclopi sia troppo colto per i ladri improvvisati che hanno infierito con i massi contro la povera ed incolpevole porta di casa e che li nobiliti fin troppo dando loro una sorta di aura mitopoietica.
Mi piace di più pensarli come i babbaluci della canzoncina che nel suo refrain fa: "E viri u dannu ca fanno i babbaluci ca li curna ammuttano li balati! (...)".
E, se non ci fosse da piangere per il danno subito e per il fastidio derivante dalla violazione di uno spazio privato (sarò ripetitivo, ma questa è la cicatrice interiore che rimane più bruciante dopo, anche quando i danni materiali sono stati riparati), tra babbaluci che ammuttano balati e Polifemo che scaglia enormi pezzi di montagna per sterminare Odisseo e i suoi uomini, ci sarebbe solo da ridere.
Viri cchi dannu(Sicilia)