Si legge con coinvolgimento e costernazione Bambino di guerra (Siké Edizioni, Collana La Biblioteca di Nellina, 2019), il breve testo di Antonio Ferrara, ciascun blocco di caratteri accompagnato da una illustrazione a piena pagina, 25 in totale, che narrano una storia per immagini curda e poetica al tempo stesso.
Quasi si trattasse, con le immagini disposte serialmente, del tabellone di un moderno contastorie. La voce narrante è quella di un bambino africano che è stato reclutato per diventare un bambino-soldato. Una voce, la sua triste e cruda al tempo stesso. Il luogo è un imprecisato paese dove imperversa la guerra: quindi questo racconto-denuncia assume un valore universale, privato com'é di particolarismi e di specifiche geolocalizzazioni.
Il nostro narratore racconta di tutto - in forma coincisa ed incisiva - dallA CRUDA iniziazione (il dovere assistere all'amputazione delle braccia della sorellina a colpi di machete) ad una possibile salvezza.
Il racconto nel finale così si trasfigura, poichè presenta uno spiraglio, una via di uscita all'incubo.
Ma è noto quanto siano grandi le difficoltà nel salvare i bambini-soldato dal baratro in cui sono stati fatti precipitare con la sopraffazione e a metterli in una strada di possibile riabilitazione.
Il volume è corredato di una prefazione scritta da padre Alex Zanotelli con il titolo "Rendiamo tabù la guerra", in cui viene brevemente esaminata la situazione di guerre permanenti in molte parti del continente africani e dei suoi perché (tra cui la fabbricazione e l'esportazione di armi leggere da parte dei paesi del blocco occidentale (e l'Italia, a quanto pare, ha il triste primato di essere la seconda produttrice di armi leggere dopo gli USA), ma anche i perché del reclutamento di tanti bambini a fare i soldati, spingendoli a compiere atti di crudeltà efferata. E soprattutto nella sua prefazione viene denunciata l'efferata crudeltà messa in atto nei confronti di bambini ai quali, inducendoli con la violenza ad esercitare violenza, viene di fatto rubata l'infanzia.
Bambino di guerra fa pensare molto al romanzo (ma fondato su fatti veri) di Uzodinma Iweala, Bestie senza patria (Einaudi, Stile Libero, 2006) in cui si racconta la storia di un bambino, Agu, costretto a diventare soldato dai ribelli del suo paese e a obbedire agli ordini di uomini-belva come Comandante" e a uccidere nei più brutali dei modi per non essere ucciso a sua volta. Il divario temporale tra i due volumi mostra che il problema emrgente alle soglie del nuovo secolo e tuttora attuale e drammatico, pur nella profonda differenza tra le due scritture. Ma - sulla spinta di un desiderio di approfondimento - possiamo anche ricordare qui il libro memoir di Ismael Beah, Memorie di un soldato bambino edito da Feltrinelli che, ambientato questa volta in uno specifico paese, la Sierra Leone, condurrà il lettore in una realtà storica ancora antecedente e cioè agli anni Novanta del secolo scorso. E per completare questa carrellata di riferimenti bibliografici non possiamo dimenticare il drammatico saggio di Peter Warren Singer "I signori delle mosche", edito da Feltrinelli nel 2006 e il reportàge "Soldatini di piombo" che una raccolta di storie vere di bambini-soldato tra Uganda e Sierra Leone, trascritte ed elaborate da Giulio Albanese, giornalista e missionario, nel tentativo di affrontare la dolorosa vicenda dei bambini-soldato.
(Ultima di copertina) In venticinque drammatici affreschi – in cui il testo si alterna al bianco, nero, ocra e rosso delle illustrazioni – si racconta la realtà in cui ancora oggi, nel terzo millennio, sono costretti a vivere migliaia di ragazzi africani. Questo è un libro in cui si narra della “guerra” africana. Non una nello specifico, ma le tante guerre che in maniera più o meno eclatante non hanno mai cessato di togliere vita e speranze all'Africa.
Dalle pagine sapientemente costruite dall'autore emerge il dramma personale e sociale dei bambini-soldato. Ragazzi che, nemmeno adolescenti, vengono letteralmente rubati alle loro famiglie dai signori della guerra e trasformati in ubbidienti e impassibili carnefici. Ma anche ubbidienti e impassibili vittime.
