Mio fratello Salvatore mi diceva spesso "grazie".
Il più delle volte per cose assolutamente banali.
Tornavamo dall'essere stati al cinema assieme e mi diceva "Grazie, Maurizio!".
Tornavamo da una passeggiata o dall'avere passato una giornata in campagna e c'era un "grazie" di prammatica.
Lo accompagnavo in una delle sue "missioni" e il "grazie" era immancabile.
Il più delle volte io gli rispondevo con un "grazie", a mio volta.
Gli dicevo: "Salvatore (Tatà, come lo chiamavo io) sono io che devo ringraziare con te! Accompagnandoti ho avuto modo di fare una bella passeggiata, ho visto un posto che non conoscevo, me ne sono stato per alcune ore all'aperto.
Ma anche: "Grazie per essere stato con me e per avermi dato compagnia"! Insomma, ci ringraziavamo a vicenda.
Il "grazie" rituale arrivava sempre quando rientravamo a casa e, in particolar modo, quando con l'auto o a piedi, eravamo nel cortile.
Questo grazie, dunque, aveva una sua precisa tempistica.
Un'unica volta la tempistica non è stata realizzata.
Il giorno in cui se n'è andato, eravamo usciti.
Ero entrato a casa sua e gli avevo detto: "Tatà, andiamo a fare una passegiata!".Lui ha brontolato un po'. "Ma dove andiamo?" - mi ha chiesto.
In giro, a fare due passi - ho replicato io, tacendogli il fatto che avevo pensato di andare a mangiare una pizza assieme con mia moglie e con il piccolo Gabriel.
Di fronte a tutto ciò che avesse delle valenze edonistiche, Tatà brontolava e si opponeva. A volte lo faceva, perchè non voleva essere di peso o condizionare le scelte degli altri che gli stavano attorno (o limitarle). E, per questo motivo, faceva il burbero: ma poi, anche se nel suo modo silente (che contrastava con il suo modo di essere in pubblico), traeva piacere dall'essere insieme.
E così ancora una volta siamo usciti tutti assieme. Chi poteva immaginare che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui uscivamo assieme?
Abbiamo mangiato la pizza e, poi, è successo quel che è successo.
La cosa curiosa è che, per quanto io mi ricordi, quel "grazie" rituale, Tatà me lo ha detto, mentre eravamo ancora in pizzeria e ci accingevamo a ritornare a casa, percorrendo assieme quegli ultimi - fatidici - 500 metri del nostro cammino assieme.Mi sono chiesto del perchè di questa deroga rispetto alle abitudini.
Una coincidenza?
Oppure un'oscura percezione che qualcosa di fatale sarebbe potuto accadere da un momento all'altro?
Non lo so.
Però, fuori tempo, mi ha detto "grazie".
Non ci ho fatto caso sul momento.
E l'altro giorno, ho pensato a questo cambiamento nella consueta sequenza nei nostri scarni scambi di parole: e ci ho riflettuto sopra. Pensandoci a posteriori, questa anticipazione continua a sembrarmi strana, ma come per tutte le coincidenze suggestive non posso che lasciare in sospeso qualsiasi giudizio o interpretazione. A meno che non sia un mio falso ricordo...Però, retroattivamente, a quel "grazie" pronunciato anzitempo, posso replicare: "Grazie, Tatà, per essere stato con noi e per avere creato con la tua presenza le condizioni per farci essere migliori e più attenti alle esigenze degli altri! Grazie per esserci stato, perchè dietro la tua presenza discreta, dietro il tuo non volere imporre agli altri nulla che non volessero fare, c'è sempre stato un grande cuore"
E, per questo motivo, sono io che non finirò mai di ringraziare.