«Fuori la neve continua a scendere silenziosa. È ormai quasi buio. Nella yurta invece è caldo. Bevo l'ultimo sorso dalla tazza e infilo la giacca per tornare al lavoro. Ciclopi, terremoti e bufere facciano quel che devono, io sono Marco Scolastici e dalla mia Itaca non me ne vado piú».
Nel volume pubblicato da Einaudi (Collana Stile Libero Big, 2018), Marco Scolastici, giovane pastore dell'Appennino proprio nella zona colpita dal terremoto, racconta la sua storia di resistenza alla catastrofe ambientale. Malgrado le difficoltà, infatti, egli è voluto rimanere vicino alla casa e nella terra dei suoi avi, proprio sopra la faglia: ha deciso di rimanere, assieme ai suoi asini, alle sue pecore e ad una trentina di cani maremmani
Il libro che, in forma di appassionato diario, racconta la storia del suo ritorno a quella terra e della sua ressitenza, si chiama Una Yurta sull'Appennino. Storia di un ritorno e di una resistenza ed è la toccante testimonianza su come si possa amare una terra, al punto da sacrificarsi per non lasciarla, malgrado le calamità naturali: terremoto e neve, in questo caso.
Marco Scolastici che ha scelto di tornare alla terra del bisnonno e del nonno, abbandonando gli studi universitari di Economia e commercio per fare il pastore, ha sentito la chiamata di quelle terre nei pressi di Macereto a due ore d'auto da Roma, come colpito da un'improvvisa vocazione.
Ed è stata la forza di qesta chiamata a indurlo a resistere e rimanere con i suoi animali, anche quando le reiterate scosse sismiche hanno reso la sua casa inagibile e le stalle in pericolo di crollo.
Ha continuato a resistere e, per svernare, ha preso ad abitare in una Yurta mongola.
Le terre di Macereto (nel territorio di Visso nelle Marche) sono state la sua Itaca, a cui dopo aver percorso una lunga strada ha fatto ritorno e a cui ha deciso di rimanere abbarbicato.
Il percorso narrativo è suddiviso in dieci incisivi capitoli, una sorta di idea-lista che lo porta a visitare le tappe essenziali del suo percorso (e ripetendo in ciò un gioco che soleva fare con la sorella Roberta), partendo dalla neve (è sepolto sotto una coltre di neve dopo una tormenta che sembra non finire mai mentre gli animali nelle stalle non possono nè mangiare né bere) e finendo con neve, quando in un empito di coraggio decide di uscire dalla Yurta e lottare per la vita dei suoi animali e per la sua Itaca.
Una storia che è bella, a tratti commovente. Ed un percorso che non è fatto solo di cronaca, ma forse soprattutto di assemblaggio di eventi intimi ed interiori (oltre che a veri e proprio sprazzi di memorie familiari) che offrono - in una tessitura a patchwork - l'intera vita di Marco Scolastici, conducendo il lettore ai perchè più profondi delle sue scelte e della sua resistenza. Apprezzo molto, tra l'altro, che non sia stato utilizzato il tanto abusato termine, oggi, di "resilienza", molto amato - sino all'ossessione - da certi psicologi degli sport di lunga durata ed estremi.
Prima ancora di attenzionarlo in libreria, mi era capitato di sentire su di una rubrica su RAI3 - forse RAI3 Mondo) un'intervista a Marco Scolastici, nella quale si parlava anche del suo libro: da lì ad acquistarlo per leggerlo il passo è stato istantaneo.
(Risguardo di copertina) Marco Scolastici era un ragazzo come tanti, iscritto alla facoltà di Economia a Roma, pieno di incertezze sul futuro. Poi un giorno, in un bar, si è imbattuto in una foto su un calendario: ritraeva il vecchio acero di Macereto, il Monte Bove, i pascoli in cui suo bisnonno Venanzio era cresciuto: curandoli, desiderandoli e infine comprandoli. Meno di una settimana dopo Marco ha lasciato la capitale. Il suo è stato un viaggio di ritorno verso casa difficile, talvolta doloroso, e quando pareva concluso la terra ha cominciato a tremare: era il 2016. Il buon senso gli suggeriva di scappare, ma quello sconosciuto altopiano delle Marche per lui era la vita. Non poteva abbandonare le sue pecore, i suoi asini, i maremmani. Cosí ha montato una yurta mongola accanto alla propria casa inagibile e ci ha trascorso l'inverno. Il sisma non sarebbe stato la fine di tutto, ma l'occasione per un nuovo inizio.
«Il silenzio è diluito in tutto ciò che fa parte dell'altopiano. Anche per questo il terremoto è stato sconvolgente: per la prima volta ho sentito le montagne urlare e, dopo l'urlo, i rumori sono diventati gli stessi che si sentono ovunque. È stato cosí per settimane, mesi, poi lentamente la natura ha cominciato a ricucire le cose, come è avvenuto milioni di volte nella storia di questa terra. Tra poco il silenzio tornerà a essere intatto come lo era nelle prime settimane in cui esploravo Macereto alla ricerca del suo sussurro».
L'autore. Marco Scolastici (1988) è originario di Tarquinia, vive sui Monti Sibillini e la sua storia ha superato i confini dell'Italia. La yurta sulle montagne di Visso dove ha trascorso l'inverno del 2016 è diventata un simbolo di speranza e un punto di riferimento per la gente del posto. A trovarlo sugli Appennini sono passati scrittori e artisti di fama internazionale. Il Premio Rigoni Stern gli ha consegnato il riconoscimento «I Guardiani dell'Arca». "Una yurta sull'Appennino" è il suo primo libro.
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