All'alba, a dieci chilometri da Siena,
scorgo da lontano il profilo di Monteriggioni,
una cinta di mura e di alte torri,
per me familiare e fonte di emozioni
da quando mi ci imbattei casualmente
in uno dei miei vagabondaggi
A quella vista, non ho esitazioni:
abbandono la via principale e, seguendo le tortuosità della strada di campagna,
giungo alla piazzola di parcheggio ai piedi delle mura
A piedi, per la porta d'accesso, mi immetto nel grande piazzale selciato,
provando lo stesso fascino e la meraviglia della prima volta
La solitudine è totale: non un'anima viva
Mi accolgono il tubare dei piccioni,
una falce di luna ancora alta nel cielo
e le antiche torri della cinta muraria,
erte come sentinelle mute,
semplici arcate vuote sul lato interno
ma anche la chiesetta di Santa Maria
che, nel corso dei secoli, ha accolto
i pellegrini francigeni di passaggio
Io, nomade della vita, vorrei sostare
sotto la pergola addossata alla parte della rustica locanda
La citta è domiente,
nulla si muove,
a parte il tubare dei piccioni
e i primi voli frenetici dei rondoni
Un gallo canta, un altro risponde
Ad Est, la placida campagna collinare di vigneti e ulivi
s'accende di una lama di sole rosso arancio
E mentre il cielo d'Oriente rosseggia
per poi virare al giallo abbacinante
c'è l'attivarsi di un brulichio di vite e di suoni
Una persiana si apre
e, subito dopo, la porticina della stessa casa
si socchiude per fare spazio ad un uomo anziano in canottiera
che, mentre lancia occhiate al cielo che lo sovrasta,
si grattuggia con indolenza il ventre prominente
La strada mi richiama, tirannica
Non c'è tempo per ristare ancora per un poco:
quell'emozione di rivedere la piccola cittadina turrita sulla cima del colle,
quella la porterò con me sino alla prossima volta,
ripromettendomi una volta di tornare e risiedere in questo luogo
per alcuni giorni.
Ma ci riuscirò mai?
Monteriggioni