Nel 2013, scrissi di "quel venditore di strada vicino casa".
Ebbene, Giuseppe (questo è il suo nome), ormai quasi trentenne, è ancora lì a vendere frutta di stagione, talvolta sacchi di patate o altri ortaggi. Ogni volta solo pochi articoli che cambiano di giorno in giorno, a seconda della fornitura che riceve.
Ebbene, lui è sempre là.
Sin dalla mattina presto e talvolta sino ad un'ora inoltrata della notte.
Il mandato che riceve da coloro a cui deve rendere conto è quello di non poter andare via se prima non ha smaltito tutta la mercanzia. E ciò a prescindere da qualsiasi condizione atmosferica. E poi, a notte tarda se ne va a casa a piedi a oltre mezzora di cammino.
A notte inoltrata, talvolta lo vedo che sonnecchia su di una sedia di plastica sbilenca, quando proprio non ce la fa più. incappucciato nella sua felpa se si fanno sentire il gelo e l'umido della sera.
Qualche volta gli offro un caffè e un cornetto.
Una volta, di pomeriggio, mi ha chiesto di comprargli delle merendine al supermercato, dicendomi che poi me le avrebbe pagate. Ma io ho voluto offrirgliele.
Qualche volta compro da lui della frutta, ma poi me ne pento sempre perchè pur di liberarsi della merce, mi offre un'intera cassetta a prezzi stracciati e i frutti marciscono prima che faccia a tempo a consumarli. Per non parlare del fatto che stando in mezzo alla strada o le prendi di mattina presto oppure te le ritrovi poi completamente ricoperte della polvere della strada
Qualche volta, mentre è impegnato a vendere ad un braccio dell'incrocio e la frutta, messa in mostra all'altro, rimane incustodita e gliela rubano: approfittando della sua assenza qualche automobilista agguanta qualcuna delle cassette.
Qualche volta, al passaggio, tento una conversazione su argomenti diversi: parliamo del tempo che fa, della partita di calcio che ha visto, ma inesorabilmente lo scambio verbale sfocia in una richiesta da parte sua di comprare qualcosa e questo anche a sera inoltrata: il suo problema è che deve sbarazzarsi di tutta la merce che gli è stata assegnata prima di poter tornare a casa.
All'inizio di dicembre del 2017 mi ha detto che di questa vita non ne poteva più e che si era stancato.
Io gli ho detto: "Bravo! Qualche volta bisogna avere la forza di cambiare..."
Ha aggiunto: "Io me ne voglio andare. Una mia sorella sta a Bologna e per la prossima settimana mi ha preso un appuntamento per un posto di lavoro".
Ebbene, malgrado questa dichiarazione d'intenti, Giuseppe è ancora là a vendere.
O il suo sogno di libertà non c'è mai stato e ha detto solo per dire di questa sua possibile emancipazione.
Oppure quelli per cui vende non hanno voluto che se ne andasse.
Mi intristisce vederlo lì ogni giorno della sua vita, bloccato in un'eterna ricorsività ad un incrocio di vie, specie dopo quella breve conversazione.
Giuseppe è ancora là a vendere, con il bello e il cattivo tempo, con il freddo dell'inverno e nella canicola dell'estate dalle prime ore del mattino sino a notte tarda. Sembra inamovibile: come se facesse parte integrante di quell'incrocio.
Se questa non è una forma di schiavitù, ditemelo voi.
Di seguito, ripropongo cià che scrissi di lui nel 2013
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