Questo mi trovai a scrivere nel lontano 2009, stimolato da una foto carpita nel corso d'una mia paseggiata mattutina all'interno del Giardino Inglese di Palermo, a proposito dei lettori di giornali "in panchina".
In realtà, è bello sedersi in panchina a leggere un giornale o un libro, magari in un giorno di festa, quando non ci sono impegni e tutto si può svolgere in modo molto rilassato. Ma quella volta, quando vidi quel lettore di giornale seduto in panchina, provai un subitaneo moto di antipatia, a partire da ancora recenti ricordi della mia vita lavorativa.
E, si ci vaiu, ci vaiu pi liggirimi u' giurnali... (una domenica mattina, Giardino Inglese, Palermo)
Ogni volta che vedo uno che legge il giornale spaparanzato comodamente da qualche parte, non posso non pensare alla frase che commenta la foto, frase che ha una sua storia, piccola, ma edificante.
Ai tempi in cui ancora dirigevo un servizio per le tossicodipendenze cittadino, in applicazione delle norme vigenti si era creata una turnazione pre-festiva e festiva dei Ser.T cittadini (in numero di cinque), in modo tale che, nei fine-settimana e nelle altre festività ci fosse sempre un'Unità operativa disponibile, sia per situazioni nuove, non ancora attenzionate (per una preliminare accoglienza oppure per fornire semplicemente informazioni), sia per gestire utenti già in carico per la somministrazione di terapie con farmaci sostitutivi (degli oppiacei) le cui dosi giornaliere, sulla base della valutazione clinica del singolo soggetto non sarebbe stato prudente dare in affido.
Si poneva così la necessità di mettere in atto il trasferimento temporaneo all'unità operativa della città allo scopo di limitare al massimo gli affidamenti metadonici soprattutto a quei soggetti non motivati o, con un bisticcio di parole, non "affidabili".
Alla vigilia di un fine settimana telefonai al collega che dirigeva il Ser.T che avrebbe garantito quel turno per segnalargli il trasferimento di una serie di utenti, un gruppo più numeroso del solito sulla base delle mie valutazioni.
Quel collega si risentì parecchio. L'invio di utenti, infatti, comportava di norma un surplus di lavoro: identificazione dell'utente, trascrizione degli estremi del documento d'identità oltre che la somministrazione dei farmaci prescritti (con tutti i protocolli del caso, trattandosi di stupefacenti), a fronte d'una situazione che, probabilmente sarebbe stata di totale inazione.
Il collega, alquanto zotico e di poca cultura (mi rammarico nel dirlo), a sottolineare la sua scarsa disponibilità, pronunciò appunto questa frase lapidaria: "E, si ci vaiu, ci vaiu pi liggirimi u' giurnali...". Come a dire: "Non rompere. Lasciami fare la vita comoda...".
Questa frase che darebbe ragione agli strali di Ichino contro i nullafacenti - ed anche (e, di nuovo, mi duole dirlo) ai pesanti apprezzamenti del ministro Brunetta - in quanto espressione di una programmatica e premeditata volontà di non far nulla, pur essendo in servizio, mi è rimasta indelebilmente scolpita nella mente.
Ed è per questo che ogni volta che vedo uno che se ne sta placidamente a leggere il giornale non posso fare a meno di pensare a questa storiella, anche se - di per sè - la lettura del giornale comondamente seduti su di una panchina al centro di un'area verdeggiante non è da condannare, anzi potrebbe essere un'attività decisamente piacevole e meritata, tipo il riposo del giusto dopo una faticosa settimana di lavoro...
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