L'autore. Antonio Ferrara è srittore, illustratore e formatore. Nato a Portici (Na), dove ha vissuto fino all’età di vent’anni, si è trasferito a Novara sul finire degli anni Settanta, dove ha lavorato come educatore in una comunità alloggio. Ha ricevuto diversi premi, tra i quali il «Premio Andersen», nel 2012 per il miglior libro oltre i 15 anni, e nel 2015 come illustratore. Nel 2017 è tra i vincitori del «Premio Letteratura Ragazzi» della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento. Nel 2018 ha vinto il 61° Premio Bancarellino.
Uzodimna Iweala, Bestie senza patria (titolo originale: Beasts of No Nation, nella traduzione di Alessandra Montrucchio), Einaudi (Collana Stile Libero), 2006
Non è un memoir personale, ma è stato scritto in forma di romanzo a partire da testimonianze raccolte ed è quindi fondato su fatti realmente accaduti.
(quarta di copertina) Un Paese africano senza nome. Una guerra civile di cui non si conoscono né ragioni né scopi. E un bambino che il padre incita a fuggire. Ma quando il mondo è dominato dalla brutalità, la fuga non è salvezza. È una inarrestabile discesa all'inferno.
Fino a poco tempo fa, nel villaggio si viveva bene. Si facevano feste, si mangiava di tutto. Agu e il suo amico Dike giocavano per strada, davanti al sorriso delle donne e dei vecchi. La mattina andavano a scuola, la domenica in chiesa. E ogni sera, Agu si faceva leggere da sua madre qualche pagina della Bibbia, affascinato dalle mille storie che conteneva. Poi, però, è arrivata la guerra. Agu, costretto a diventare soldato per i ribelli, deve ora obbedire agli ordini di uomini-belva come Comandante. Deve uccidere nel piú brutale dei modi, per non essere ucciso. Impara tutte le atrocità. Solo la fantasia, l’amicizia, la nostalgia della famiglia gli permettono di resistere alla violenza e alla fame. Gli permettono di sopravvivere, come una bestia braccata, una bestia senza patria.
Con un linguaggio tagliente come la lama di un machete eppure capace di improvvisi squarci di poesia, Bestie senza una patria racconta una storia di vita e di morte, la storia di un bambino obbligato a crescere, e a perdere l’innocenza, nel peggiore dei modi (e dei mondi) possibili.
Hanno detto
"Una delle rare occasioni in cui leggi un’opera prima e pensi: questo ragazzo diventerà molto, molto bravo" (Salman Rushdie)
" Un’opera urgente, potente e viscerale, che annuncia l’arrivo di un grandissimo talento" (Amitav Gosh)
L'autore. Uzodinma Iweala è nato nel 1982 negli Stati Uniti. Bestie senza una patria è il suo primo romanzo e ha ricevuto alcuni tra i piú prestigiosi premi letterari per esordienti, tra cui il New York Library's Young Lions Prize.
Peter Warren Singer, I Signori delle mosche. L'uso militare dei bambini nei conflitti contemporanei, Feltrineli Editore (Collana i Campi del Sapere), 2006, con un contributo di Alessandro Del Lago.
