Una strada dissestata
Pesanti cancelli di ferro
che sempre richiudo al mio passaggio
Quando sono nel mio eremo
di campagna
penso con forza
di essere naufrago,
approdato su di un’isola
disabitata e selvaggia
fuori dalle rotte commerciali
Dall’eremo
che è anche buen retiro
osservo il mondo da lontano
Il traffico incessante sull’autostrada
Le luci lontane di paesi e di abitazioni isolate
Il tremolio delle lampare in mare
nelle notti di calma
Qualche volta
i giochi di fuoco
di qualche festa patronale
con botti e tonfi
attutiti dalla distanza
Qualche volta gli spari di un cacciatore
e l’abbaio dei suoi cani
o la figura evanescente e furtiva
di un raccoglitore di asparagi selvatici
Oppure ancora le voci concitate
di finti soldati in mimetica,
Intenti nei loro giochi di guerra fake
Tutto è lontano,
eppure vicino
Nella lontananza
dal mondo degli altri
mi sento connesso, tuttavia,
e in un equilibrio dinamico
I cani che abbaiano
alla minima anomalia
o a presenze umane estranee
che percespicono con finissimo udito
sono la mia ombra
ma anche miei fedeli guardiani
La casa antica di pietre
con l’intonaco a snella
è il mio guscio accogliente
Coltivo il silenzio
Contemplo la Natura
e le sue continue trasformazioni
da un mese all’altro
Scavo e cavo pietre
dissodo la terra
strappo via le erbe selvatiche,
alcune le mangio
Adoro il tempo
che trascorro nella mia isola
Non chiedo nulla di più
(Piano Aci, il 15 novembre 2021)
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