C'è un piccolo giardinetto nei pressi di casa mia. Grosso modo, ha un'estensione quadrangolare, con aiuole, vialetti e molto verde (che quest'anno è scampato alla mano pesante dei potatori comunali). In primavera, ci sono rigogliosi cespugli di oleandri fioriti e grandi cespi di bouganvillea che, a volte, sganciandosi dai loro supporti-tutori a causa delle folate di vento troppo impetuose, si protendono verso le panchine di pietra che resistono numerose agli atti vandalici. E sembra quasi che quste boungavillee con il loro manto di fiori violacei (ma in realtà, nel loro caso non si tratta di veri e propri fiori, ma di foglie trasformate) vogliano sedersi sulle panchine o addirittura farsi panchina.
C'è anche una grande vasca piena d'acqua che, a volte, è allietata da uno spruzzo che si erge verticalmente per poi ricadere con liquidi rumori. Un tempo, nella vasca c'erano dei pesci rossi che, forse, non sono sopravvissuti all'incuria. E c'è anche un'area giochi per i piccini, recintata da una staccionata di legno che, dopo circa tre anni dalla sua realizzazione, comincia a manifestare i segni dell'usura e, soprattutto - ancora una volta - dell'incuria.
Davanti alla vasca di pietra e, con vista sull'area giochi, si trova una solida panchina di pietra (forse una specie di travertino) con alle spalle degli arbusti arborei di cui ignoro il nome. La panchina è in pieno sole durante le prime ore del giorno, mentre. grazie alla vegetazione che la contorna, nelle ore pomeridiane si ritrova in piena ombra. La vegetazione qui, soprattutto di pomeriggio, sembra racchiudere la panchina dentro una ombrosa alcova (si potrebbe quasi dire che, nel gioco chiaroscurale si configura quasi una privata "camera con vista").
Qui, un pomeriggio di qualche giorno fa, questa panchina era già in piena ombra e, su di essa, s'era accomodato un dormiente (forse un extra-comunitario, ma non è questo ciò che importa), le scarpe levate e ordinatamente riposte come ai piedi d'un letto. La bici di costui era negligentemente accostata alla panca di pietra. Anche lei semi-coricata, in sintonia con il suo proprietario che, dopo aver scrollato a lungo il display del suo telefono, s'era abbandonato ad un pacifico e rilassato sonno ristoratore. INdubbiamente, per il dormiente, questo angolino era "cosy", come si direbbe in Inglese, e del tutto confortevole.
Avrei voluto fotografare questa scena, ma la batteria del mio dispositivo mobile s'era esaurita. E, quindi, niente scatto. Soltanto uno o più scati mentali da archiviare nella mia memoria.
Ed ecco che, la mattina dopo, mi sono ritrovato nello stesso posto e la panchina era, in quel momento, in pieno sole.
Ed io stavolta ero in condizione di fotografare, sì: anzi, ero passato, da questo punto, proprio perchè ricordandomi delle vivide impressioni del giorno prima, volevo comunque fissare il luogo in un'immagine, per quanto dissimile potesse essere da quella del giorno prima.
Ho dunque fotografato la panchina vuota, e la vasca della fontana davanti ad essa, piena d'acqua luccicante di riflessi.
Il vuoto della seduta, tuttavia, per me documentava un’assenza e - per differenza - risultava ancor più vivida nella mia mente l'immagine di quell'uomo profondamnte immerso nell'abbraccio di Morfeo.
I dormienti abbandonati sulle panchine ombrose (o anche per terra, su di un prato, o sul duro cemento) attivano in me una sensazione interiore di dolce melanconia: quando vedo uno di costoro vorrei lasciarmi andare a quel languore tuffandomi in un sonno tranquillo che, all'aria aperta e in totale solitudine, esprime la totale e radicale fiducia di colui che dorme nei confronti del mondo.
(Palermo, il 17 maggio 2022)
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