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6 aprile 2015 1 06 /04 /aprile /2015 05:51
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)
(Foto e articolo di Maurizio Crispi)

(Foto e articolo di Maurizio Crispi)

A Palermo, negli anni Ottanta, poco prima delle stragi che portarono alla morte di Falcone e Borsellino e dell'avvio dell'Operazione Vespri con sorveglianze armate davanti alle case dei magistrati e di altri obiettivi sensibili, in un delirio di auto di scorta e di mezzi blindati lanciati in folle corsa lungo le strade cittadine con armi spianate, e con sirene laceranti, ci furono due vittime e molti feriti, in Via Libertà, proprio di fronte al Liceo G. Meli, quando gli studenti Biagio Siciliano e Maria Giuditta Milella in attesa alla fermata dell'autobus, vennero falciati dall'auto blindata che trasportava i magistrati Falcone e Guarnotta. Nella stessa drammatica circostanza furono ben 23 i feriti.

Ciò accadde, per la precisione, il 25 novembre 1985.

Due vittime che lo Stato (e, direi, soprattutto, la nostra Amministrazione locale), ha semi-dimenticato.

Sotto la fitta verzura degli alberi che contornano l'antichissimo e storico edificio sempre in attesa di restauro e ripristino (Ciò che è rimasto dell'Istituto delle Croci), nel grezzo muro di conci di tufo è stata posta, incassata nella pietra, una piccola lapide commemorativa che ricorda appunto Biagio e Maria Giuditta.

Attaccato al muro in modo precario c'è uno stinto mazzo di fiori finti.

La piccola lapide è seminascosta dalle fronde: bisogna infilarcisi sotto i rami per poterla vedere.

Anche Biagio e Maria Giuditta furono vittime di mafia e, giustamente, sono ricordati in quanto tali nel sito web VittimeMafia.it, nato come "casa della memoria per le vittime della mafia".

Una volta estintasi generazione degli studenti del Liceo Meli che frequentavano la scuola al tempo del fatto e una volta andati in pensione gli insegnanti che ci lavoravano, sicuramente la memoria dell'Istituzione scolastica si è andata sbiadendo nel corso del tempo, e quella lapide riceve forse solo di tanto uno sbadato e malinconico tributo da parte dei familiari, anche quello destinato a deperire nel tempo: in fondo, non è detto che - a distanza di quasi trent'anni - ci siano ancora in vita dei genitori o dei parenti prossimi che possano ricordare.

Il tempo, come dice Marguerite Yourcenar, è un grande scultore, ma può anche essere un "grande livellatore". E soltanto noi uomini possiamo contrastare questa azione livellante del tempo, preservando le memorie più significative e tramandando il ricordo di persone ed eventi, attraverso il racconto, ma anche anche rendendo i luoghi una trama densa di cose rimarchevoli da ricordare e di ammaestramenti fondamentali per la costruzione del nostro senso civico.

Portare avanti questo compito dovrebbe essere precipuo dovere delle Istituzioni: in questo caso, se le nostre Istituzioni si sono prodigate a creare monumenti commemorativi dedicati alle vittime "illustri" di mafia, hanno lasciato nel dimenticatoio le sue molte vittime indirette, quelle che gli Statunitensi definirebbero "danni collaterali".

In altri contesti, proprio a Biagio e a Maria Giuditta, la cittadinanza - per il tramite dei suoi Amministratori - avrebbe eretto un piccolo (o grande) monumento alla memoria d'un episodio tragico e di insensata crudeltà, legata alle circostanze, per essere caduti vittime di un sistema in lotta contro un altro nel primo fiorire delle loro vite .

Ma la nostra - mi riferisco a Palermo - è in molte sue pratiche una città senza memoria, una città che non tributa alcun riconoscimento alle sue vittime, a meno che non si tratti di personaggi illustri e in qualche misura appartenenti alle istituzioni: e allora non mancano i cenotafi nei punti in cui la barbara uccisione è stata perpetrata, momenti celebrativi dedicati, manifestazioni, e - alla fine - purtroppo è la retorica ad averla vinta.

Se dei cittadini sono morti a causa di qualche insensato ed imprevedibile evento è giusto ricordarli: ma non da singoli cittadini, bensì per il tramite di coloro che hanno il governo della Comunità.

Londra, nei primi anni della II Guerra Mondiale fu sottoposta ad intensi bombardamenti tedeschi e soprattutto l'East End, obiettivo strategico di rilievo, per i suoi dock, per le sue attività commerciali ed industriali venne devastato.

Se si gira in quelle zone di Londra, si sarà sorpresi nell'imbattersi in targhe commemorative, che ricordano i punti in cui - a causa di quei bombardamenti - si sono verificati eventi luttuosi: in questa lapidi di marmo, viene citato il giorno e persino l'ora in cui dei cittadini persero la vita.

Si cammina, si leggono queste lapidi che sono delle vere e proprie pietre miliari della memoria, e ci ci si allontana meditando: ed intanto quelle persone vengono ricordate e non sono morte invano.

Si rafforza così il senso dell'appartenenza ad una Comunità, attraverso questo continuo lavoro sulla prospettiva e sulla Memoria storica.

