Oggi è il 5 maggio e ricorre il 50° anniversario dell'incidente aereo di Montagna Longa, nel quale perse la vita mio padre Francesco, assieme a tutti gli altri passeggeri e ai componenti dell'equipaggio di quel volo.
É successo 50 anni fa, ma a me sembra ancora ieri: molte vite, troppe, furono spezzate in una vampa sul monte. Il ricordo di quel dolore è tuttora vivido per tutti.
Quando mio padre ci ha lasciati aveva da poco compiuto 54 anni ed io ne avevo appena 22.
Oggi che, dalla sua scomparsa, ne sono passati 50 di anni (mezzo secolo), io ho vissuto per 16 anni più a lungo di lui e pertanto sono diventato più vecchio di lui che, per me, è fissato nel mio ricordo come era quando all'improvviso non torno più.
Le cose strane che accadono, quando ci si confronta con quelli che sono rimasti indietro.
Se avesse continuato a vivere (e lui diceva sempre che avrebbe vissuto a lungo perché tutti nella sua famiglia erano stati longevi), avrebbe da poco compiuto 104 anni.
Quando è morto, io ero in difficoltà nel rapportarmi con lui, visto che aveva una grande statura intellettuale ed io, nel confronto, mi sentivo piccino ed insignificante. Ero alla ricerca della mia identità e, dunque, cercavo di prendere le distanze da lui, a volte rifiutandolo quando lui cercava di essermi vicino.
E poi è morto e, quindi, il possibile confronto è rimasto in sospeso, lasciandomi dentro molto rimpianto ed amarezza, per le parole che non ero stato capace di dire e per quelle che avrei voluto sentirmi dire da lui.
Ed è stato un confronto lungo e faticoso che ho dovuto avviare dentro di me, in sua assenza. Un confronto al quale non ho mai potuto porre fine. e forse è anche per questo che non mi sento ancora un uomo maturo alle soglie della vecchiaia, ma sempre come quel ragazzo di ventidue anni che ha dovuto improvvisare un dialogo agognato con un padre che che non poteva più esserci in presenza.
Così vanno le cose della vita.
Oggi, che é il cinquantenario di quel tragico evento che ha segnato indelebilmente la vita di così tante persone (82 furono gli orfani rimasti, anche se io nella mia vita successiva non mi sono mai sentito “orfano”, forse perché mio padre era rimasto in me, per non parlare dei tanti genitori che hanno dovuto seppellire i propri figli), salirò assieme ad altri sino alla cresta ventosa di Montagna Longa, dove si trova la grande croce di ferro in memoria delle vittime.
Con me ci saranno i miei figli Francesco e Gabriel e spero che, un giorno, vorranno raccogliere il testimone e continuare a salire, di tanto in tanto, sino alla Croce per ricordare il nonno che non hanno mai conosciuto, se non attraverso le mie storie.
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