Esclusi, segregati, doppiamente estra- nei, i marrani inaugurano la modernità con il loro sé scisso, la loro ambivalenza. Dissidenti per necessità, danno avvio a un pensiero radicale, inventano la democrazia. La loro storia non è terminata. Quanti marrani esistono ancora?
Non sono certo uno storico, né tantomeno un esperto di ebraismo. Ciò nonostante il breve, ma denso saggio di Donatella Di Cesare (Marrani. L'altro dell'altro, pubblicato da Einaudi, nella collana Le Vele) ha stimolato il mio interesse, poiché, si pone al crocevia interdisciplinare tra storia, filosofia e religione, illustrando quel fenomeno poco conosciuto dai più, ma già ampiamente esplorato che scaturì dall'Editto che espelleva gli Ebrei dai territori spagnoli, nel 1492 e che segnò un nuovo capitolo della Diaspora. A partire dalla cacciata degli Ebrei dal regno cattolico di Spagna scaturì il fenomeno del marranesimo, cioè delle conversioni degli Ebrei al Cattolicesimo, un fenomeno che diede vita ai cosiddetti "cristianos nuevos" o ebrei convertiti (i marrani) e che determinò una serie di sconcertanti ed imprevedibili esiti.
Infatti, se da un lato alcuni dei convertiti riuscirono ad integrarsi nella comunità, per quanto fossero sempre guardati con un sospetto, altri abiurarono solo per sopravvivere alla persecuzione e per sfuggire all'editto di espulsione, decidendo nel proprio intimo di rimanere fedeli all'Ebraismo e alle sue prescrizioni. Nacquero così, congiuntamente ai cristianos nuevos o conversos i cosiddetti "cripto-ebrei": uomini e donne che, nella socialità, adottavano la maschera del cattolicesimo e che - nel proprio intimo e nella vita privata - si mantenevano fedeli all'Ebraismo e a molti dei suoi precetti, se non proprio a tutti, in altri casi assimilandoli là dove era possibile alle pratiche cattoliche o semplificandoli. Tutto ciò portò, con una serie di progressivi spostamenti alla nascita di una sensibilità nuova e al sorgere rigoglioso dell'interiorità come fenomeno psicologico del tutto nuovo ed inedito.
Gli ebrei convertiti rappresentarono così gli antesignani della modernità, in cui la sfera privata intima e privata può dissociarsi da quella pubblica - anzi deve farlo per un mero problema di sopravvivenza. Il rifugio nell'interiorità, il luogo dove si conserva ciò che si considera più vero ed autentico del proprio Sè diventò così a tutti gli effetti tecnica di sopravvivenza in una società ostile. Emblematico (anche se rispetto al fenomeno del marranesimo si retrodata agli albori della storia degli Ebrei) è il caso del Libro di Ester, ampiamente citato dall'autrice, proprio perchè l'orfana Ester per motivi di "strategia" - si potrebbe dire - sposa il Re degli Assiri, il potente Assuero (V secolo A.C.) e salva così il popolo ebraico dalla perseczione e dalla rovina, impersonando quindi una figura di "proto-convertita". Ma del pari emblematica - secondo la mia modesta opinione - è la figura del professore Kien che, eccelso sinologo, costretto a doversi allontanarsi dalla sua casa-rifugio ed impossibilitato a portare con sè la sua immensa biblioteca di testi preziosi e rarissimi raccolta in tutta una vita la interiorizza e la mette in blocco dentro la sua mente (Elias Canetti, Auto da Fé - titolo originale Die Blendung -, Adelphi 1981). Non a caso Canetti, scrittore di lingua tedesca (Austria) è un discendente degli Ebrei della diaspora determinata dall'editto dei sovrani di Spagna.
I Marrani diventarono così elementi di un cambiamento epocale e primi rappresentati della sensibilità dell'uomo moderno contemporaneo: sino al punto di poter dire con l'Autrice che il Marranesimo non si è mai concluso. In un certo senso, essi vanno considerati come dei veri e propri "migranti dell'interiorità".
