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10 febbraio 2022 4 10 /02 /febbraio /2022 11:32

«Il fatto è che la gente è sola. Terribilmente sola»

Sofie Divry, La custode di libri, Einaudi, 2012

Sophie Divry, La custode di libri, Einaudi

La custode dei libri di Sophie Divry, esordiente scrittrice francese di appena trent'anni  (Einaudi, 2012) è il racconto - in forma di monologo - di una donna che nella vita è stata ferita tante volte, ha sofferto per amore ed ora trova la sua serenità tra i suoi adorati libri riposti nella biblioteca in cui lavora, relegata in un sotterraneo.
E' un lungo e pensoso monologo in cui la donna (che sino alla fine rimarrà senza nome) parla in continuazione dalla prima all’ultima frase.
Il suo interlocutore (altrettanto senza nome) è un ragazzo che si è rifugiato nel seminterrato della biblioteca nelle ore notturne, e che la donna - mattiniera - ha scoperto addormentato poco prima dell'apertura al pubblico della Biblioteca e dell'arrivo degli altri impiegati e funzionari.
La bibliotecaria si rivolge a lui in un lungo flusso associativo tra amarcord, personali riflessioni e preferenze sulla lettura e sui libri, ma anche considerazioni sul lavoro del bibliotecario e della storia delle biblioteche pubbliche come strumento per edificare e acculturare il Popolo e del sistema di catagolazione universale che s'è andato sviluppando dalle loro prime esitanti origini. E in questo percorso, fornisce anche preziosi elementi che riguardamo la storia francese a partire dalla Rivoluzione in avanti e sul modo in cui lo silupparsi dell'interesse universale per la lettura si è intersecato con i fatti storici.
La bibliotecaria ha le sue personali idiosincrasie, certo, e non le nasconde, ma è molto amareggiata del dover vivere in un epoca che predilige il frastuono e che ha girato le spalle al vero piacere della lettura che è da consumarsi nell'intimità con se stessi e in un silenzio meditativo.
Ma la donna (con continue escursioni e sarabande associative) non esita anche a raccontare al suo silenzioso interlocutore della sua vita privata e dei suoi sentimenti: nelle sue parole emerge un terzo interlocutore, un interlocutore mancato - in verità - un ragazzo - forse uno studente universatario - che frequenta la biblioteca e, in particolar modo, la sezione di cui la donna è responsabile per portare avanti una sua ricerca (forse una tesi di laurea). La donna lo apprezza per la sua serietà e vorrebbe intrecciare un dialogo con lui, di cui studia da lontano la nuca che, appena coperta da capelli ricci, assume per lei un'intensa connotazione erotica, ma non trova corrispondenza al suo sguardo. Afferma anche che, quando viene interpellata, è come se rimanesse sempre invisibile: il destino di tutti i bibliotecari del mondo, afferma lei per consolarsi.
La sua voce è dolce e soave e porta nel cuore il dolore d'un amore finito male e solo attraverso i  suoi libri - e la segregazione di una vita nel sotterraneo di una biblioteca di una città di provincia - riesce a placare quella sofferenza.
Il libro va letto di getto senza fermarsi, per rimanere nello spirito del monologo: è quello che ho fatto in un pomeriggio piovoso, seduto in un bar sorseggiando un paio di tazze di the ( il tempo necessario: un paio di ore appena: si può fare dunque).
Fermarsi spezzerebbe il senso e il ritmo del monologo e ucciderebbe l'atmosfera emozionale che si va creando attraverso questa originale rappresentazione della lettura, dei libri e delle Biblioteche che certamente può toccare nel profondo tutti quelli che amano i libri e li considerano perennemente un oscuro oggetto di desiderio, ma li vedono anche come porte costantemente aperte verso altri mondi.
Poi, magari, dopo una prima lettura fatta di getto, si potrà tornare indietro per assaporarne in maniera più meditata, specifiche parti.
Un libro che consiglio vivamente a tutti quelli che amano leggere.

(Dal risguardo di copertina) È una querula bibliotecaria di provincia la donna che parla dalla prima all'ultima riga di questo incantevole monologo. Il suo interlocutore è un ragazzo che usa il seminterrato della biblioteca come bivacco notturno. A lui la custode si rivolge mischiando vita privata, libri, invettive. E la confessione di un tenero rapimento verso uno studente di cui però contempla solo la nuca. La sua voce ci arriva sommessa, un po' nevrotica, la voce di una donna ferita da un amore andato male, chiusa in un riserbo che solo i suoi amati romanzi riescono a scheggiare. Li ama, li classifica, li commenta convinta che solo l'ordine monastico della biblioteca è medicina per il caos dei sentimenti e degli uomini tutti. E poi d'un tratto la sua voce si accende e dalla donna autoreclusa nel sottosuolo esce una pasionaria della letteratura, una tenace sentinella del silenzio, che dalla sua misera trincea di provincia difende la vertigine della bellezza letteraria contro il chiassoso vociare della subcultura di massa.
Sophie Divry ha trent'anni e vive a Lione. La custode di libri è il suo primo romanzo.

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

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