Notevole e visionario è Cinopolis (Mobydick, I Libri dello Zelig, 2006) scritto da Marcello Benfante, un apologo ambientato in una Palermo fatiscente e in totale degrado. Un eterogeneo manipolo di sopravvissuti si trova a doversi confrontare con un rivolgimento inatteso, quasi epocale, tanto più inquietante quanto più è misterioso nella sua origine. La narrazione ci conduce dentro una sorta di "mondo zombie", in cui per motivi oscuri, fondamentalmente inesplicati, torme di cani inselvatichiti hanno preso il sopravvento sugli uomini e li sbranano non appena escono dal riparo delle case.
Prendendo spunto dalle scorribande dei cani fuori ogni controllo, ecco però che prende il sopravvento una fazione di uomini-cane altrettanto feroci e portatori di un'istanza di controllo dittatoriale. Costoro sono del pari crudeli e violenti nei confronti dei cani inselvatichiti e degli uomini sopravvissuti che vengono rinchiusi in campi di detenzione, che tanto assomigliano a Campi di concentramento nazisti.
Cinopolis è un racconto allegorico molto efficace ed intenso che mostra come in tempi di crisi (e la pandemia che, nelle sue code, stiamo ancora vivendo, ne è un paradigma) alcuni - cinicamente - possano prendere il potere e dar vita ad un governo totalitario, generando un Behemoth o un Leviatano che divora tutto e tutti; e che tutto piega alle sue mostruose esigenze.
Ma anche è una riflessione su una Palermo fatiscente e degradata: la parte più fascinosa è la descrizione dei vicoli e delle case vecchie del mucleo più antico della città abbandonata dalle persone ed invasa dai cani che, almeno temporaneamente, la fanno da padroni.
La rappresentazione di tutto ciò è, nel racconto di Benfante, profondamente venata di pessimismo, anche se, nelle pagine finali, si intravede la speranza che i sopravvissuti alla violenza e alla dittatura possano percorrere un'esile via di fuga, che rimanda al "Buco della salvezza" di risorgimentale memoria, attraverso cui uomini di fede e puri di cuore possano salvarsi per dar vita ad un mondo che sia di nuovo equo e giusto e in cui cani e uomini possano vivere in pace.
Ma non si può avere di ciò alcuna certezza, sembra dirci l'autore, poichè ogni empito di rinnovamento p destinato a confrontarsi con forze oscure capaci di vanificarlo.
Ho comprato questo libro poco dopo la sua uscita nel 2006, ma mi sono ritrovato a leggerlo solo in questi giorni, per constatare che nel contesto contemporaneo - cupo anziché no - esso sia ancora straordinariamente attuale.
In più la prosa di Benfante, ricca ed intensamente descrittiva, è assolutamente godibile.
(risguardo di copertina) In una Palermo metà fantastica e metà reale, mai nominata eppure facilmente riconoscibile, Alfonso Marrano - detto Fofò - vede avverarsi un'antica paura: la sua casa, il suo desolato e fatiscente quartiere, l'intera città sono messi sotto assedio da una moltitudine di cani sollevati in una sorta di rivolta spartachista. Guidati da un enorme mastino nero, i cani appaiono agli occhi esterefatti di Fofò come una ciurmaglia di pirati storpi e guerci, per rivelarsi invece un esercito compatto, forse perfino una nuova razza che ha subito una mutazione genetica capace di renderla più simile all'uomo, di cui ha mutuato il peggio.
Insieme a due bambini, a una coppia di di giovani sposi, a un anziano professore che proprio sui cani sta scrivendo un trattato, a un pittore cieco e al suo pastore tedesco, Fofò cerca di sfuggire all'accerchiamento. Ma nel contempo la città è preda d'altri rabbiosi e ringhianti branchi: "Cani potenti, coi soldi, i fucili, i manganelli. Con nuovi pulpiti e nuove pire".
Un apologo visionario sulla paura e sulle dittature che della paura si alimentano. Il racconto serrato di una fuga dal male che assume, a volte con toni grotteschi e ironici, modalità narrative rocambolesche desunte dal romanzo d'appendice - ma anche una riflessione sull'ambiguità del potere, del linguaggio, dell'arte tutta. Dietro la rivolta dei cani si profila in controluce la storia sempre uguale di tante rivoluzioni popolari e di altrettanti fallimenti. La storia di una Sicilia - ancora una volta metafora di una condizione universale -eternamente tradita dalle proprie speranze di riscatto.
L'Autore. Marcello Benfante (Palermo, 1955) insegna e svolge attività giornalistica. Per Mobydick ha pubblicato nel 2006 il romanzo Cinopolis. Scrive sulle pagine palermitane del quotidiano “la Repubblica” come critico letterario e opinionista, e collabora alla rivista “Lo Straniero”. Ha curato, sempre per Mobydick, Racconti irriverenti di R.L. Stevenson.
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