I sogni, a volte, sono complessi
e in essi ci ritroviamo a vivere
cose incredibili;
altre volte, invece,
sono di una disarmante semplicità
e rappresentano soltanto
piccole azioni quotidiane
senza alcuna importanza
I sogni arrivano da qualche parte
senza che il sognatore
possa influenzarne il contenuto,
o plasmarlo a suo piacimento
Per esempio, nel pomeriggio,
mi ero addormentato sul divano,
mentre leggevo e sorseggiavo una tisana
Il sogno è stato questo:
una mano (vedevo solo la mano)
accostava alle mia labbra
un cucchiaio carico di nutella
(o forse era burro di arachidi)
ed io protendevo le labbra in avanti,
contemporaneamente dischiudendole,
per accogliere il ghiotto boccone
Mi sono svegliato di colpo,
e mi sono accorto che questo movimento
delle labbra buffo e ridicolo
lo stavo in effetti compiendo
quasi pregustando il momento
di essere nutrito
come un uccellino nel nido
in attesa di gustosi bocconi
Ma Ale che era accanto a me
non si era accorta di nulla
Invece, poco fa, mi son svegliato
e c’era il residuo di un sogno
(mi pare che i sogni più floridi
vengono a me,
quando mi addormento sul divano)
Qui, io e altri avevamo a che fare
con tre tizie
con le quali non c’era nessun punto in comune
Erano svampite e superficiali,
apparentemente senza alcuno spessore,
vacue e interessate solo a futili argomenti,
indisponenti
cinguettanti
Perché le avevamo invitate?
Forse per una specie di scommessa,
o per da corso
ad un esperimento di psicologia sociale,
non saprei
All’appuntamento, delle tre tizie
se ne presentano soltanto due
La terza ha dato forfait
non si sa perché
La conversazione stenta a partire
Non ci sono degli argomenti comuni
Penso che queste due qui
siano delle autentiche sciacquine
con le quali non voglio avere
nulla da spartire
Eppure ora sono costretto
a sciropparmele
Poi sono seduto
in un basso balconcino, al primo piano,
aggettante su di una strada buia,
poiché é sera
e manca l’illuminazione
C’è una macchina blu
parcheggiata sotto,
di quelle che servono per scarrozzare
dignitari e potenti,
con uomini di scorta
solitamente armati e agguerriti
In effetti, attorno alla vettura,
ci sono tre figuri grossi come armadi
che si guardano attorno paranoici
(la paranoia é il succo del loro mestiere)
e tengono sotto controllo il territorio
Sono chiaramente in attesa
che arrivi il loro protegé
In effetti, di lì a poco,
vedo arrivare uno,
alto ed imponente,
vestito di blu,
tanto che a stento ne vedo emergere
volto e mani dalla coltre scura della notte
Dal poco che posso vedere,
ravviso dei tratti che mi sono familiari
E, sí, con emozione capisco
che si tratta d’un mio zio,
fratello dello mamma,
morto più di dieci anni fa
Lo chiamo “Zio, zio Aldo!”
Gesticolo, mentre lo chiamo per nome,
cercando di attrarre la sua attenzione,
ma niente: è come se fossi invisibile
e la mia voce non avesse suono
Lo zio, con indosso quell’abito blu,
sale sull’auto blu,
assieme agli uomini di scorta
vestiti di blu-nero
e parte per essere inghiottito dalla notte,
lasciandomi con la nostalgia
d’un incontro mancato
(Dissolvenza)
Poi ancora sono in un sogno
Sono in una situazione lavorativa
Portano un nuovo paziente
che deve entrare in comunità
É la prima sua esperienza per lui
Appena arrivato, deve ricevere
la somministrazione di un nuovo farmaco
in forma di polvere bianca
contenuta in un flaconcino di plastica altrettanto bianca,
senza etichette e senza diciture
Il farmaco si chiama “Tatmen”
(sento una voce che ne pronuncia il nome)
e, a quanto capisco,
il contenuto del flacone
serve per dieci giorni di trattamento
La dose del giorno viene somministrata
al nuovo paziente da un addetto,
forse un infermiere
Poi, io e un altro collega rimaniamo
a parlare con lui,
mentre Tatmen fa effetto
Poiché é alla sua prima volta
vorremmo spiegargli
le regole fondamentali della comunità
e ci sediamo vicino lui
Parliamo del più e del meno,
ma senza entrare nel merito delle regole
Poi soprassediamo e decadiamo di farlo
una prossima volta
Intanto, si è fatto il tempo
della quotidiana riunione di gruppo
e lo invitiamo a partecipare
Sono per strada
in una zona malfamata della città
e cammino con una valigetta
C’è uno davanti a me
che pure cammina
Al passaggio lungo una viuzza stretta
c’è da superare una gruppo di facinorosi,
forse i rappresentanti d’una gang
Al passaggio del tizio che mi precede
gli urlano contro parole che non comprendo,
forse insulti o espressioni di dileggio
o minacce
Ma non lo attaccano
Quello prosegue per la sua strada
senza proferire verbo
e senza reagire
Quando sopraggiungo io,
mi tocca lo stesso trattamento
e anch’io tiro innanzi
senza reagire
e senza subire attacchi fisici
Poi mi si affianca
uno che non conosco
e mi dice, riferendosi a quei bravi,
“C’hanno ‘u babbiu!”Arrivo ad un portoncino ed entro,
usando la chiave che ho con me,
per fare scattare la serratura
È come se fosse il mio alloggio,
per quanto temporaneo o di fortuna
Ma è minuscolissimo,
grande quanto una casa di bambole,
spoglio e privo di tutto
Che ci faccio lì?
Rimango, vorrei rilassarmi,
ma poi penso che è tardi
e che devo andare al lavoro
Vengo preso dal pensiero improvviso e disturbante
che non ho ben chiuso l’uscio
e che sono dunque facile preda di quei bravi
Vado per chiuderla,
sentendo l’affanno e il cuore in gola
Prima che io ci arrivi,
la porta che era semplicemente socchiusa
si spalanca di botto
e sulla soglia compare un ceffo spiritato,
grande e corpulento come un armadio
che impronta una tiritera offensiva,
una litania di improperi,
contro i medici che vivono in quel quartiere
e che non sono mai disponibili,
quando c’è bisogno di loro
Nel mentre sta per passare un’auto blu
Il tipo esaltato,
mi gira le spalle di botto,
per accostarsi all’auto
con un scatto repentino
e attraverso il finestrino semiaperto
cominciare a lanciare insulti
e verbosità querulomaniche
contro l’occupante della vettura
che è evidentemente un medico
(Dissolvenza)
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