A posto siamo.
Con quattro partite di anticipo rispetto alla fine del Campionato di Serie A, è certo che per l'Inter è assicurato lo scudetto dopo più di dieci anni trascorsi a stecchetto, nell'eterno antagonismo con il Milan (credo, almeno, del Calcio non me ne può fregar di meno).
Risultato immediato: festa di piazza con oltre trentamila (dico TRENTAMILA!) tifosi e supporter scesi in piazza a festeggiare: quindi, assembramenti megagalattici, ovviamente niente mascherine, niente distanziamenti, conversazioni urlate e sputacchiamenti assicurati. Nube tossica e letale che si spande su questa bolla di abbassamento radicale delle precauzioni.
Non ci sta proprio.
Ma quello che non capisco è l'atteggiamento tiepido degli amministratori e dei commentatori nei media.
Come se, nel nome del Calcio, tutto dovesse essere consentito e che, di conseguenza, occorra guardare a simili eventi con atteggiamento paternalistico: "In fondo sono solo ragazzi che festeggiano". Oppure: "Sarebbe stato peggio se tutto ciò fosse avvenuto allo stadio!" [ma cosa vuole significare questa frase, poi: forse questo "Non stateci a rompere i coglioni perchè gli stadi sono ancora chiusi al pubblico"?.
E, in ogni caso, con assoluta tranquillità, dicono: "Be', tra due settimane si vedranno le conseguenze di tutto questo!". E ci sono altri che chiosano: "Al tempo dei festeggiamenti partenopei per una vittoria del Napoli, sempre in tempo di Covid, ci fu in piazza un analogo furor di popolo, ma in quella circostanza non si verificò il temuto incremento dei contagi". E quindi - sembrano suggerire, con questo riporto: non demonizziamo, non preoccupiamoci! Dai, vedrete che non succederà nulla! Assurdo.
Mi sento di poter dire che, in fondo, dal tempo dei combattimenti dei gladiatori nell'antica Roma non è cambiato nulla. Date loro panem et circenses e tutto andrà bene.
Ma in che mondo viviamo?
A queste scene ignobili hanno fatto da contrappunto quelle verificatesi nell'ultimo week-end in molte piazze d'Italia, con assembramenti giganteschi (sempre senza mascherina) ed infrazioni di massa alle regole del coprifuoco.
Sono profondamente arrabbiato!
Ci sono i cittadini che si uniformano alle regole per la propria salvaguardia, ma soprattutto per quella della comunità.
Cittadini che per questi motivi fanno sacrifici e si limitano costantemente, anziché dare libero corso ai propri istinti e desideri (più che legittimi).
Ci sono altri cittadini, invece, (per me "non cittadini") ai quali tutte le trasgressioni sono consentite, in questo caso per una futile causa e cioè "in nome del Calcio".
A questo punto ci vorrebbe la famosa e sonora esortazione di Grillo (che è da sempre stata il suo marchio di fabbrica - quasi un logo - e che penso soltanto, ma non dico perché Grillo mi sta del tutto antipatico).
Quell'esclamazione qui ci starebbe proprio bene.
E' mai possibile - dico io - che, per alcune migliaia di coglioni che inneggiano ad una vittoria calcistica (da includere nella casistica dei "coionavirus" di cui ogni tanto si parla a TG0 di Radio Capital), molti milioni di cittadini debbano trovarsi in un prossimo futuro a poter patire conseguenze in termini di aumento dei contagi, malattie, morti e sofferenze, per non parlare di future ulteriori limitazioni che verranno.
Per me il Calcio andrebbe abolito seduta stante, come espressione delle peggiori manifestazioni mai registrate in questi tempi tristi di Covid contro il senso di far parte di una comunità civile.
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