Delle conquiste tecnologiche del passato, poi divenute obsolete, a volte rimangono tracce più o meno consistenti che vengono a confluire nel vasto tessuto della cosiddetta archelologia industriale.
Così è per buona parte di vecchie tratte ferroviarie, istituite prima della massiccia diffusdione del trasporto su gomma e che collegano capillarmente gli angoli più reconditi del territorio. Si trattava il più delle volte di treni a scartamento ridotto servito da motrici a vapore.
Quei vecchi trenini che andavano avanti e indietro lungo tortuose linee ferrioviarie spesso scavate nelle montagne di territori impervii ebbero una funzione sociale non indifferente sia nel favorire gli spostamenti dei lavoratroi pendolari dai luoghi di residenza a qeulli di lavoro, soprattutto laddove mancavano mezzi di trasporto alternativi sia nel fare uscire dall'isolamento borghi contatdini e minerari totalmente persi all'interno di contrade impervie e dimenticate.
Successivamente, con lo sviluppo del trasporto su gomma, molte di queste linee furono dismesse e smantellate.
E così si procedette ciecamente in nome del progresso senza tener conto del fatto che queste strutture così com'erano, oppure con lievi modifiche soltanto, avrebbero potuto diventare altro: musei a cielo aperto, che possano racontare dei primi passi del trasporto dell'era dell'industria, ecoparchi, percorsi ciclabili o idonei per l'escursionismo a piedi, etc etc.
Sino a pochi anni decenni fa era ancora virtualmente possibile raggiungere quasi ogni piega del difiicile territorio montano dell'Italia, continentale ed insulare, per mezzo di questi tronchi ferroviari a scartamento ridotto. Non è di molti anni fa una cronaca di viagio di Rumiz in cui si racconta di un avventuroso viaggio in lungo e in largo in Italia soltanto utilizzando le linee ferroviaria secondarie ancora esistenti (Paolo Rumiz, L'Italia in seconda classe, Feltrinelli, 2009)..
Così accadde per molte delle linee interne siciliane che furono letteralmente cancellate con un colpo di spugna e di cui tuttavia rimangono ancora tracce significative che occoorrerebbe recuperare in modo sistematico, prima che il Tempo, severo scultore, e la sua compagna Entropia ne cancellino le tracce.
Vive in me, intensamente, grazie ai racconti di mio padre la tratta ferroviaria Filaga-Palazzo Adriano.
(Da Wikipedia) La Ferrovia Lercara–Filaga–Magazzolo con la diramazione Filaga–Palazzo Adriano, era una ferrovia a scartamento ridotto della Sicilia, delle Ferrovie dello Stato e, in considerazione delle pendenzeda superare, esercita con varie tratte a cremagliera, istituita con a funzione di collegare la Stazione di Lercara Bassa, sulla ferrovia Palermo-Agrigento, con i vari paesi all'interno delle provincie di Palermo e Agrigento.
Storia. La ferrovia venne progettata allo scopo di permettere il trasporto del minerale e lo spostamento dei minatori pendolari che, dalle varie località di resdienza, si dovevano recare al lavoro nelle varie miniere di zolfo disseminate nel territorio dei comuni circostanti del bacino di Lercara Friddi e di Cianciana.
Fu però in ritardo e fu solo nel 1912 che ebbe inizio la costruzione, in economia e a scartamento ridotto come nel resto delle linee interne siciliane, a cura delle Ferrovie dello Stato.
Allo scopo di venire incontro alle richieste degli abitanti della cospicua cittadina di Prizzi e del vicino Palazzo Adriano venne costruito anche un breve tronco che si diramava dalla stazione di Filaga, denominata di conseguenza Bivio Filaga, che richiese la costruzione del più lungo tratto a cremagliera, di circa 5 chilometri.
I lavori di costruzione terminarono soltanto nel 1924 con l'attivazione del tratto centrale tra Bivona e Alessandria della Rocca che realizzò il congiungimento con la linea costiera Castelvetrano–Porto Empedocle. Per il servizio sulla linea vennero adoperate le locomotive a vapore del gruppo R.370 atte al servizio sulle linee a cremagliera.
Non venne mai previsto l'impiego di automotrici.
Il D.M. 16 gennaio 1959, n. 3041 dispose la chiusura all'esercizio dell'intera linea, diramata compresa e, di conseguenza, il servizio ferroviario venne soppresso il 5 ottobre 1959 ma venne mantenuto per qualche tempo il servizio viaggiatori da Cianciana a Magazzolo con materiale rotabile proveniente dalla linea Castelvetrano - Porto Empedocle - Agrigento C.le, per permettere agli agricoltori di raggiungere i campi coltivati in una situazione di totale assenza di viabilità stradale alla data della soppressione del tronco.
La linea venne infine definitavamente soppressa con decreto del Presidente della Repubblica l'11 dicembre del 1961. Venne istituito un autoservizio sostitutivo delle Ferrovie dello Stato sulle relazioni Lercara Bassa-Cianciana e Filaga-Palazzo Adriano, con un costo di esercizio annuo stabilito in 23,74 milioni di lire.
