(foto di Maurizio Crispi)
Sono stato assunto come bus driver. Mi reco sul posto di lavoro. Entro all’interno d’una grande casamatta, poco sviluppata verticalmente verso l’alto, ma con degli intricati sviluppi sottoterra.
Dopo aver percorso interminabili rampe in discesa mi ritrovo in un’enorme spazio vuoto: solo qualche panca allineata lungo le pareti e per il resto nulla: non c’è traccia di autobus o di altri dispositivi similari. Guardo, esploro anfratti, ma non c’è anima viva. Nessuno a cui chiedere informazioni. Mi avventuro per una scala a chiocciola che sprofonda nel sottosuolo, attorcendosi su se stessa. Mi pare che, seguendo questa via, potrei arrivare a certi macchinari di lucente acciaio che ho visto baluginare molte decine di metri più in basso. Ma , dopo poco, mi rendo conto che la strada è sbarrata da un’impenetrabile inferriata. E con me non ho nemmeno una lima.
Ritorno nell'immenso stanzone di prima. Questa volta c’è un uomo con addosso un’unifome stazzonata e un berretto con la visiera un po’ sulle ventitré. Quando mi avvicino, avverto che emana un sentore di vestiti non lavati da lungo tempo, di sudore e di tabacco a poco prezzo. Stancamente, mi chiede se io non sia tra i nuovi assunti.
Al mio assenso, mi dice: “E’ inutile che cerchi degli autobus o dei tram qui! Sì, questa era un tempo il Terminal delle autolinee, ma ora non più. Tutto il lavoro si svolge a distanza per mezzo di autobus-droni. Tutto il lavoro viene svolto per mezzo di uno schermo e con una consolle che consente di lanciare i comandi fondamentali”.
E, mentre mi fornisce queste spiegazioni, digitando delle lettere su di un piccolo tastierino e cliccando su invio, dispiega un enorme schermo. Mi spiega che stando seduto alla mia consolle, potrò teleguidare gli autobus con una panoramica totale sul fronte della direzione di marcia, oppure modificando opportunamente l’angolo di ripresa, a seconda delle necessità. E così dicendo preme altri tasti e lo schermo si segmenta in tanti diversi riquadri che danno una panoramica a 360° della situazione attorno all’automezzo-drone che dovrei telecomandare.
Son un po’ turbato, anche perché dovrò iniziare questo lavoro senza alcun tirocinio preliminare, ma procedendo per prova ed errore.
Ed intanto macino le parole che mi ha detto in coda, prima di congedarsi, l’uomo in uniforme. “Ormai, il sistema dei trasporti pubblici mondiale - ha soggiunto - sia che si tratti di bus, treni, aerei, navi è del tutto automatizzato e, con questi dispositivi di comando e controllo a distanza, i guidatori virtuali possono essere dislocati anche a centinaia - se non a migliaia di chilometri di distanza -; è un po’ come il meccanismo di funzionamento dei call center odierni, in cui di fatto non c’è mai un responsabile che sia reperibile o identificabile in quanto tale”.
“E cosa succede in caso di guasti o di incidenti?” - ho replicato.
“Intervengono sul posto delle squadre - pure automatizzate - di manutentori o di soccorritori. - ha replicato l’uomo in uniforme (e se fosse stato anche lui un drone? o un ologramma?) - E’ chiaro che con questo sistema possono aversi tra i trasportati - cioè gli utenti ultimi del servizio -, in caso di incidente, morti e feriti. Ma ai gestori nulla viene addebitato: si tratta soltanto di effetti collaterali di un sistema la cui mission principale è l’abbattimento dei costi. Via, mettiti al lavoro, non farti troppi problemi e vedrai che tutto andrà liscio come l’olio”.
Insomma, spero di farcela.
Ma, a differenza che nella vita reale, nel caso di incidenti, provocati da un qualsiasi errore del manovratore a distanza , sarà sufficiente premere un bottone e fare un rapido rewind, sicuro e indolore (per l'operatore).
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