1.
Ci distribuiscono dei moduli da compilare
Si tratta di banali moduli con i dati anagrafici, luogo e data di nascita,cose così.
Siamo in un centro di addestramento per ufficiali in congedo.
Quindi siamo tutti piuttosto attempati. Ingrigiti.
E stiamo tutti stretti in un aula scolastica come quelle delle scuole di tanti anni fa, i banchi di legni scomdi e con la seduta bassa.
Non c’è posto per le gambe.
Alla consegna dei moduli compilati debitamente veniamo congedati e ci viene detto di tornare di lì a qualche giorno.
2.
Sono a casa con mia madre e mio fratello. Seduti a tavola, conversiamo di cose banali, ma io sono contento perchè è da tanto tempo che non li vedo.
Ma sono a disagio. ho la sensazione di aver dimenticato qualcosa e non ho fatto nessun nodo al fazzoletto come memento.
Improvvisamente il ricordo affiora alla memoria: devo tornare al centro di addestramento.
Mi congedo in fretta da mamma e Salvatore.
Loro mi sembrano aggrondati del fatto che io abbia tanta fretta di lasciarli.
Ma io insisto dicendo loro che non psso assolutamente trattenermi.
Mi chiedono dove io debba andare tanto di fretta e io taccio ostinatamente, come se la mia destinazione fosse un segreto di stato.
Poi, vedendo le loro facce turbate, sbotto: “Sì - dico quasi gridando - sono stato convocato per un aggiornamento al Centro di addestramento per ufficiali in congedo e sono in terribile ritardo!”.
Sembrano preoccupati nel sentire la mia destinazione.
Esco dalla stanza ed inforco la mia bicicletta.
E via
3.
Arrivo al compound. Scendo dalla bici e, portandola con me, mi metto ad aspettare davanti al banco della reception.
C’è molto movimento, un via vai continuo di gente indaffarata. Ma in vista nessuno dei miei colleghi di qualche giorno prima.
Dopo una lunga attesa in cui nessuno sembra prendermi in considerazione, alla fine mi decido a chiedere.
Mi dicono di attendere. Ma nessuno sembra sapere nulla, in un primo momento.
Ed io sempre in piedi con la mia bici al fianco.
Arriva uno che sembra essere dai modi autoritari un ufficiale e mi fa cenno di seguirlo.
Ed io vado con lui, seguendolo a passi veloci, poiché lui mi ha subito girato le spalle e si è incamminato quasi repentinamente.
Ho lasciato indietro la bici alla reception, poggiata sul suo cavalletto laterale.
Torno indietro di corsa per recuperarla, ma non la trovo più.
Ritorno trafelato nella direzione che avevo preso al seguito della mia guida.
Naturalmente l’ho perso di vista, ma poi lo ricatturo con lo sguardo.
Si dirige verso una spiaggia, di un luogo che sembra ameno. Una spiaggia rocciosa, affollata quasi che fosse la propaggine di una location ricreativa più che un centro di addestramento.
Da un lato il declivio conduce verso un greto di fini ciottoli, grigia, dove vedo l’ufficiale ritto come un fuso intento in conversazione con una donna vestita in abiti ottocenteschi, da gran dama.
Io, deciso ad impressionarlo, scelgo la via più impervia e mi inerpico superando una serie di massi scoscesi e rivestiti di muschio verde e soffice.
Vado avanti, superando un ostacolo appresso all’altro, sino ad arrivare al culmine della salita.
Aggiro l’ultimo masso e, anziché trovarmi sull’altro lato di un pendio, come sarebbe stato lecito attendersi, vedo che c’è soltanto un precipizio da mozzare il fiato soltanto a cercare di guardare in basso.
Un vero e proprio strapiombo che più non si può.
Vedo ancora l’uffiiciale sulla spiaggia e la sua sagoma ridotta alle dimensione di una formica.
Comprendo che sarà proprio questa la prova d’addestramento per cui sono stato chiamato, quella cruciale.
C’è un’altissima e pericolante intelaiatura metallica appoggiata alla roccia.
La discesa la devo effettuare utilizzando le barre orizzontali come punto d’appoggio per le mani, mentre per i piedi devo via via trovare dei punti idonei sulla parete di roccia.
Il percorso è irto di difficoltà soprattutto perché mi imbatto in travi metalliche che, volutamente, sono state allentate e in pietre traballanti, appena fissate con il cemento ancora fresco. Trappole e trabocchetti per spingermi al fallimento.
Bisogna avere occhio, ogni tanto guardo verso il fondo e vedo i miei piedi pencolare sull’abisso, come se fossi il personaggio di un videogioco in soggettiva.
E sono lì, su questa parete attrezzata come se stessi facendo un sorta di free unclimbing, ma senza essere in alcuna modo assicurato con delle cime. Oppure potrei essere uno di quegli eroi spericolati e adrenalinici cultori del bungee jumping.
Ogni tanto una pietra instabile rotola giù, ma io riesco sempre a riprendermi e a ripristinare la presa. E non arrivo mai a sentire il tonfo quando il sasso arriva al fondo.
Riuscirò mai ad arrivare fino alla base dell'abisso?
Quando il mio addestramento potrà dirsi concluso?
Doomande che rimarranno insolute, perche vado in dissolvenza.
(Palermo, 17.12.2019)
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