(quarta di copertina) Questo libro è uno studio serio su come sta cambiando il modo di fare la guerra. Il fenomeno dei bambini soldati è la spia e insieme l’aspetto più atroce di tale trasformazione. La loro presenza sui campi di battaglia è una novità dei conflitti contemporanei: dall’Europa (Balcani, Kurdistan turco) all’Asia (Medio Oriente, fascia caucasica, Sri Lanka, Sudest asiatico), dall’Africa (Sierra Leone, Sudan, Congo) all’America centro-meridionale i bambini vengono ‟reclutati” negli eserciti regolari e irregolari. L’uso sempre più massiccio di bambini soldati nasce dalla fine della Guerra fredda e dall’instabilità che la globalizzazione comporta nella maggior parte dei paesi post-coloniali. Qui, dove gli stati sono fragili, la disponibilità di armi letali e poco costose consente anche a gruppi piccoli, spesso privi di sostegno popolare, di trasformarsi in bande armate che si battono per il controllo delle risorse economiche. Il ‟reclutamento” dei bambini diventa sistematico proprio perché risponde alle esigenze di questi nuovi conflitti: sono facilmente manipolabili, imparano in fretta a maneggiare armi leggere e letali, non costano e sono sostituibili. Vi hanno fatto ricorso piccoli gruppi guidati dai ‟signori della guerra”, ma anche eserciti di stati sovrani, come l’Iran, e il loro utilizzo va diffondendosi in tutto il mondo. L’uso dei bambini cambia le guerre e le rende più violente e atroci. Per stroncarlo bisogna fare in modo che non sia più conveniente. Singer propone che lo si dichiari crimine contro l’umanità. Gli adulti responsabili devono essere giudicati da tribunali ad hoc e da tribunali internazionali. I bambini, al contrario di quanto avviene oggi, non devono essere perseguibili, nonostante siano responsabili di reati gravissimi, proprio perché bambini. Al loro recupero – lungo e difficilissimo e al quale è dedicato l’ultimo capitolo – vanno riservate risorse importanti: la loro riabilitazione è il primo passo per arginare il dilagare della violenza.
L'Autore. Peter Warren Singer ha studiato a Princeton e a Harvard. Insegna a Princeton. È stato consigliere dell'esercito statunitense per le questioni legate al fenomeno dei bambini soldati. È autore di Corporate Warriors. The Rise of the Privatized Military Industry (Cornell University Press, 2003).
Giulio Albanese, Soldatini di piombo. La questione dei bambini-soldato, Feltrinelli Editore, 2007
(Quarta di copertina) Giulio Albanese racconta una serie di storie incentrate sul dramma dei bambini soldato in Uganda e in Sierra Leone, due realtà emblematiche per tutti coloro che si battono contro l'arruolamento dei minori. Due paesi in cui la violenza devastante del mondo degli adulti non lascia speranze a un'umanità ancora imberbe, piegata con strumenti di pressione fisica e psicologica a combattere senza pietà: vera e propria ‟carne da cannone” al servizio del gioco del potere degli adulti. Rapiti all'età di dieci-undici anni, i bambini vengono convinti di essere invincibili attraverso strani riti magici di derivazione animistica e dal rilascio progressivo sottopelle di sostanze amfetaminiche. Talvolta la loro cieca violenza è rivolta contro gli stessi villaggi dove sono cresciuti, fatto che poi vanifica, alla fine del conflitto, ogni strategia di reinserimento nelle famiglie di origine.
‟Super Soldier ha nove anni quando viene sequestrato in Sierra Leone dai ribelli del Fronte unito rivoluzionario (Ruf). Qualcuno ha l'ardire di raccontargli che avrebbe dovuto combattere per il bene dei suoi genitori. Peccato che erano stati proprio quei sanguinari aguzzini a massacrare l'intera sua famiglia. Poi tenta di fuggire ma viene catturato nuovamente. Per punizione gli vengono impressi a fuoco sul petto i caratteri del Ruf…”
L'Autore. Giulio Albanese (Roma 1959) ha vissuto in Africa per diversi anni, dove ha svolto la duplice attività giornalistica e missionaria. È stato per alcuni anni in Kenya direttore del ‟New People Media Centre” e di due testate sull'attualità africana in lingua inglese: il ‟New People Feature Service” e il ‟New People. Magazine”. Nel 1997 ha fondato MISNA (Missionary Service News Agency), agenzia di stampa on line in tre lingue (italiano, inglese e francese), un progetto editoriale che ha riscosso un notevole successo a livello internazionale. Collaboratore di varie testate giornalistiche, tra le quali ‟Radio Vaticana”, ‟Avvenire”, ‟Espresso” e ‟Radio Rai”, ha già pubblicato Sudan: solo la speranza non muore (Emi, 1994), Ibrahim amico mio (Emi, 1997), Il mondo capovolto (Einaudi, 2003) e Hic sunt leones. Africa in nero e in bianco (Paoline 2006). Nel luglio del 2003 il presidente Carlo Azeglio Ciampi lo ha insignito del titolo di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana per meriti giornalistici nel Sud del mondo. Con Feltrinelli ha pubblicato Soldatini di piombo (2005, 2007).
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