Con Orizzonte mobile, pubblicato da Einaudi (Supercoralli) nel 2009, Daniele Del Giudice (oggi purtroppo compianto) ci ha regalato un diario di viaggio, anzi un diario di più viaggi, poiché le annotazioni scritte dall'autore in occasione di uno straordinario viaggio che si trovò a compiere tra Cile, Patagonia, Terra del Fuoco e Antartide, nel 1990, si intersecano con brani tratti dai diari di due spedizioni, una nella Terra del Fuoco (spedizione Bove, alla fine del XIX secolo) e l'altra nell'Antartide (Spedizione De Gerlache, nel 1892) - con il breve resoconto di un suo secondo viaggio antartico, in verità mai compiuto, collocato nel 2007.
A mio parere (anche se il mio parere conta poco perché è viziato dalla mia passione per i libri di viaggio) è uno straordinario testo che, sì, ci fa vivere i luoghi di cui Del Giudice o i cronisti delle antiche spedizioni parlano, ma soprattutto ci trasmette le emozioni che può procurare un viaggio in luoghi così estremi e così ostili all'Uomo.
La bellezza di questo testo va ricercata nelle note a margine pagina che scavano nell'intensità del rapporto che si viene a creare tra il visitatore e questi luoghi.
Ora, avendone completato la lettura, mi sorge il dilemma: collocherò questo libro tra quelli di Daniele Del Giudice oppure tra quelli di viaggio, accanto - ad esempio - al libro cult di Bruce Chatwin, In Patagonia, oppure a quelli che raccontano della sfortunata spedizione di Shackleton e di quella di Scott e di quella vincente di Amundsen, oppure al diario di quel tipo straordinario che ha compiuto l'impresa di attraversare l'Antartide a piedi in solitaria, senza alcuno aiuto esterno?
Propenderei per questa seconda possibile collocazione.
L'orizzonte mobile del titolo è l'evanescenza del concetto stesso di orizzonte quando si raggiungono i luoghi più estremi ed interni dell'Antartide, poiché in prossimità del Polo Sud geografico basta spostarsi di pochi chilometri in direzione est o ovest per cambiare fuso orario, sicché percorrendo una distanza lineare di poche decine di chilometri si può andare avanti di un intero giorno o all'indietro di altrettanto.
(dal risguardo di copertina) Un uomo in viaggio verso il "più profondo e radicale dei Sud", L'Antartide. Da Santiago del Cile a Punta Arenas e poi sempre più giù, sopra "un altro pianeta, un corpo celeste abitato da milioni di pinguini, impacciati ed impeccabili marziani". Esplorando un gelido Meridione che conserva nei suoi ghiacci le storie di chi l'ha abitato, di chi ha cercato di raggiungerlo: uomini avventurosi dal destino spesso tragico ed emblematico che si sono spinti fin dentro quel cuore di tenebra abbacinante.
Mentre narra la propria spedizione antartica, Daniele Del Giudice ripercorre i taccuini di quelle coraggiose spedizioni altrimenti sconosciute ai più, con naufragi, navi imprigionate mesi e mesi tra i ghiacci, equipaggi indomiti, marinai sull'orlo della disperazione o annientati dalla follia: sono gli ultimi veri racconti d'avventura, che hanno fissato il mito e la memoria di questa Terra Incognita.
Con un lavoro di intarsio, al confine tra vita e letteratura, l'autore ricostruisce una "iper-spedizione" che collega fra loro episodi di viaggi storicamente realizzati, ripercorrendoli sui sentieri del mondo e su quelli della scrittura. Giocando sulla diversità delle prospettive e delle voci, ci offre un "orizzonte mobile" nello spazio e nel tempo ma stabile e duraturo nei sentimenti che suscita.
Un viaggio fuori dal tempo, dentro un paesaggio ipnotico e indifferente all'uomo, di sublime bellezza: dal giallo ocra delle pampas ai ghiacciai che colano in acqua, tra cime rocciose, nevi eterne e precipizi. Davanti agli occhi, un orizzonte di ghiaccio e luce, sempre sfuggevole. Sono luoghi, storie, giorni, anni, ere geologiche che resistono alla prospettiva lineare del semplice raccontare. Una millenaria geometria naturale che ogni cosa stratifica, ogni memoria cristallizza. Un mondo simultaneo di cui questo libro è il canto.
L'autore. Daniele Del Giudice (Roma, 11 luglio 1949 - Venezia, 2 settembre 2021) è stato uno scrittore italiano. Ha esordito con Lo stadio di Wimbledon (1983), che narra l’inquieta ricerca di un giovane intorno alla vita − e al silenzio − dello scrittore triestino Bobi Balzen. L’avventura della percezione, nell’impegno di «vedere oltre la forma» e tracciare una mappa del mistero della creazione, è il tema dominante dei romanzi successivi (Atlante occidentale, 1985; Staccando l’ombra da terra, 1994), dei racconti (Mania, 1997, premio Grinzane) e della raccolta di scritti In questa luce (2013), sorta di autobiografia intellettuale.
Da ricordare anche il saggio Nel segno della parola, scritto con Umberto Eco e Gianfranco Ravasi (BUR 2005) e questo Orizzonte mobile (2009)
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