E sulla via di questo lungo processo il marranesimo portò i suoi frutti con uomini e donne che furono eccelsi nel loro pensiero e nella fede, come ad esempio il saggista (e filosofo) Michel de Montaigne i cui "Saggi" rappresentano a tutti gli effetti una lunga e profonda meditazione tutta proiettata verso l'interiorità, uoppure il filosofo Baruch Spinoza e la mistica Teresa d'Avila.
(quarta di copertina) Vittime di violenza politica e intolleranza religiosa, inassimilabili malgrado il battesimo forzato, perseguitati dalle prime leggi razziste, costretti a un'emigrazione interiore, non piú ebrei, ma neppure cristiani, i marrani sono «l'altro dell'altro». La scissione lacerante, la doppiezza esistenziale conducono alla scoperta del sé, all'esplorazione dell'interiorità. Gli esiti sono disparati: vanno dalla mistica di Teresa d'Ávila al concetto di libertà di Baruch Spinoza. Pur iscritto nella storia, il marrano ne eccede i limiti rivelandosi il paradigma indispensabile per sondare la modernità politica. Sopravvissuti grazie alla clandestinità, alla resistenza della memoria, al segreto del ricordo, divenuto con il tempo ricordo del segreto, i marrani non possono essere consegnati all'archivio. Il marranismo non si è mai concluso.
L'autrice. Donatella Di Cesare insegna Filosofia teoretica alla Sapienza di Roma; è una delle filosofe piú presenti nel dibattito pubblico e internazionale sia accademico sia mediatico. Ha studiato il tema della violenza nelle sue diverse forme e ha affrontato la questione della Shoah indicando nella disumanizzazione dell'universo concentrazionario un nuovo indispensabile punto di avvio per la filosofia. Collabora con il «Corriere della Sera». Tra i suoi ultimi libri ricordiamo Heidegger e gli ebrei. I «Quaderni neri» (2014 e 2016) e Tortura (2016), entrambi usciti da Bollati Boringhieri. Per Einaudi ha pubblicato Terrore e modernità (2017) e Marrani (2018).
(L'interessante commento di Alida Airaghi su IBS) Ciò che risulta più interessante e originale nell’indagine di Donatella Di Cesare è l’approccio alla condizione psicologica dei marrani, al loro destino di doppiezza esistenziale, di scissione del sé, di perdita e recupero delle radici. Costretti a una conversione forzata, i marrani non facevano più parte della famiglia giudea: venivano sentiti come traditori, transfughi, apostati. Alcuni di loro, accettando il cristianesimo, finirono per goderne i vantaggi, intraprendendo carriere di successo, ricoprendo cariche influenti persino all’interno della Chiesa, arricchendosi, e provocando in tal modo invidie e risentimenti nella popolazione. Altri rimasero in segreto fedeli alla religione degli antenati, aderendo a riti, preghiere e festività negate in pubblico e praticate di nascosto in privato, tramandate con timore e senso di colpa ai discendenti, rese spurie e destinate all’oblio dalla sporadica e incerta frequentazione. In un capitolo intitolato, con penetrante intuizione, L’altro dell’altro, l’autrice sottolinea quanto fosse ibrido lo status dei marrani che gli spagnoli avevano inglobato al loro interno. Se prima l’altro, l’ebreo, era esterno, “distinto e ben riconoscibile, una volta introdotto a forza nel corpo della cristianità restò altro, ma all’interno. …Il marrano, costretto a un’emigrazione interiore, restò tuttavia differente, inassimilabile, ereditando l’alterità dell’ebreo. Eppure ebreo non era più – anzitutto agli occhi degli ebrei”. Secondo l’autrice, questa condanna alla differenza, a un’immagine ambivalente e discordante, finì per sottolineare l’atipicità del marrano, facendone l’antesignano della modernità. Nel suo tormentato scrutarsi, sorvegliarsi, diffidare degli altri e di sé stesso, alla ricerca continua di una memoria da preservare o di un’origine da rifiutare, fu l’iniziatore di un percorso esplorativo verso l’interiorità, che lo portò ad avventurarsi lungo i sentieri della mistica, come Teresa d’Avila, o quelli della filosofia, come Spinoza.
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