Caratteristiche. La ferrovia aveva origine dal piazzale della Stazione di Lercara Bassa della linea ferroviaria Palermo–Agrigento, che all'inizio aveva il nome di stazione di Lercara e lo cambiò in Lercara Bassa proprio dopo l'entrata in funzione della linea e quindi della stazione vera e propria di Lercara Friddi che venne denominata Lercara Alta. La linea correva inizialmente affiancata alla ferrovia a scartamento ordinario Palermo–Agrigento, poi curvava ad ovest e prendeva quota mediante il tratto a cremagliera, del tipo Strub, con ascesa del 75 per mille, che permetteva una velocità massima di 12 km/h .
La linea era armata con rotaie da 27 kg/m montate su traversine di legno distanti 0,82 m l'una dall'altra. Tale tipo di costruzione, molto in economia, permetteva solo basse velocità di linea non superiori a 30 km/h per i treni a vapore e a 45 km/h per automotrice nei tratti ad aderenza naturale.
Nei tratti a cremagliera questa, del tipo Strub da 44 kg/m, era montata al centro del binario fissata alle stesse traversine montate a distanza inferiore. I tratti a cremagliera erano 10 in tutto per complessivi 21 km e permettevano alla linea di inerpicarsi fino a quote di quasi 900 m di altezza s.l.m.
La circolazione dei treni venne regolata con il sistema economico a Dirigenza Unica con due sedi: a Lercara Alta per la sezione Lercara Bassa–Palazzo Adriano e a Magazzolo per la sezione Filaga-Magazzolo. Non venne mai fatto alcun ammodernamento degli impianti fino alla chiusura.
Oggi, per quello che ho visto, del tratto Filaga-Prizzi-Palazzo Adriano, rimane ancora la massicciata e le frequenti gallerie scavate nel cuore della montagne. Ho sentito che alcuni tratti della massicciata dalle parti di Filaga siano state trasformate in fungaie...
Mio padre mi raccontò spesso che, da giovane, per aggiungere i suoi quando d'estate andavano a villeggiare a Palazzo Adriano, prendeva proprio quella ferrovia, viaggiando prima sino a Lercara. Erano quei racconti densi di in qualche maniera di spirito pionieristico e di avventura: quel trenino rappresentava per mio padre uno dei miti della sua gioventù ed era in qualche modo anche la rappresentazione del progresso e della modernità. Grazi a quei racconti, potevo immaginare quel treno tirato dalla vecchia locomotiva a vapore che si inerpicava sbuffando e lasciando dietro di sé nuvole di fumo grasso e nero e poi mi lasciavo andare ad immaginare quando il convoglio si tuffava in quelle gallerie al cui interno ancora oggi si può passeggiare. Del percorso ferroviario rimane soltanto una massicciata nuda (che è divenuta uno sterrato), ma da piccolino io ci ho sicuramente camminato quando ancora c'era non ancora rotaie e traversine. Ma già allora il treno non c'era più o era in via di estinzione: su quella massicciata ci ho passeggiato accompagnato da papà o forse anche dalla zia Mariannù, quando durante un'estate andai assieme a lei a stare a casa dei nonni per un periodo di una decina di giorno. E siccome avevo meno di dieci anni - direi tra 5 e 8 è anche possibile che, assieme alla zia, si sia fatto assieme il tratto ferroviario sino a Prizzi e ritorno, perchè in quel periodo la Ferrovia era ancora in uso. Lo posso soltanto intuire, ma non ho di questo alcun ricordo certo. So certamente che quel trenino a possedere un tocco di funzionalità e di eleganza d'antan in più era fornito in corrispondenza dell'ultimo vagone di un terrazino posteriore, che consentiva a chi voleva di viaggiare all'aperto.
Solo che via del fumo nero di fuliggine e della polvere all'arrivo era obbligo lavarsi radicalmente, perché si era coperti di fuliggine.
Nell'incertezza del ricordo (di quella permanenza a Palazzo i ricordi che rimangono più vividi sono quello della volta che dopo essere stato lavato, pettinato e profumato dalla zia, tutto lindo e pulito com'ero ricaddi maldestramente dentro la tinozza dove avevo appena finito di fare il bagno e poi quello della lunga attesa dei miei che mi venissero a riprendere) voglio pensare che su quel trenino ci ho viaggiato anche io, così come aveva fatto mio padre nella sua gioventù.
Certo, sarebbe bello, se le amministrazioni comunali di Palazzo Adriano e di Prizzi, in vista di una valorizzazione turistica dei loro luoghi decidessero di avviare degli interventi per recuperare quello che rimane ancora agibile di questa tratta ferroviaria, allestendo - ad esempio - un percorso attrezzato con piccole aree di sosta che possa essere fruito da turisti in Mountai Bike oppure da camminatori/escursionisti o addirittura proponendo per il tramite di qualche Associazione che si occupi della gestione degli aspetti organizzativi di trekking che consentano di spostarsi a piedi da Palazzo Adriano a Lercara, ma anche istituendo in uno degli edifici di servizio della tratta ferroviaria ancora esistenti un piccolo allestimento museale che illustri ai visitatori la storia di questa "piccola" ferrovia e che ne mantega la memoria.
Sarebbe un'iniziativa che avrebbe certamente riscontro presso i turisti nord-europei di un certo tipo, sempre alla ricerca di itinerari sportivo-naturalistici, per non parlare poi della possibilità di organizzare eventi sportivi non competitivi che si propongono di collegare in un'unica camminata corsa i tre comuni interessati.