Questa nota, scritta il 20 giugno del 2020, è riemersa attraverso i ricordi di Facebook, non ancora pubblicata qui, su questo blog.
E credo che sia stata per me una delle ultime "note" pubblicate su Facebook, prima che gli sviluppatori di FB abolissero questa funzione, che per me era preziosissima, in quanto mi consentiva di utilizzare il mio profilo, a tutti gli effetti come una pagina web. E capitava spesso, in questa mia gestione, che dapprima scrivessi una nota su Facebook, ripromettendomi di trasferirla dopo nel blog e che, poi, distolto da altre incombenze, mi dimenticassi di farlo.
Per quanto concerne il contenuto della nota, voglio circostanziare meglio: quando la scrissi avevo già vissuto il primo periodo del lockdown e mi ero dedicato a scrivere un mio personale diario della pandemia che poi, assieme ad altri successivi scritti estendentesi sino al marzo del 2021, si è trasformato in libro (Ai tristi tempi del Coronavirus. Dove siamo, dove andiamo - Il mio diario giornaliero, Edizioni ExLibris, 2021) e, successivamente, ho messo mano ad una serie di miei scritti sulle panchine e ne ho scritto di nuovi. Quindi, ciò che scrivo in questa nota non è esattamente veritiero, anche se è verissimo il fatto che dopo aver scritto un bel po' di note di diario relative al primo periodo della pandemia, mi fossi poi fermato, scrivendo in un arco di due mesi quattro o cinque testi soltanto: al punto di sentirmene preoccupato.
Ritengo che i pensieri e le emozioni che si esprimono siano veri nel momento in cui si descrivono, ma essi sono fatti d'una materia plastica, continuamente mutevole, e dunque sono transitori e mobili come le nuvole. Si trasformono, sono metarmorfici e non possono essere liquidati con uno sbrigativo giudizio dicotomico vero/falso.
In fondo queste brevi note diaristiche sono delle fotografie istantanee che hanno pur sempre un loro valore documentario.
E’ da molte settimane - forse non esagero se dico due mesi - che non ho più scritto una sola parola.
La routine di ogni giorno, i piccoli gesti quotidiani sia della gestione domestica sia dei lavori outdoor in campagna, mi hanno assorbito totalmente. Se a questi due aspetti si aggiunge la cronica carenza della connessione internet per il laptop proprio in questo ultimo periodo la lista degli impedimenti materiali è completa.
Ma - ad essere onesti - devo aggiungere che vi sono altri - più impalpabili - eventi soggettivi che hanno interferito.
Forse la mancanza di ispirazione, o forse la mancanza di quello stato estatico della mente che prelude all’atto della scrittura e che già la contiene (e sintomo di ciò vi è la cronica incapacità di ricordare al risveglio i sogni che sono sempre presenti tuttavia, abbondanti e vivaci, per quanto possa confusamente ricordare), o forse ancora la mancanza di voglia di comunicare qualsivoglia pensiero odi andare alla ricerca di immagini da catturare con la mia attrezzatura fotografica per poi divulgarle nella rete o per usarle come primum movens per lanarrazione di piccole storie.
Non sono più un attivista della comunicazione, come mi ritenevo sino a qualche tempo fa.
C’è qualcosa di più, forse. Ed è la sensazione di aver varcato in qualche modo una soglia.
Sappiamo tutti che nella vita abbiamo sempre molte soglie da attraversare. A molte di esse non facciamo caso, spinti come siamo dallo slancio e dall’entusiasmo. Di altre ci accorgiamo, invece: o per la gravità degli eventi cui esse ci conducono o per i particolari stati emozionali sperimentati.
Ogni soglia superata espone alla perdita di qualcosa, ma - al tempo stesso - apre la via a nuove potenzialità e a nuove avventure.
Con il trascorrere del tempo alcune soglie acquistano il sapore dell’ineluttabilità: ed è quando uno vorrebbe fare magari una ricarica indietro, una sorta di fast backward: ma è chiaro che non è possibile tornare indietro per riavere più tempo, poiché è nella natura umana essere in parte legati ad un vettore del tempo lineare.
Ecco il fatto...
Il 9 agosto 2019 ho compiuto 70 anni: e devo dire che non ci ho pensato particolarmente; mi sono sentito nei mesi successivi lo stesso di sempre.
Ora si avvicina il tempo del mio 71° compleanno e, nel frattempo, qualcosa è cambiato, con Covid-19 a far da trigger e da catalizzatore, con la caduta verticale delle piccole abitudini quotidiane e con la necessità di ridisegnare stili di vita e relazioni sociali.
Il tempo si fa stretto, quando - nell'acquisire consapevolezza di aver varcato una soglia cruciale - il bilancio tra ciò che si è perso e ciò che ancora può essere trovato non è più tanto vantaggioso, come anche quello che si può trarre soppesando i propri fallimenti nel confronto con i successi o analizzando la propria perdita di vision, in altri termini della propria capacità di sognare ad occhi aperti, proiettandosi in un futuro ipotetico, ma pur sempre possibile.
Sento il tempo che passa veloce in questi giorni ed è forse la perdita di creatività, quella creatività che è alla base della scrittura, uno dei segnali premonitori dell'abbandono dell’entusiasmo, della curiosità, della vivacità mentale e della voglia di apprendere di continuo cose nuove.
So anche, tuttavia, che quello di essere vicino al fine turno è uno stato d’animo transitorio e sento che continuo ad identificarmi con il gatto che ha nove vite da vivere.
Ma anche il gatto che ha nove vite da vivere giungerà alla fine alla sua nona (ed ultima) vita...
E cosa gli rimarrà poi da fare per avere ancora più tempo?
L'immagine che ho usato per illustrare questo post mi rimanda ad uno scritto dell’aprile del 2019
Pity the poor cat with nine lives to live - Frammenti e pensieri sparsi
E' molto difficile, in certi momenti della vita, trovare qualcosa da dire o da scrivere. Quando ciò capita, ci si sente prosciugati, inariditi. Quando ci si ritrova a chiedersi perchè mai, dopo u...
http://www.frammentipensierisparsi.net/2019/04/pity-the-poor-cat-with-nine-lives-to-live.html
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