Da noi, invece, si fa di tutto per dimenticare o per non dover ricordare: ma in questo modo si uccide la possibilità di far crescere una comunità e il suo senso civico.

Biagio e Maria Giuditta sono stati vittime due volte, per essere stati uccisi dalla violenza di una città devastata da due sistemi in lotta, quello della legalità e quella della delinquenza organizzata, e poi, per essere stati semi-dimenticati da tutti, anche se hanno pieno titolo per essere ricordati tra le Vittime di Mafia.

 

Auto falcia la folla un morto e 23 feriti (Articolo di La Stampa del 26 Novembre 1985)

Palermo — Un'auto dei carabinieri di scorta all'«Alfetta» blindata con il giudice istruttore Paolo Borsellino, uno del più impegnati nella lotta alla mafia, ha falciato la folla che attendeva ad una fermata di autobus nel centro di Palermo. Una tragedia incredibile: uno studente di 15 anni, Biagio Siciliano, di Capaci (Palermo), è morto poco dopo il ricovero in ospedale; ventitré i feriti, due dei quali in condizioni disperate: Maria Milella, 16 anni, figlia di un questore, e Calogero Geraci, di 15, pure studenti all'uscita dalle lezioni. Tra i feriti, tre sono militari che si trovavano a bordo dell'autopattuglia scontratasi con un'auto, rimbalzata su un'altra macchina, in attesa ad un semaforo e infine schizzata su una cinquantina di persone che, inermi, attendevano l'autobus. L'incidente è accaduto alle 13,35 tra via Libertà e piazza Croci. Al panico e al terrore — c'era chi parlava anche di dieci morti — mentre affluivano le prime ambulanze e i primi mezzi di polizia e carabinieri, per qualche attimo è subentrata la rabbia. Alcuni compagni dei ragazzi feriti, spalleggiati da passanti, hanno inveito contro i tutori dell'ordine.
C'è stato qualche isolato grido di 'assassini' ma subito è prevalso il senso della ragione e la vicenda è rientrata nei suoi logici contorni.
I ragazzi, assieme a docenti e bidelli del liceo classico Meli, erano usciti da appena tre-quattro minuti e avevano attraversato via Libertà per attendere l'autobus alla fermata.
Nelle ore di punta, che coincidono con l'entrata e l'uscita dagli uffici, le sirene delle auto blindate e delle vetture delle scorte attirano l'attenzione un po' di tutti e a volte provocano qualche polemica da parte di cittadini che gradirebbero più calma.
Tra le prime reazioni quella del sindaco, prof. Luca Orlando Cassio: "E' un fatto tragico, che colpisce tutta la città". Il procuratore della Repubblica Vincenzo Pajno, accorso anch'egli, ha detto: "il primo ad essere profondamente addolorato sono io, come magistrato, come uomo e come padre di famiglia. Bisogna comprendere che anche noi giudici sottoposti a particolari condizioni di sicurezza, a cominciare da me che sono succeduto ad un giudice ucciso, preferiremmo tornare a vivere in condizioni di serenità. Ma qui c'è gente come me che rischia la vita ogni giorno per fare interamente il proprio dovere. Certo, non vorremmo essere prigionieri di auto blindate e scortati.
Questo — ha concluso Pajno — non è solo un gravissimo incidente stradale, è anche la testimonianza della violenza di questa città".

VittimeMafia.it

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Come sono arrivato qui

DSC04695.jpegQuesta pagina è la nuova casa di due blog che alimentavo separatamente. E che erano rispettivamente: Frammenti. Appunti e pensieri sparsi da un diario di bordo e Pensieri sparsi. Riflessioni su temi vari, racconti e piccoli testi senza pretese.

Era diventato davvero troppo dispendioso in termini di tempi richiesti alimentarli entrambi, anche perchè nati per caso, mentre armeggiavo - ancora alle prime armi - per creare un blog, me li ero ritrovati ambedue, benchè la mia idea originaria fosse stata quella di averne uno solo. Infatti, non a caso, le loro intestazioni erano abbastanza simili: creatone uno - non ricordo quale dei due per primo - lo ho "perso" (per quanto strano ciò possa sembrare) e mi diedi alacremente da fare per ricrearne uno nuovo. Qualche tempo - nel frattempo ero divenuto più bravino - il blog perso me lo ritrovai).

Ohibò! - dissi a me stesso - E ora cosa ne faccio?

La risposta più logica sarebbe stata: Disattiviamolo!. E invece...

Mi dissi: li tengo tutti e due. E così feci. E' stato bello finchè è durato...

Ma giocare su due tavoli - e sempre con la stessa effcienza - è molto complicato, ancora di più quando i tavoli diventano tre e poi quattro e via discorrendo....

Con overblog ho trovato una "casa" che mi sembra sicuramente più soddisfacente e così, dopo molte esitazioni, mi sono deciso a fare il grande passo del trasloco, non senza un certo dispiacere, perchè il cambiamento induce sempre un po' di malinconia e qualche nostalgia.

E quindi ora eccomi qua.

E quello che ho fatto - ciò mi consola molto - rimane là e chiunque se ha la curiosità può andare a dargli un'occhiata.

 

Seguendo il link potete leggere il mio curriculum.

 

 


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