Un lungo peregrinare mi conduce
in una città antica,
vercchie case con ballatoi, strade strette e contorte
dove a stento penetra la luce del sole
e, all'improvviso, si aprono piazze ampie ed incongrue
Scale e scaloni a mai finire,
appartamenti destinati ad abitazioni,
ma senza alcuna delimitazione di spazi privati
case-alveare, insomma,
stracolme di un'umanità dolente
Scale scaturite dall'immaginazione di Escher
vanno su e giù
e s'incrociano ad angolature pazzesche
ingombre di masserizie e di macerie,
a volte deserte,
ma altre volte strabordanti di persone
che pestano i piedi sul posto
in attesa che si faccia il loro turno di salire o di scendere,
scale rette e scale a chiocciola
senza parapetto
quest'ultime salgono a spirale
dentro il ventre di alte torri
e salendo non si può fare a meno
di guardare verso il basso,
attratti con forza magnetica
dal vuoto sottostante
Mi ricordo così della mia ascesa alla Torre degli Asinelli di Bologna
quando a nemmeno un terzo dell'arrampicata
dovetti interrompere
perchè non mi sentivo al sicuro e con la testa che mi girava,
guardando verso il fondo vuoto dal quale venivo
All'improvviso,
mentre a fatica m'inerpico su una di queste scale ritorte
ecco arrivare, di gran corsa,
il mio grande cagnone nero, intrepido
Salta pieno di energia i gradini,
salendo incurante della folla che si accalca
Lui sì che non ha paura!
Quando arriva alla mia altezza,
con il braccio - ma senza volerlo -
devio il suo movimento
ed eccolo cadere nel vuoto in un lungo volo
che io osservo sgomento dall'alto della mia postazione
sino a quando cade miracolosamente sulle quattro zampe
su d'un pianerottolo sottostante,
molte decine di metri più in basso
E rimane sulle quattro zampe
un po' traballante ed incerto
Mi chiedo se si si sia fatto male:
appare stordito ed incerto
Vorrei raggiungerlo, ma non c'è più,
come nei deliri visuali di Escher
una via diretta:
solo cammini sbarrati
muri che bloccano il transito
scale che si interrompono sul vuoto
senza portare da nessuna parte
Sono angustiato per il mio magnifico Black
Ogni tanto - mentre percorro strade cieche -
ho una visione di lui
accasciato per terra,
spelacchiato,
il muso inaridito
in semicoma,
gli occhi spenti e velati
Forse l'atterraggio ha causato dentro di lui
contraccolpi e concussioni
Percorro altre strade vuote
senza mai guadagnare la mia meta desiderata
Mi ritrovo, infine, dentro una caverna
dalle pareti e dai pavimenti
color verde smeraldo
tutta rilucente di pagliuzze scintillanti,
fatti di topazi e di smeraldi e di ametiste
Volte enormi
sorrette da enormi pilastri di pietra
Spazi che si aprono
in successive concamerazioni
Mi sembra di essere nell'antro dei Quaranta Ladroni,
ma senza il tesoro, però,
derivante dai bottini di innmerevoli scorrerie
Poi, mi ritrovo in un ambiente diverso,
e qui entro in un'ampia stanza piastrellata e pulitissima
che ha tutta l'aria d'essere
l'anticamera di un gabinetto pubblico
Qui, un uomo vecchio, tutto vestito di bianco,
con un zucchetto in testa del pari bianco
seminascosto tra folti capelli bianco-giallognoli
se ne sta seduto ad un piccolo desco
intento a desinare
Il suo abito bianco è una tonaca talare
la sua figura, pur intenta in questa prosaica attività, appare ieratica
Mangia, ma è come se
stesse pregando
o che, comunque, i suoi gesti
fossero permeati d'una forte ed intensa sacralità
Per un po' di tempo rimango a guardarlo, meravigliato
Poi, entro nel bagno vero e proprio,
dove vi è una lunga fila di lavabi,
acqua che sgocciola, e delle porticine
immettono alle latrine,
ma è pur sempre tutto pulittisimo
Anche i gabinetti, penso, sono intrisi di sacralità
la sacralità che si ritrova nelle pieghe del profano e del triviale,
così penso, attonito
Mi metto a urinare,
incurante di chiudere la porta della latrina
in cui mi sono ritirato,
e mentre il mio mitto cade con argentino chiocchiolare
al fondo del cesso di maiolica bianca,
ad alta voce, tento di iniziare
una conversazione con la figura ieratica nell'anticamera
Parlo e parlo,
raccontando della mia ricerca interminabile ed infruttuosa,
dei miei desideri e delle mie speranze,
ma non ricevo alcuna interlocuzione o risposta
come se parlassi con un muro
ma sono tuttavia pieno di timore reverenziale,
anzi, la mancanza di risposte lo accresce vieppiù
- Ho incontrato il Papa! Roba da non crederci! -
continuo a ripetere a me stesso
Vorrei ricevere delle parole di conforto,
ma non arriva a me neppure un sussurro
Quando riemergo dalla latrina
e, dopo essermi lavato le mani,
riaffacciandomi nell'atrio,
mi rendo contro che la figura ieratica è scomparsa
Evidentemente, il Papa ha finito il suo tempo lì
Sul muro, vicino a dov'era seduto c'è adesso una lapide di marmo
su cui è stata incisa questa frase:
"Siamo tutti sulla stessa barca"
E' rimasto tuttavia il piccolo desco,
ancora ingombro con i resti della colazione
Un croissant con ripieno di conserva, semimangiato,
un po' di caffè al fondo di una caraffa,
del vino rosso in un rustico calice di peltro
e un pezzo di pane
Prendo il pane, lo immergo nel vino,
me lo porto alle labbra e lo mangio,
masticando lentamente e assaporando
Ed era buonissimo...
(Palermo, 22 dicembre 2021)